[Recensione] American Gods 1×08 – Come to Jesus

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American Gods è arrivato al termine della sua prima stagione e lo ha fatto con otto episodi pieni di storie di dei e misticismo, tutti qualitativamente appaganti anche a livello registico e costruendo un mondo, anzi un vero e proprio universo, speculare al nostro dove gli dei sono reali quanto le macchine e i computer. E l’eleganza con cui l’ha fatto non potrebbe essere apprezzata di più dai fan del libro, ma andiamo con ordine.

Mr. Wednesday (Ian McShane) e Shadow Moon (Ricky Whittle) si trovano al cospetto di Mr. Nancy (Orlando Jones) e stavolta sono loro a venire introdotti ad una storia, non il pubblico, gli viene raccontata infatti la storia di Bilquis (Yetide Badaki), la storia di una regina abbandonata che è costretta a diventare un puro oggetto sessuale per appagare la sua necessità di sacrifici e preghiere. Proprio le preghiere e il sacrificio sono il punto focale non solo di questo Season Finale ma dell’intera prima stagione della serie tv creata da Bryan Fuller e Michael Green sulla base del romanzo di Neil Gaiman. Dopo il racconto di Nancy, che prende la scena come un vero show man saprebbe fare e come già gli abbiamo visto fare nell’episodio 2, i due protagonisti si dirigono verso una meta ben precisa, come lo era stata la città di Vulcano nell’episodio 6. Arrivati alla loro meta, la casa di Pasqua, o se preferite Odara, interpretata da una splendida Kristin Chenoweth, Wednesday e Shadow si troveranno immersi in una festa dal sapore Cristiano ma anche pagano. I simboli che vediamo in questo luogo provengono dalla tradizione della resurrezione del Cristo della mitologia Cristiana e sono avvicinati a simboli ben più antichi, come quelli della tipica festa per l’arrivo della primavera e della rinascita del mito Pagano a cui American Gods dona di nuovo la memoria.

La casa di Odara sarà anche il luogo che servirà da punto di incontro, come fu nel libro una particolare location, per tutti i personaggi principali apparsi fin ora nella serie ad eccezione di alcuni che si stanno dirigendo proprio in quest altro luogo, come mostratoci sul finale.

Laura Moon (Emily Browning) e Mad Sweeney (Pablo Schreiber) stessi sono chiamati dalla primavera e dalla promessa di nuova vita, promessa che si infrange sotto i capricci degli dei, che fanno il bello e il cattivo tempo.

Così come sono chiamati i “nuovi dei”, Technical Boy (Bruce Langley) e Media (Gillian Anderson), i quali come dei veri e propri “distributori” di credi, pensano di riuscire ad avere la meglio su Wednesday e di convincere Odara a non unirsi alla crociata del vecchio Grimnir contro di loro. Le parole vuote e “atee” di questi nuovi dei non sortiscono però effetto sulla dea, che seppur fino all’attimo prima titubante si unisce alla crociata del vecchio Wednesday, quando questi dà finalmente prova a Shadow del suo potere e gli mostra la sua vera identità. Viene così consegnata al pubblico una scena incredibilmente appagante in cui si scatena il potere del Padre di Tutti. Odino con una tempesta di fulmini colpisce i tirapiedi dei loro nemici e sacrifica qualcosa in nome della Primavera che ridarà forza e dignità ad Odara. Sarà sua infatti la successiva dimostrazione di forza, che ruba la primavera e terrorizza gli stessi dei del nuovo mondo, che scappano promettendo guerra. Perché si, finalmente la guerra è arrivata, non è più un vento di sottofondo, ma un evento che si mette in atto e promette di scombussolare non poco gli equilibri del mondo ora senza primavera.

La puntata finale di questa prima stagione di American Gods possiamo dire che conclude perfettamente quello che può essere il prologo alle vicende, il mondo è stato allestito in 8 splendidi episodi, un mondo fatto di misticismo e credi religiosi antichi, ancora vibranti sotto la superficie, un mondo che persone come Bryan Fuller, David Slade, Vincenzo Natali, Adam Kane e Maria Melnik hanno plasmato in modo ottimale e reso così vasto da sentire l’impronta di un dio in ogni movimento dei nostri protagonisti.

Una stagione all’inscena di visioni mistiche, incubi surreali, morti che tornano in vita, sacrifici di sangue e non. Una rappresentazione della mitologia perfetta per l’epoca moderna che prende il romanzo di Gaiman, lo adatta al piccolo schermo cambiando gli avvenimenti dove serve per esigenze sia di copione e di messa in scena, anticipando e rimescolando le carte in tavola, ma con grazia e sopratutto con un’apparato tecnico incredibilmente cinematografico. C’è chi avrebbe preferito un’adattamento più pedissequo del romanzo, e io avevo molta paura che i cambiamenti effettuati in fase di stesura della sceneggiatura avrebbero inevitabilmente corrotto lo spirito dell’opera letteraria. Così non è stato, anzi, tutti quei cambiamenti li ho graditi, perché fanno esattamente quello che io volevo, approfondiscono un mondo lasciato all’immaginazione e che ora ha un solido background per una seconda stagione che promette grandi scontri tra potenti divinità e morti illustri, come predetto da Mad Sweeney prima e da Mr World (Crispin Glover) dopo, come atto di minaccia.

Ci sono ancora tante serie in uscita da qui alla fine dell’anno ma questa può tranquillamente rientrare nella top 5 delle migliori, e non scherzo quando dico che ne vorrei di più subito.