Perché Nessun Padre Debba Più Mentire a Giosuè | der Zweifel

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Quando mi è stato chiesto di scrivere uno speciale per il Giorno della Memoria non ho avuto ben chiaro di cosa trattare. Il tema è delicato, e spesso banalizzato. Ecco, spero di non compiere l’errore di intervenire in maniera scontata come spesso si è soliti fare. Anche perché continuare a ripetere le stesse cose trite e ritrite non farebbe altro che rendere il tutto inutile. E peggio ancora, ci sarebbe il serio rischio di rendere originali e interessanti quelle idee controcorrente, che spesso sfociano nel male più banale e malvagio.

Fatta questa introduzione voglio proporvi una riflessione differente: si potrebbe tornare a parlare dei metodi nazisti, di come in pochi anni si sia trasformata una nazione in una grande industria di morte a cielo aperto, del cieco ma consapevole supporto dell’Italia fascista alla più grande tragedia dell’umanità, come negli anni passati e anche oggi tanti altri non mancheranno.
Mi ha sempre colpito, e penso sia capitato a molti, le leggerezza con cui Roberto Benigni ha trattato un tema simile. Quella che sembra svolgersi all’interno del campo di concentramento in cui padre e figlio sono rinchiusi non è una tragedia immane, ma una leggera favola. Così è per il piccolo Giosuè, incapace di comprendere la fredda e logica malvagità che domina il mondo degli adulti.
Questa leggerezza però è solamente superficiale, ed è bella nei bambini. Negli adulti è foriera di tragedie. Basta vederlo sapendo ciò che è successo per cogliere la tragicità dei tempi in ogni scena. I non ebrei che hanno vissuto quel momento, hanno scambiato dei minori diritti, per gli altri però, per una propria apparente sicurezza. Non pensando che la privazione dei più basilari diritti potesse portare alla catastrofe. E se qualcuno potesse esserne consapevole, non gliene importava.

Ecco.
Oggi. Decenni dopo quella soluzione finale che ha rivoluzionato il concetto di atrocità, quella leggerezza superficiale rischia nuovamente di travolgerci. Basta poco per scatenare una nuova valanga di odio. Inutile dire che siamo lontanissimi dal ripetersi di fatti così gravi, di cui non è nemmeno mio interesse dimostrare il contrario. Ma basta poco, per far sì che tutto si ripeta. Basta che si cedano nuovamente i diritti degli altri in cambio di una paventata e vaga idea di sicurezza. Parte tutto da lì. I diritti vengono meno, e con questi le difese. Anni dopo poi chissà.

In tutta Europa si sta alzando un tanfo pestilenziale. Possiamo coprirlo, nasconderlo, tenerlo in disparte dalla scena politica. Ma è lì. In alcuni casi entra pure nei Parlamenti, uccide delle persone, pianifica attentati. Basta poco quindi. Basta quella superficialità, che, unita alla rabbia e al rancore tipico dei momenti di crisi come quello che stiamo ancora vivendo, trasformi un abominio contro l’umanità in un atto di carità verso il popolo. Basta che torni il concetto dello scambio consapevole dei diritti per la sicurezza. E così, nel giro di qualche anno o qualche decennio la possibilità che ritorni quel gioco infame aumenta. Non importa contro chi: ebrei, gay, rom, neri, musulmani, valdesi, testimoni di Geova, oppositori politici, e così via per una lunga lista di nemici possibili.

Ecco.
Oggi può nuovamente capitare, soprattutto se si continua ad abbassare la guardia. Prima un senatore condivide la falsità storica del Protocollo dei Savi di Sion, poi le pietre poste a eterna memoria iniziano ad essere divelte. Quello può accadere in seguito sta solo a noi evitarlo.
Facciamo in modo che nessun altro Giosuè sia costretto a vivere nuovamente in una bugiarda favola.
Dovremo essere pronti a bloccare il processo in corsa. Non diamo per scontata la bontà degli altri. Mettiamoci in gioco.
Perché se dopo aver ricordato la tragedia della Shoah vi mettete ad esultare se un barcone carico di persone affonda in mezzo al mare, il vostro, è stato solo un bieco esercizio di stile.
E fate schifo.

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