Tre videogiochi in cerca d'un finale

0

Credo sinceramente che la serialità (o episodicità) ricopra un ruolo fondamentale nella storia dell’umanità. Se non altro uno molto più importante di quanto generalmente si pensi.
Rifletteteci.

Per gli under 20, quello è un giornale...e un bimbo che strilla.
Per gli under 20, quello è un giornale…e un bimbo che strilla.
Ogni singolo giorno, quotidiani e telegiornali ci presentano notizie tra cui fatti ancora caldi o aggiornamenti di quanto accaduto in precedenza. Chi di voi non ha visto almeno una volta una notizia come le altre diventare magicamente seriale? Quando mai è successo che un omicidio, un caso particolare, fosse reiterato e ricordato dai media più e più volte in un certo lasso di tempo (con dovuti “aggiornamenti” quasi sempre insulsi)? Spesso davanti alle notizie più tristi mi ritrovavo completamente desensibilizzato e stremato da una ripetizione seriale su così larga scala. Nel mio cervello finiva per attivarsi l’autopilota e come uno zombie mi chiedevo cosa sarebbe successo nel giorno successivo, o episodio se preferite.
Videogiochi Harry Potter
Negli scorsi episodi di Bucatiful…
Lo stesso meccanismo è collegato ad altri prodotti che noi tutti fruiamo, su base quotidiana, accendendo la televisione (o un servizio di streaming qualunque): le serie tv. Di settimana in settimana veniamo traghettati in mondi di pura fantasia (non sempre) in cui veniamo resi partecipi di ogni minima svolta, di vita, morte e miracoli di personaggi, di grandi storie d’amore e di intrighi internazionali. Chi di voi non ha mai provato quella sensazione di frustrazione dovuta ad un cliffhanger a fine puntata? Quegli sceneggiatori, come vere carogne, si divertono ad interrompere sempre sul più bello la narrazione per invogliare a sintonizzarci allo stesso canale, stessa ora della settimana dopo. Ma non finisce qui. Saghe letterarie, franchise cinematografici multimilionari, vecchi serial degli anni ’30, radiodrammi trasmessi a chi ancora tiene accesa la propria radio FM (cioè io e 3 persone in fila in tutta Italia) non ne sono certo immuni. Persino nel più improbabile dei media, la pubblicità, possiamo trovare un briciolo di episodicità.
"Non lo vuole, pure stasera non se na fa niente".
“Mi sa che pure stasera si va giù di zaganelle”.
Chi non si ricorda di tutte le volte in cui Banderas, solo soletto, con la sola compagnia di Rosita, è rimasto in attesa della finale venuta della Finocchiaro? Chi si è dimenticato le avventure della scimmia Coco, dell’ape dei Cheerios, della tigre Tony o di quel babbuino ammaestato di Christian De Sica accompagnato dalla sagoma di cartone dell’agente Rodriguez? Chi non si vergogna di essere rimasto lì impalato a guardare le pubblicità della TIM che mostravano un’intera band nel tentativo (quasi vanziniano) di bombarsi la giovane Fiammetta Cicogna? Chi ha paura di ammettere di aver sghignazzato davanti al diavolo (all’anagrafe Renè Ferretti) vestito da donna (e non Prada) o a John McLaine ridotto a fare le marchette per la Vodafone? Ok, basta nostalgia.
"Qui prende?"
“Qui prende?”
Il punto del discorso credo di averlo già settato: la serialità e il trash li teniamo nel sangue. Tuttavia qui sarei tenuto a parlare del mondo videoludico, quindi vediamo di cambiare rotta prima di fare la stessa fine della CPA (Crimson Permanent Assurance).
Chiunque si sia sintonizzato nel medium videoludico negli ultimi anni lo avrà notato: i videogiochi episodici, specialmente storie interattive, vanno a ruba. Merito della loro essenzialità, della mancanza di difficoltà nell’approccio e nelle storie che sono scritte a tavolino per tirare fuori emozioni semplici dal videogiocatore occasionale (o dal visionatore di serie TV che preferisce una fruizione passiva dei contenuti).
Videogiochi Plumbers don't wear ties
