The Front Runner – Il Vizio del Potere di Jason Reitman | Recensione

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The Front Runner Recensione

The Front Runner – Il Vizio del Potere è il nuovo film di Jason Reitman, futuro regista del fantomatico Ghostbusters 3. Come il cognome lascia intendere, infatti, si tratta del figlio di Ivan Reitman, uno dei principali artefici del successo degli acchiappafantasmi. Ciononostante, Jason è riuscito a liberarsi dall’ingombrante ombra paterna, imponendosi sulla scena grazie alla realizzazione di pellicole apprezzate da pubblico e critica, come “Thank You For Smoking” e “Juno”.

The Front Runner appare subito come la sua pellicola più ambiziosa finora. Il soggetto è intrigante: la storia vera di Gary Hart, il grande favorito nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti nel 1988, che vide stroncate le sue speranze a causa di una presunta relazione extra-coniugale che il senatore intrattiene con Donna Rice. Ne derivano riflessioni sul confine tra vita pubblica e privata, sul rimestare continuo nel passato e nel presente dei personaggi pubblici alla ricerca di scandali e gossip da dare in pasto al pubblico. Sono controversie decisamente attuali, se pensiamo che Kevin Hart (curiosa l’omonimia), attore comico designato come presentatore della cerimonia dell’Academy, è stato costretto a rifiutare il ruolo a causa di uno scandalo relativo ad alcune sue vecchie battute politicamente scorrette. Nell’era dei social, anche il più piccolo errore potrebbe danneggiare irrimediabilmente l’immagine di un personaggio pubblico.

Un argomento di grande rilievo, così com’è di grande rilievo il cast, capeggiato da Hugh Jackman. L’attore australiano, abbandonati ormai da diverso tempo gli artigli di Wolverine, si è calato nei panni insoliti di Gary Hart con grande convinzione, sfoggiando una performance davvero notevole. Hart appare come un uomo empatico nei confronti delle persone che lo circondano, capace di far sentire a proprio agio chiunque, e al contempo fortemente convinto dell’importanza della sua linea politica. Jackman l’ha interpretato al meglio, riuscendo a far emergere anche l’altra faccia della medaglia, le crepe che si nascondono sotto la superficie. Un compito molto difficile, considerata l’ambiguità voluta della sceneggiatura, che lascia soltanto intendere senza mai mostrare direttamente. Non viene gettata alcuna luce sul tradimento di Gary Hart ai danni della moglie, né viene specificato in modo chiaro se questo tradimento sia effettivamente avvenuto. Scavare nel torbido, del resto, avrebbe creato una contraddizione con la critica che il film rivolge all’opinione pubblica, colpevole di aver ridotto la politica a un teatrino governato dal gossip e dal pettegolezzo. Ciò non toglie che “The Front Runner” non abbia il minimo timore nel gettare ombre sul suo protagonista, tra scene ambigue e riferimenti a un passato burrascoso. Nonostante il tema scottante, la vicenda è spesso punteggiata dall’umorismo tipico di Reitman, che si esprime attraverso una serie di dialoghi vorticosi e frenetici, diretti con maestria e utilizzando sapientemente la tecnica del piano-sequenza. Proprio i dialoghi riescono a caratterizzare efficacemente quasi tutti i personaggi secondari, persino quelli, e sono parecchi, con poche battute a disposizione.

Tanti lati positivi, dunque, che avrebbero dovuto consentire a “The Front Runner” di raggiungere l’obiettivo stabilito: fare incetta di nomination agli Oscar di quest’anno. Obiettivo fallito su tutta la linea, per più di un motivo. In primis, il cast all-star si rivela un boomerang. J.K. Simmons e Vera Farmiga cercano di fare il possibile con il materiale risicato a loro disposizione, mentre Alfred Molina è poco più ché un figurante. Con malizia, si può pensare che siano stati scelti soltanto per alimentare la campagna di marketing. Spostandoci dal particolare al generale, la sensazione è quella di trovarsi dinanzi a un film che, pur risultando gradevole e interessante, non si applica fino in fondo. Vero, diverse ambiguità sono volute, ma quando il finale irrompe, peraltro in maniera troppo rapida, lo spettatore si ritrova tra le mani un pugno di mosche. L’impressione è che le speranze di ottenere riconoscimenti nella stagione dei premi siano andate a discapito della sceneggiatura, perennemente con il freno a mano tirato.

The Front Runner

Un vero peccato, perché il film acquista interesse proprio nei rari frangenti in cui Reitman non si accontenta di una trattazione superficiale, ma cerca di scavare in profondità. Se ne ricavano riflessioni forse un pò scontate, ma comunque valorizzate dall’ottima penna del cineasta. Spicca in particolare la riflessione sul ruolo del giornalismo che, allora come oggi, si lambicca sulla dicotomia tra l’esigenza di informare, e quella di intrattenere. Stessa dicotomia che, a voler ben vedere, può essere ritrovata anche nel film. Curioso notare, infatti, come le tipiche scritte finali dei bio-pic, che solitamente danno un resoconto delle vicende successive agli eventi trattati, si concentrino esclusivamente sulla vita privata di Gary Hart, con informazioni francamente superflue. “The Front Runner” non è certo un disastro, e il risultato è meritevole di visione. E’ difficile, tuttavia, non rammaricarsi per l’occasione sprecata.

The Front Runner – Il Vizio del Potere è come il classico scolaro che “potrebbe, ma non si applica”. Registicamente è molto interessante, e l’umorismo di Jason Reitman si fa spesso largo valorizzando i numerosi dialoghi del film. La sceneggiatura si limita però alla superficie, non sviscerando appieno i diversi spunti che offre. La performance di Hugh Jackman è impeccabile, ma il resto del cast appare un pò sprecato. Un bio-pic, tutto sommato, interessante, ma che lascia con l’amaro in bocca.