Sharon Stone ha scritto la sua autobiografia, The Beauty of Living Twice, nella quale ha svelato diversi retroscena sconosciuti ai più. Tra gli argomenti trattati, l’attrice parla di alcuni suoi ruoli passati e degli alti e bassi nella sua vita privata e professionale. Si parla anche dell’emorragia cerebrale avuta nel 2001, avvenimento descritto come focale. “È stato così… mistico. Volevo sapere cosa fosse”, a proposito di “una luce bianca”. Ma alla fine la scelta ricadde sul “voler sopravvivere”. Tra le 256 pagine, il filo conduttore di tutti i fatti raccontati è proprio questo episodio, che l’ha fortificata al punto da farla rinascere, farle vivere una seconda vita, come suggerisce appunto il titolo.
The Hollywood Reporter ha approfondito alcuni dei punti toccati nella biografia e ha ascoltato un estratto della stessa autrice.
Tutto inizia nel settembre del 2001, quando l’attrice era nel pronto soccorso del California Pacific Medical Center. Nel raccontarlo, la Stone si sofferma sui medici che provavano in qualsiasi modo a fermare l’emorragia, anche senza il suo consenso. Spiega poi come abbia licenziato uno dei dottori perché riferì notizie false sulla sua salute alla rivista People. Dopo cinque giorni stabili, l’attrice racconta come fosse incapace di alzarsi o di pensare con chiarezza. Aveva inoltre perso il 18% di massa corporea. In seguito si scoprì che l’arteria vertebrale destra era lacerata: “Avevo l’1% di possibilità di vivere”. Alla fine fu operata e ringraziò sua nonna per aver sostenuto lei e aiutato tutta la sua famiglia.
Dopo che le fu asportato un tumore al seno e, come scrive l’attrice, ebbe bisogno di una ricostruzione mammaria. “Molti fecero commenti. Andai dal chirurgo credendo che, dopo l’operazione, mi sarei risvegliata esattamente com’ero prima. Ma secondo lui avevo bisogno di un seno più grande, più turgido. E così il chirurgo fece, dicendo che sarei stata più proporzionata”. “Mi disse che era certo sarei stata meglio”, ha continuato Sharon Stone. “Mi sentivo umiliata: aveva modificato il mio corpo senza che ne fossi cosciente e senza il mio permesso”.
Più avanti nel libro, la Stone parla di Total Recall e della collaborazione con Arnold Schwarzenegger. Il suo collega viene descritto come un “amico-amore”. Spiega inoltre che, per prepararsi per quella parte, si allenò “milioni di ore a settimana. Mi chiedevo come diamine sarei potuta apparire capace di minacciare uno come Schwarzenegger”. L’autrice ha poi spiegato come si svolgeva il suo allenamento: stacchi, sollevamenti a braccio singolo e tre ore di karate quotidiane. Si ricorda per di più che Schwarzenegger scherzò chiedendole se mentre si allenava usasse i coltelli originali per le riprese, e la risposta fu ovviamente no. La Stone scrive: “Ora capisco che me lo chiese per farmi scaldare”.
Quando arrivò per la prima volta a Hollywood, Sharon Stone scrive che si impegnò molto per avere il ruolo nel celebre Basic Instinct. Il suo manager chiamò il direttore Paul Verhoeven tutti i giorni per sette mesi col fine di farle avere un provino. “Michael Douglas non voleva provare con me. Hey, io non ero nessuno in confronto a lui, e quello era un film molto pericoloso”.
Alla fine ebbe la parte, ma la vita sotto i riflettori le portò ancora brutti ricordi. Dopo le riprese, l’attrice ricorda di essere entrata in una stanza piena di avvocati e agenti, “molti dei quali non avevano nulla a che fare col film”, con l’intento di guardare il montaggio definitivo. La Stone rimase sconvolta quando vide “per la prima volta la sua vagina sullo schermo”. “Per diverso tempo mi era stato detto che non si vedeva nulla”, ha rivelato l’attrice. A quel punto racconta che schiaffeggiò il direttore e chiamò il suo avvocato. Alla fine si decise di mantenere la scena così: “in quanto coerente col personaggio e perché, dopo tutto, l’avevo fatto”.
Aldilà della fatidica scena, l’interprete di Catherine Tramell racconta che durante le riprese ebbe tre episodi di sonnambulismo e una volta andò a bussare a casa di uno degli attori dopo le riprese della scena iniziale. “Sembrava che avessi colpito l’attore così tante volte nel petto che era svenuto. Ero inorridita, nuda e macchiata di sangue falso”. Riguardo la sua esperienza sul set di Basic Instinct, Sharon Stone spiega come le abbia insegnato ad “apparire meno debole” e “meno disponibile a essere mangiata viva”.
Nel film Casinò del 1995, la Stone interpretò l’ex moglie truffatrice di Robert De Niro, Ginger. L’attrice scrive che disse al suo coach di recitazione, Roy London, di voler essere “sufficientemente brava da sedermi di fronte De Niro e cavarmela da sola”. Racconta in dettaglio la scena in cui dovette sedersi al tavolo del ristorante e sostenere un dialogo molto breve, pur dando il suo nella scena complessiva. “Era la scena giusta per Roy. Era mio compito realizzare ciò che era il nostro sogno”. Restando sempre su Casinò, l’attrice parla di Martin Scorsese come il miglior regista con cui abbia mai collaborato, che lavorò con lei “profondamente” e la guidò “garbatamente”. A De Niro invece, l’autrice fa una lode per averle “dato un incredibile esempio di lavoro etico, più di chiunque altro in 40 anni di carriera”, definendolo “un maestro.”
