[Recensione] The Fade Out – Dissolvenza a Nero di Ed Brubaker e Sean Phillips

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Dissolvenza a Nero

Da qualche tempo a questa parte Panini Comics sembra essersi decisa a riportare in primo piano uno scrittore che purtroppo passa spesso inosservato sugli scaffali delle fumetterie. Eppure stiamo parlando di un autore, anzi una coppia di autori, tra le meglio assortite nell’industria, nonché vincitori di diversi premi Eisner. Proprio con la serie di cui andiamo parlare oggi, Ed Brubaker e Sean Phillips si sono guadagnati il plauso di critica e pubblico vincendo un Eisner come miglior serie limitata nel 2016. Il titolo dell’opera in questione è “Dissolvenza a Nero” (The Fade Out in inglese) e la sua edizione italiana, curata da Panini Comics, si presenta come un lussuoso volume deluxe contenente tutti e tre i tp della serie originale e una ‘vagonata’ di pagine extra, tra studi, sketch illustrazioni e commenti degli autori.
Dissolvenza a neroDissolvenza a nero si va ad incastrare perfettamente nella produzione dei due autori, che da sempre fanno del noir il loro genere prediletto. Questa storia, come Criminal o Sleeper prima di essa, è un turbinio di emozioni e decadenza che trascina il lettore verso lo stesso fondo in cui gli autori spingono i propri personaggi. In un commento alle pagine di Criminal lo stesso Brubaker aveva un tempo ammesso che non si possono scrivere buone storie se non si è un minimo spietati e brutali con i propri personaggi. Non a caso la produzione di questo brillante sceneggiatore è costellata da protagonisti outsider, condannati dal fato ad una lotta che nel loro subconscio sanno già di non poter vincere. Per questo quella di Charlie Parish è una storia che quasi non ha bisogno di commenti o di essere svelata, ma che trova la propria ragion d’essere nel restituire un affresco, seppur fittizio e reinterpretato, tremendamente coerente con la vera Hollywood dei primi anni ’50. In quel periodo la situazione sociopolitica statunitense era piuttosto contorta, per non dire logorata dal terrore di influenze comuniste interne alle istituzioni americane. I primi sentori della guerra fredda si stavano palesando in tutto il paese e Hollywood non poté ritenersi immune a questo clima di follia isterica che ne stava scaturendo. La cosiddetta lista nera di Hollywood è probabilmente il culmine che questa follia sociale poté raggiungere e alcuni familiari dello stesso Brubaker, che al tempo erano parte attiva dell’industria cinematografica, si trovarono tremendamente vicini proprio ad alcuni degli autori inseriti in tale documento. Questo ed altri racconti e retroscena contribuiscono a dare credito a quanto narrato in Dissolvenza a nero se non per i nomi coinvolti, sicuramente per le dinamiche folli in esso presenti.
Con questa luccicante e allo stesso tempo spaventosa Hollywood come sfondo, Brubaker ci racconta la storia di Charlie un rampante sceneggiatore degli studios che cerca di non affondare sotto il peso di una avvilente crisi creativa, di una amicizia scomoda e un mal nascosto disturbo da stress post-traumatico. Questo basta a renderlo un figura controversa che affoga i suoi dispiacere nell’alcool nel goffo tentativo di allontanarsi per qualche ora dall’inferno in cui è costretto a vivere. Parish però non è un personaggio monodimensionale, come in fondo non lo è nessuno dei personaggi di Brubaker, e per capirlo servono poche pagine dove facciamo quasi subito la conoscenza di Gil Mason, mentore di Charlie e al suo tempo sceneggiatore navigato di Hollywood. Gil è da tempo ormai fuori dal giro a causa del suo inserimento nella lista nera e ormai è costretto a scrivere sotto falso nome, quello di Charlie, che invece non è più riuscito a scrivere due parole in fila dal suo ritorno in America. Gil rappresenta il primo conflitto per il nostro protagonista, sempre disposto a svegliarsi nel cuore della notte per andare a raccogliere l’amico in qualche bar, dove periodicamente questi si attarda, di frequente con l’intendo di attaccar briga. La scomoda amicizia con Gil è uno stallo perenne per lo sceneggiatore, troppo spaventato per distaccarsene completamente per paura di perdere il lavoro ma sempre restio a mostrarsi in sua compagnia in pubblico per paura di essere coinvolto in qualche indagine federale.