No, non mi sono dimenticato di lui.
Il genere, i veterani lo sapranno, non è affatto nuovo. Sin dai tempi del Sega CD (e anche prima), l’eventualità di esportare un pizzico di interattività e applicarla ad un film ci ha tentato. Prodotti come Night Trap, Mad Dog McCree, Dragon’s Lair, Psychic Detective, Tender Loving Care o persino l’italianissimo Zairo rappresentano perfettamente questa voglia morbosa. Tuttavia negli ultimi anni il genere “film interattivo” si è fuso con “l’avventura grafica” formando una sorta di ibrido mostruoso che potremmo chiamare “imbuto interattivo”. Merito e colpa di questa trasformazione vanno sicuramente a TellTale Games. Basta guardare la loro carriera per notare come siano passati da ottimi punta e clicca (Tales of Monkey Island e i Sam e Max) a buoni ma mai eccellenti film interattivi (Walking Dead, The Wolf Among Us).
Sia chiaro che non ho niente contro questa “nuova” tipologia di esperienza, dopotutto si tratta di maggiore varietà di generi.
Videogiochi Tales of Monkey Island
Trovatemelo voi un episodio di Walking Dead con la profondità dell’episodio 4 di Tales.
Ciò che saremo tutti d’accordo nell’affermare è che chi definisca “punta e clicca” titoli come Walking Dead necessiterebbe di cambiare le proprie lenti a contatto (sono certo che della TellTale avrò modo di parlare in seguito). Ora vi starete chiedendo il perchè abbia gettato questa famosa software house nel mezzo del discorso.
Presto detto. TTG fin dal secondo titolo sviluppato, un adattamento del fumetto Bone (di cui consiglio la lettura), rese palese la sua “formula”. Lo sviluppo singolo di 5-6 capitoli uno di seguito all’altro tutti collegati e tutti che finiscono con un cliffhanger per innaffiare l’hype del giocatore. Che parlassero di Monkey Island, Ritorno al Futuro, Jurassic Park, Wallace e Gromit o Minecraft la formula non è mai cambiata (molto simile ai giochi basati sulla serie CSI).
Videogiochi Telltale
Signore e signori, la prima “avventura” di TellTale.
Alla mente meno esperta sorgerà spontanea una domanda: quali sono i pro e i contro dello sviluppare un gioco spezzettandolo in più parti? Per quanto odi questo tipo di sviluppo, bisogna ammettere che presenta dei benefit consistenti (per gli sviluppatori). Ad esempio sviluppare episodi singoli permette di gestire e dividere meglio il budget. Allo stesso tempo l’uscita di singoli capitoli rende utilissimi i tanti feedback degli utenti, utilizzabili per migliorare gli episodi successivi. Inoltre non dimentichiamo che le persone non interessate potranno provare il primo capitolo ed evitare gli altri senza spendere un centesimo.
Sviluppatore videogiochi
Come noi tutti ci immaginiamo gli sviluppatori di TellTale.
D’altra parte però, esistono anche delle controindicazioni. Anzitutto le lunghe attese interepisodiche possono causare un dislivello di qualità prettamente tecnico (oltre che la discesa dei testicoli dei videogiocatori maschi). Per non parlare del prezzo, generalmente chi compra tutti gli episodi potrebbe finire per pagare ben più di un gioco singolo. Per i collezionisti inoltre c’è sempre da attendere per l’ipotetica collection fisica che esce molto dopo rispetto al corrispettivo digitale.
Ora che abbiamo parlato della serialità in generale, nei videogiochi e dei giochi episodici, vi vorrei porre una domanda molto sentita. E se chi sviluppasse un gioco a episodi…non finisse il proprio lavoro? Ebbene si, oggi vi presento tre titoli sviluppati ad episodi che non hanno ancora completato il proprio ciclo. Come vedete il cerchio alla fine si conclude e tutto ciò che ho detto magicamente acquista senso compiuto. I giochi in questione sono, gli sconosciuti al grande pubblico, 1112, Hysteria Project e Shadows on the Vatican.
Diamoci da fare e andiamo per ordine.