Nel ’95 uscì anche Pronti a morire, in cui la Stone recitò affianco Gene Hackmann, Russell Crowe e Leonardo DiCaprio. Nel libro racconta di aver visto Hackman come il miglior attore esistente, tanto da chiedere agli studios di lasciare a lui la vesti di protagonista e di dare a lui il primo nome della pellicola. Su Crowe poi, l’attrice scrive: “Volevo questo ragazzo in particolare, di cui nessuno aveva mai sentito nulla, come protagonista maschile. Era un australiano che avevo visto in Skinheads, il suo nome era Russell Crowe”. Parlò infine di DiCaprio come l’unico che riuscì a emergere nelle audizioni fra tutti i teenager: “Era l’unico che entrava e piangeva, implorando suo padre di amarlo mentre moriva sulla scena”.
In The Beauty of Living Twice, anche se la Stone non affronta propriamente le accuse incombenti di Woody Allen, nomina il regista ricordando chiaramente una chiamata per il casting di Stardust Memories: “Stavo leggendo un libro per bambini sull’infinito: spiegare l’infinito a un bambino è un concetto interessante per me. Quando Woody mi chiamò, sembrava pensarla così anche lui, e ne parlammo per circa mezz’ora“.
In seguito alla proposta di presentare gli Oscar nel 2002, Sharon Stone esplica le paure e le ansie affiorate nel periodo della convalescenza dell’operazione dovuta all’emorragia. L’attrice accenna all’aiuto ricevuto dall’amico Quincy Jones, sopravvissuto ad un aneurisma cerebrale, che la indirizzò da un ottimo medico. L’autrice infatti afferma nel libro: “Dopo un paio di settimane ero alle prove degli Oscar. Cercavo di adattarmi. Sembravo una in terapia. Tutti erano così occupati a essere famosi, io mi sforzavo per ambientarmi”. La Stone racconta di aver proposto a John Travolta di ballare sul palco, com’era solito per lei spingersi verso un obiettivo più grande. A questo proposito, lei scrive: “Qualche settimana prima avevo dolori nel camminare, ora avevo intenzione di ballare”.
In uno dei momenti più terrificanti della biografia, l’autrice ricorda di essere stata derubata della sua innocenza da suo nonno materno all’età di 5 anni. La Stone scrive: “Ero in piedi, paralizzata, nella polverosa e fioca luce, un posto terribile, con una donna (sua nonna) sull’uscita che ci impediva di scappare”. Tuttavia più avanti racconta che sua nonna non seppe mai dell’atteggiamento perverso di suo marito. Al funerale di suo nonno, l’attrice confessa di essersi sentita “gioiosa e sollevata” e di aver colpito la bara in modo da assicurarsi che fosse davvero deceduto. Sharon Stone ha rivelato che riversò la rabbia conseguente agli abusi e ai traumi psicologici nel personaggio di Catherine Tramell in Basic Instinct.
Malgrado non faccia nomi, l’attrice spiega che ci fu un regista con cui lavorò che descrisse come “un candidato ideale per far crescere il movimento #MeToo“. Pare che questi si rifiutò di lavorare con lei in quanto si rifiutò di sedersi sulle sue gambe. La Stone spiega: “Si, era uno studio cinematografico multi-milionario e io ero la star ma nessuno disse né fece nulla. Erano comunque altri tempi: nonostante fossi l’attrice protagonista, lui, drogato e perverso, aveva più potere di me”. Parla inoltre di quando le fu suggerito di dormire con il suo co-protagonista al fine di avere più chimica poi nelle riprese. “Io suggerii di prendere semplicemente un buon attore, e che potevano andare a f*nculo e rimpiazzarmi”. Infine parla di come si sia sempre sentita dire che intimidisse gli uomini e si sia ritrovata puntualmente sola sul set in mezzo a tanti di loro.
Sharon Stone affronta anche quel suo commento controverso risalente al Cannes Film Festival: indicò il terremoto avvenuto in Cina come un evento dettato dal karma per la cattiva politica di Pechino in Tibet. Le fu domandato: “Non è karma? Quando ti accade qualcosa di negativo dopo esserti comportato male non lo è?”. La risposta fu: “Sì. Ho detto questo. E sì, non ero e non sono contenta del modo in cui i cinesi trattano i tibetani. Non sono felice del modo in cui gran parte del mondo si sta trattando, ad essere onesti”. Il suo commento era indirizzato unicamente al governo cinese, e non al popolo cinese, e infatti lamentò il tentativo del reporter di creare scandalo.
L’attrice ammise di essersi sentita usata e che la cosa “fu preparata da un uomo malintenzionato con una videocamera: l’obiettivo era saltare fuori e tendermi un’imboscata per distorcere i miei pensieri a braccio sul terremoto cinese in qualcosa di cattivo o irrispettoso.” A seguito di quel commento, la Stone notò che le dichiarazioni di scuse furono rilasciate per suo conto senza la sua conoscenza o approvazione, compresa quella di Dior, con cui l’autrice di The Beauty of Living Twice aveva un contratto all’epoca.
Nel viaggiare tra i suoi lontani ricordi, Sharon Stone guida i lettori fino al raggiungimento della soddisfazione fisica e mentale: “Ho impiegato anni a lavorare su di me per riprendermi”. Nel corso della sua vita la Stone si è resa conto come la sua vita personale fosse scesa nel dimenticatoio. Ma oggi, dopo anni, l’attrice recita ancora e con meno pressioni. Dopo quell’incontro con la morte, l’attrice disse di aver aperto gli occhi come mai fatto prima e perdonò l’imperdonabile. In The Beauty of Living Twice aggiunge: “Spero che la mia biografia ti aiuti, ti insegni a vivere meglio. Io ho imparato morendo, vivendo, venendo definita come l’ultima star vivente”.
Fonte: The Hollywood Reporter