Dissolvenza a nero
La morte improvvisa di Valeria Sommers astro nascente degli studios è solo l’ultima pennellata di un dramma a cui Charlie non può più restare indifferente. Non dopo che il mondo si è preso anche l’ultimo, misero bagliore di speranza. Non dopo che Hollywood ha ingoiato la sua ultima vittima per poi sputarla via.
Se non bastasse la vicinanza tra lo sceneggiatore e l’attrice a mettere in moto gli eventi, metteteci anche il fatto che lo stesso Charlie è probabilmente l’ultimo ad aver visto Val viva e anche il primo a scoprirne il cadavere. Purtroppo i postumi di una sbornia di quelle serie, annebbia la mente del protagonista, che fatica a rimettere insieme i pezzi della serata e a capire come sia potuto finire nello stesso appartamento della defunta. La macchina del fango di Hollywood si mette quindi in moto ed ignara della presenza di Charlie, che nel frattempo si è defilato cancellando le sue tracce, si adopera per far passare tutto per un drammatico suicidio. Da quel momento Charlie diventa il fantasma di se stesso, troppo coinvolto perché possa lasciar correre anche questa ingiustizia, ma rimane comunque deciso a smascherare i responsabili costi quel che costi. Ma come può un uomo solo divincolarsi tra il fuoco incrociato del bureau e quello di Phil Brodsky, il fixer degli studios? Non può, e questo Mr. Parish lo sa bene. La sua vita si tramuta quindi in una farsa, una continua messa in scena dietro cui il protagonista si trascina mentre non riesce a non rimuginare sulla morte di Val. Emblematica la sequenza in cui, per camuffarsi, questi indossi gli abiti di scena di una comparsa del film.
Charlie è un uomo imprigionato in un presente che sente di non poter cambiare ma questo non gli impedisce di fare i suoi, seppur timidi, tentativi. Come in molto contesti realistici, quello che stupisce della scrittura di Charlie da parte di Brubaker è la forte tendenza ad un compromesso. Li dove non si può distingue tra bianco o nero c’è una vastissima gamma di sfumature che permette comunque di distinguere personaggi come Gil e Phil Brodsky. Ogni figura in Dissolvenza a nero ha i suoi lati positivi e negativi e anche quelli che sembrano averne di soli positivi, alla fine non si rivelano migliori degli altri. Ammiro molto questa visione che Brubaker riesce a dare nelle sue opere. Visione che permette di avere si delle simpatie, ma che impedisce fondamentalmente di esprimere da subito un giudizio definitivo su ogni personaggio che compare.
Dal lato grafico la sintonia con Sean Phillips è ad un livello che probabilmente non ha eguali nell’industria del fumetto, se non per rare eccezioni. Le inquadrature, lasciate completamente a discrezione del disegnatore hanno sviluppato un taglio prettamente cinematografico e la griglia a 3 file scandisce il ritmo in modo fluito e naturale. In questo progetto si vede anche la quantità di riferimenti con cui Phillips ha dovuto lavorare. Tra i tanti personaggi figurano infatti volti familiari del cinema di quegli anni. Se siete lettori assidui di questi due autori probabilmente avrete notato come i personaggi principali tendano ad assomigliarsi tra un libro e l’altro, nonostante siano disegnati egregiamente. Tra le ultime pagine trovate alcuni interessanti retroscena della lavorazione dello stesso Phillips. Potreste addirittura notare qualche similitudine tra lo stesso disegnatore e Charlie Parish, dopotutto non è un segreto che il primo riferimento dell’artista siano fotografie di se stesso.  A dare la mano finale alle tavole di Dissolvenza a nero ci ha pensato Elizabeth Breitwieser, pittrice e colorista di gran successo con cui Brubaker e Phillips hanno poi collaborato anche per la realizzazione di Kill or be killed. Sempre in digitale, la colorazione della Breitwieser ha avuto il pregio di restituire le luci, elemento fondamentale nel cinema come in ogni altra arte visiva, in maniera praticamente perfetta. Non un compito facile ma portato egregiamente a termine, quello di mantenere intatte le atmosfere allestite da Phillips. Basta sfogliare alcune pagine per poter apprezzare la stratificazione delle tinte che crea quei gradienti perfetti richiesti da un noir d’eccezione.
Non penso ci sia altro da aggiungere se non che Dissolvenza a nero è uno degli esempi più recenti della narrazione di Ed Brubaker e che merita l’attenzione di tutti gli appassionati del noir e non.