1112

Videogiochi 1112

Videogiochi 1112
Here’s Johnny! Ops…
Si tratta di un’avventura grafica punta e clicca sviluppata dalla Agartha Studios in esclusiva per iOs (io la giocavo sull’ormai vecchio Iphone 4). Il titolo, piuttosto interessante, ci poneva nelle braghe di Louis Everett. Si, lo so che lo state pensando, Louis è la copia sputata di Johnny Depp. Per ora sono usciti solo tre episodi oltre che la versione “lite” del primo capitolo come demo. 1112 racconta la storia del nostro protagonista, proprietario di un negozio d’antiquariato e felicemente sposato con una rossa mozzafiato. Dopo una vendita piuttosto grossa Louis si trova magicamente mesi dopo lontano da casa (a New York se non erro) e senza idea di come ci sia arrivato. A rendere ancora più frustrante la speranza di un ipotetico episodio quattro ci fu anche una serie di tediosi cliffhanger posizionati su misura per creare hype per il proseguo (evito di fare spoiler). Contando l’anno in cui uscì (2008) era un gioco per telefono dannatamente notevole, graficamentente gradevole, con una storia interessante, enigmi generalmente ben calibrati oltre che features interessanti.
Videogiochi 1112
Poter digitare le parole…proprio come i vecchi giochi Sierra <3
Tuttavia il terzo e ultimo episodio è datato agosto…2011.
Non credo saprò mai cosa succederà al nostro sosia di Johnny preferito.
Nota: Mentre scrivevo questo articolo sono venuto alla conoscenza del fatto che 1112 sarebbe un remake di un gioco “Fade” sviluppato su windows phone…nessuna conferma per ora…volevo solo che lo sapeste.
 
 

Hysteria Project

Videogiochi Hysteria Project

Videogiochi Hysteria Project
Mi chiedo se si cambi mai i vestiti.
Ci troviamo davanti ad un interessante esperimento di interattività. Hysteria Project è quello che si suol definire “videogioco multievento”. Nel titolo prendevamo il controllo di un tizio senza nome (anche perchè l’intera azione è girata interamente in prima persona per l’amor dell’immedesimazione) che si sveglia legato come un salame in una capanna nel bosco e dopo essersi liberato sarà costretto a fuggire da un altro tizio incappucciato e armato d’ascia. Un’pò di survival, un pizzico di gioco FMV, scelte giuste o sbagliate come un librogame, tanti game over, qualche minigioco e tanta fortuna necessaria per finirlo. Successivamente arrivò il secondo episodio, ambientato in un ospedale molto speciale, che introduceva nuovi elementi di gameplay (come uno schiva il laser o sezioni in cui in tempo limitato bisognava trovare password), mindfuck completi e tanto altro. Anche in questo caso sfortunatamente dopo ciò non se ne seppe più nulla. Data d’uscita del secondo capitolo? 2011…gennaio.
 

Shadows on the Vatican

Videogiochi Shadows on the Vatican

Videogiochi Shadows on the Vatican
“Ciaoooooo infermiera!”
L’ultimo titolo che vedremo oggi è Shadows on the Vatican, un punta e clicca uscito nel 2012 su pc e che conta per adesso due atti realizzati su quattro (meglio di Chaucer, poco ma sicuro). La storia è il tipico miscuglio che si ottiene mescolando un etto di Dan Brown e 2 pizzichi Charles Cecil. Inutile dire che il risultato sia un prevedibile incrocio tra Codice da Vinci e Broken Sword, il tutto ambientato in Italia, a Roma. Come protagonista avremo James Murphy, un medico ex prete che si ritroverà nei soliti problemi e complotti più grandi di lui quando un suo amico verrà quasi ucciso davanti ai suoi occhi. L’ambientazione era ben fatta, i personaggi stereotipati ma simpatici, il doppiaggio italiano toccava i suoi alti e bassi in poche frasi consecutive e i puzzle erano piuttosto standard, quasimai pessimi. Inoltre dal secondo atto arrivava come deuteragonista Sylvia, una sicaria sensuale romana priva di accento e sulle tracce di James.
Si trattava alla fin fine di un prodotto che mi lasciò intrigato a tal punto da convincermi all’acquisto dei primi due atti su disco.
Videogiochi Shadows on the Vatican
“Sei stato tu a rubarmi il finale!”
Pro? La colonna sonora gratis.
Contro? Dal 2013 non abbiamo più notizie del progetto.
Uscirà un atto 3?
Sarà meglio. In caso contrario andrò negli uffici della 10th Art Studio facendo una strage e rapendo la doppiatrice di Sylvia per usarla a mò di compensazione morale per questi tre anni di stenti.
Tutto questo parlare di videogiochi incompleti e sviluppatori pigri mi ha messo fame. Oh, pare che si sia fatto tardi, a breve ho un appuntamento focoso con una doppiatrice. Fatemi sapere cosa ne pensate della questione, dei giochi episodici e parlatemi dei titoli che vi hanno fatto rimanere male a causa della loro incompiutezza.
Vi saluto.

Lascia un commento