Donald Trump incolpa i videogiochi violenti per le recenti sparatorie negli USA

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President Donald Trump listens during a signing ceremony for criminal justice reform legislation in the Oval Office of the White House on Dec. 21, 2018, in Washington.

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump chiama in causa ancora una volta i videogiochi nel discorso alla Nazione tenuto la mattina di Lunedì 5 Agosto, all’indomani di un weekend in cui due terribili sparatorie sono avvenute a distanza di meno di 24 ore l’una dall’altra. Nel discorso ha puntato il dito ancora una volta, tra le altre cose, al mondo videoludico.

La prima sparatoria è avvenuta in un Walmart ad El Paso, Texas, in cui 21 persone sono state uccise e 26 ferite, la seconda a Dayton, Ohio, in cui la conta delle vittime ammonta a 9 morti e 27 feriti.

Vi riportiamo le parole di Donald Trump:

Dobbiamo fermare la glorificazione della violenza nella nostra società. Questo include quei videogiochi sanguinosi e macabri che sono ad oggi un luogo comune. E’ troppo facile oggi per la gioventù turbata farsi accerchiare da una cultura che celebra la violenza. Dobbiamo fermarla o limitarla.

Trump ha poi avuto il tempo anche di discutere come Internet abbia avuto una parte sostanziale nella diffusione di ideologie violente, riferendosi principalmente al colpevole dell’evento di El Paso, che ha condiviso un manifesto suprematista sulla piattaforma 8Chan poco prima del massacro:

Dobbiamo accorgerci che Internet è stato sfruttato per radicalizzare le menti disturbate.

Il discorso poi ha visto Trump giurare per agire in maniera urgente sull’insorgere di sparatorie, denunciando il movimento Suprematista Bianco e i terroristi interni. Il Presidente ha promesso un supporto maggiore dal Governo e la messa in campo dell’FBI per la repressione preventiva di eventi di bigottismo violento. Ha annunciato anche la formazione di nuove leggi per la pena di morte per i fautori di stragi di massa come quelle descritte sopra.

Le parole di Trump sono le ultime di una serie di dichiarazioni perpetrate dai maggiori leader del partito Repubblicano, che hanno additato i videogiochi come causa principale delle sparatorie. In particolare il Governatore del Texas il Luogotenente Dan Patrick ha fatto riferimento al manifesto della strage di El Paso in cui veniva citato Call Of Duty.

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Anche Fox News ha contribuito alla causa: uno dei conduttori del telegiornale ha espresso ciò sottolineando come il killer ha speso molto del suo tempo giocando a giochi come Fortnite. I commentatori hanno aggiunto che i videogiochi alimentano la spersonalizzazione e il distacco dall’umanità.

Personalità come Patrick, ma anche gli altri leader al Governo del partito Repubblicano come Kevin McCarthy e lo stesso Trump, non abbiano fatto minimamente menzione di tre caratteri fondamentali della vicenda: Il primo, ovvio, è la facilità con cui le armi possono essere reperite da chiunque, questo è un punto cardine dell’ideologia Repubblicana; in secondo luogo, Trump non menziona che il suddetto killer e Suprematista bianco sia anche un sostenitore dello stesso Presidente; in terza battuta come queste stesse parole e promesse siano già state dette e fatte successivamente agli eventi del Febbraio 2018, in cui ancora una volta Trump aveva sollevato il giudizio sui videogiochi dopo il massacro a Parkland, Florida.

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I leader del movimento per la riforma delle leggi sulle armi sono tornati alla ribalta. Dopo le sue dichiarazioni l’hashtag #VideoGamesAreNotToBlame è tornato tra i trending topic, mentre la discussione si è di nuovo infiammata su chi difende l’utilizzo dei videogiochi condannando la facilità di ottenimento di un’arma da fuoco e chi viceversa ritiene che i giochi siano persuasivi. Il leader del movimento, Mathew Littman, evidenzia come in Giappone, in cui il gaming è una delle attività più popolari, i pluriomicidi e gli eventi violenti con le armi da fuoco siano delle rarità, aggiungendo in un’altra occasione:

Sarebbe bello se le persone fossero meno indignate dai videogiochi, che non sono reali, che dalle vittime di violenze con armi da fuoco.

I gamer e i rappresentanti dell’industria dei videogame hanno ribadito la loro posizione in favore, paragonando come in altre epoche si sia sempre trovato un caprio espiatorio valido, dalla letteratura dell’orrore all’heavy metal passando per i film horror all’hip-hop. La Entertainment Software Association, che rappresenta l’industria videoludica e che combatte da sempre contro il legame tra giochi e violenza nella vita reale, ha ora un’ottima rappresentativa a Washington. Le loro parole:

Incolpare i videogame per la violenza nella vita reale non è più utile che incolpare altre forme di intrattenimento per il loro contenuto… in altre società, in cui i videogiochi sono utilizzati allo stesso modo, non condividono il livello di violenza che c’è negli US.

Hillary Clinton, che è sempre stata critica nei confronti della violenza esplicita nei videogiochi, sta partecipando alla discussione su Twitter, sottolineando come i videogames siano un colosso internazionale ma le stragi di questo stampo avvengano solo negli Stati Uniti:

Le persone soffrono di disturbi mentali in tutti i Paesi; le persone giocano ai videogiochi virtualmente in tutti i Paesi. L’unica differenza sono le armi

Anche Strauss Zelnick, CEO della Take-Two Interactive, che a Febbraio 2018 aveva partecipato ad un incontro con Trump, altri rappresentanti dell’industria e i genitori delle vittime (successivamente rivelatosi tutto sommato infruttuoso), si è espresso in merito:

Siamo shockati e rattristiti da queste insensate tragedie. Ma incolpare il gaming è irresponsabile. Oltretutto, è altamente irrispettoso delle vittime e delle loro famiglie. L’intrattenimento viene consumato su scala mondiale, ma l’uso violento delle armi è un fenomeno solo Americano. Quindi dobbiamo concentrarci sui veri problemi.

Le dichiarazioni su questo tema non accennano a rallentare sebbene diversi studi già confermino un trend chiaro: le ricerche infatti evidenziano come la violenza nei videogiochi non sia predittore di aggressioni, violenza o bullismo, nè di distubi comportamentali, rabbia o altro.

Le parole di Cristopher Ferguson, professore di Psicologia alla Stetson University in Florida e studioso della relazione videogames-violenza:

I fenomeni violenti stanno scendendo molto in realtà nella società Americana, ed è diminuita nell’era dei videogiochi. [Il collegamento tra violenza è videogiochi ] è’ per ridicolizzare e distrarre dai veri problemi che necessitano di attenzione che aiuterebbero per davvero a ridurre la criminalità.

In uno studio del 2011 intitolato “Understanding the Effects of Violent Video Games on Violent Crime“, è sostanzialmente evidenziato come la prima conseguenza diretta del videogiocare sia occupare buona parte del tempo libero dei ragazzi, riducendo in termini di tempo materiale, l’opportunità per attività criminali, esattamente come le altre attività extrascolastiche o extra-lavorative.

Esistono altri studi che sottolineano come non sia il videogioco stesso ad alimentare la violenza, ma il tempo estremamente eccessivo passato su di esso. Nel 2017 la Society for Media Psychology and Technology ha chiesto ai giornalisti di non sottolineare tali connessioni in quanto le prove non supportano tali dichiarazioni, nonostante questo c’è sempre spazio nelle parole di giornalisti e figure politiche per incolpare il mondo videoludico a discapito delle cause politiche e culturali ben più importanti che passano sempre in secondo piano.

Fonti: Polygon, HuffPost, Deadline