Review – Man in the Dark di Fede Alvarez 

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Dopo una lunga assenza dalle sale cinematografiche, finalmente sono tornato a sedermi di fronte ad un grande schermo. Ieri sera ho visto Man in the Dark, Don’t Breathe è il titolo originale e più azzeccato, film thriller horror del 2016 scritto diretto da Fede Alvarez. Secondo lungometraggio per il regista uruguaiano dopo il buon remake de La casa, che questa volta firma un thriller al cardiopalma con delle sfumature horror.

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La giovane Rocky (Jane Levine), il suo ragazzo Money (Daniel Zovatto) e l’amico Alex (Dylan Minnette) sono tre ladri di Detroit che sognano di fuggire in California. Decidono così di fare l’ultimo grande colpo e derubare Norman Nordstrom (Stephen Lang), veterano di guerra non vedente che ha ricevuto un cospicuo risarcimento per la morte della figlia, investita da una ragazza appartenente a una famiglia facoltosa. Quello che doveva essere un furto semplice per Rocky e i suoi compagni si trasforma in una notte da incubo e in una disperata lotta per la sopravvivenza.

Man in the Dark porta lo spettatore ad immergersi in un clima di altissima tensione che spesso diventa completamente insostenibile.

Alvarez si addentra in un horror che si nasconde nella realtà. Ambientato in una profondamente povera periferia Americana sfrutta la città di Detroit e uno dei suoi tanti quartieri completamente disabitati. Pone come protagonisti tre ragazzi qualunque della zona povera della città che rappresentano perfettamente la tipologia di persone di quella zona derelitta. Il film non vuole porsi come un esame sociale ma solo sfruttare questi ambienti per creare un clima profondamente cupo dalla violenza cruda che porta ad un realismo d’eccellenza per vivere da vicino la tremenda situazione in cui tutti i protagonisti sono coinvolti.

Il film non sfocia mai nello splatter e riesce a spaventare tenendo sempre alta la tensione per tutto il tempo. Da citare la scena fatta nel buio completo con la ripresa ad infrarossi. Rispecchia al massimo l’obiettivo del regista di valorizzare l’aspetto sonoro e visivo, creando momenti di assoluto silenzio dove si valorizzano i respiri, le urla, gli spari, le botte, le colluttazioni e gli scricchiolii.

Alvarez dimostra di aver un buon talento e di fare scelte giuste a livello tecnico, come i piani sequenza che indugiano sui dettagli che si scopriranno essere poi piccoli indizi. Anche la scelta di usare la steadycam al posto della tremolante handycam, gli da ragione perché grazie alla stabilità dell’inquadratura si riesce a vivere con estremo trasporto la sensazione di claustrofobia dei protagonisti e riesce anche a valorizzare gli spazzi stretti e angusti della casa. È anche grazie alla fotografia semplice, senza virtuosismi ma studiata che segue sempre in modo incessante i protagonisti che la tensione non cala mai.

53106Ottimo prova interpretativa di tutto il cast con uno Stephen Lang decisamente calato nella parte in modo impeccabile.

In sostanza Alvarez confeziona un thriller/horror di altissimo livello, senza voler strafare ma scostandosi un po’ dal classico stile del genere riuscendo perfettamente a dare forma e tensione ad una storia in parte non troppo originale. Fortissimi i richiami a La casa Nera e Gli occhi della notte.

Man in the dark è un film che non potete assolutamente perdere, vi terrà incollati allo schermo con la sua tensione palpabile e la sua visione claustrofobica. Non simpatizzerete per nessuno spererete solo di uscire vivi dalla casa di quel maledetto uomo cieco.

E ricordatevi Don’t Breathe.

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