La puntata di questa settimana di Preacher ci presenta gli “inferni” personali dei nostri protagonisti. Da una parte il tormento psicologico ed emotivo provato da Jesse, Tulip e Cassidy mischiato alla frustrazione e dall’altro l’inferno vero e proprio dove Eugene è stato spedito da Genesis, in compagnia di persone poco raccomandabili, come Hitler.
Dopo una puntata interamente incentrata sul Graal e su Herr Starr, la serie torna a concentrarsi sui conflitti interiori dei personaggi e ne sviluppa la psicologia ulteriormente attraverso i “buchi” che gli ultimi avvenimenti stanno portando alla luce; L’ossessione di Jesse per la ricerca di Dio lo sta distruggendo, il rimorso di Cassidy per il figlio Denis lo sta portando a considerare una cosa totalmente orribile e intanto Tulip è costretta a venire a patto coi suoi demoni, peccato che lo fa nel modo sbagliato cercando di nasconderli a tutti, e questo alla lunga sarà un problema, perché come abbiamo visto questi incubi possono rivelarsi ben altro avendo a che fare con la figura del Santo degli Assassini, che non ha ancora detto le sue ultime parole.
Intanto all’inferno Eugene continua ad essere un pesce fuor d’acqua e viene usato da Hitler per i suoi scopi, non chiari all’inizio ma che con l’andare avanti della puntata si manifestano. Sempre per quello che riguarda l’inferno viene reso manifesto agli spettatori il motivo di tale rappresentazione carceraria e di come i “guardiani” di questa area dell’aldilà gestiscano le cose.
La puntata però non porta avanti più di tanto la trama generale, anzi, sembra far ricadere la serie in una brutta abitudine che nella prima stagione potevamo condonare data la sua natura di stagione introduttiva ma che qui risulta fuori posto, ossia il perdersi troppo sui personaggi. Una serie come Preacher ha tantissime storie da raccontare e in appena 8 puntate la serie ha scalfito solo una parte della superficie che il fumetto invece offre e per quanto vedere i nostri anti eroi essere resi perfettamente in carne ossa da attori veramente calati in parte come Dominic Cooper, Ruth Negga (che quest’anno è arrivata anche agli oscar con una nomination) e Joseph Gilgun sia piacevole e d’intrattenimento, da Preacher ci si aspetta azione al cardiopalma e tanti tabù infranti. Certamente c’è stato spazio anche per quella, ma non tanto quanto la serie richiederebbe. Anche lo stazionare a New Orleans potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio per la serie, per quanto la scenografia e le ambientazioni della Lousiana siano suggestive, una storia on the road come era il fumetto di Ennis e Dillon ha bisogno di movimento e noi speriamo con tutto il cuore che l’arrivo di Starr possa nelle prossime puntate movimentare la situazione o far cambiare location ai personaggi, che rischiano di impantanarsi in situazioni già viste e riviste, oppure che in alternativa la serie nelle ultime 5 puntate che sono rimaste prenda tutto quello che ha costruito fino ad ora e lo sfrutti al meglio per velocizzare il viaggio che alla lunga se gestito così potrebbe stancare il più degli spettatori. Nonostante tutto siamo comunque davanti a 40 minuti di intrattenimento fine e godibile.
Nulla da dire invece sul piano tecnico, regia, fotografia e musiche sempre di altissimo livello e proprio questo rende anche più sopportabile in alcuni casi il voler allungare il brodo.