Vent’anni senza De André – Non ci resta che il film | der Zweifel

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Visto che l’11 gennaio si è compiuto il ventesimo anniversario dalla scomparsa di Fabrizio De André, è doveroso rispolverare un film che parla di lui, che è stato per alcuni mesi sulla cresta dell’onda, per poi cadere nell’oblio solo dopo un anno. Oblio forse è una parola grossa, ma se si pensa alla grande pubblicità fatta prima di uscire per soli tre giorni al cinema ed essere trasmesso in un due serate in televisione, “Il Principe Libero” di Luca Facchini non ha la sua giustizia. Un film sul poeta e cantautore genovese non era mai stato fatto, e quando è arrivato il momento tanto sperato il film è stato quasi subito, e con molta discrezione, messo da parte.

Da una parte il film, interpretato magistralmente da Luca Marinelli, non riesce ad impiantarsi in maniera stabile nello spettatore, che ne rimane non schifato ma un po’ deluso. Dall’altra parte invece tale delusione che ne deriva non è proprio gratuita e il film tanto atteso, ripensandoci bene, non è poi questo granché. Il film è una sfilata quasi pretenziosa di musiche del cantante giusto per rendere ancor più l’idea. Il giovane De André è sin dall’adolescenza uno spirito libero e continua ad esserlo anche durante il periodo universitario, quando incontra l’amico Paolo Villaggio –compagno di sbronze, di giochi e di puttane. Periodo in cui inizia a comporre un testo dopo l’altro e durante il quale incontra Luigi Tenco e la prima moglie, la quale gli darà il figlio Cristiano. Entrambi segnano una parte importante della sua vita, per poi essere cancellati e sopraffatti dall’esuberante bellezza di Dori Ghezzi, che nel film occupa tutta la seconda parte, lasciando poco, anzi pochissimo spazio ad altri amori, all’emozioni forti, spiacevoli e incomprese con il padre e con il fratello. Con il mondo intero. Il racconto di Luca Facchini termina subito dopo essere rilasciato, assieme alla Ghezzi, dai sequestratori sardi.

A tutti coloro che hanno amato il film vorrei dire di stare tranquilli; più che una critica, la mia, dopo un  anno di distanza, può essere solo una riflessione pacifica su un film che avrebbe dovuto raccontare uno degli ultimi menestrelli e cantautori italiani. Secondo il mio modesto parere, “Il principe Libero” non lo fa al meglio, non riesce ad oltrepassare i luoghi comuni e preferisce soffermarsi solo sul De André amante delle sigarette, del vino e dell’alcol in generale, e delle troie. Per il resto non è neanche incentrato solo sulla musica, date le poche volte che lasciano Marinelli cantare. Dal punto di vista attoriale, il film non pecca di certo. Il talentuoso Luca Marinelli è un De André abbastanza somigliante, forse più bello dell’originale. Poi ci sono altri grandi interpreti come il compianto Ennio Fantastichini nel ruolo del padre, Elena Rdonicich nei panni della prima moglie e Valentina Bellé in quelli di Dori Ghezzi. Per il resto, molto viene accantonato, tralasciato anche il carattere terribile del poeta, che nel film è solo leggerissimamente accennato.

Dopo vent’anni senza Fabrizio De André e a distanza di un anno dall’uscita del film, sono convinto nel dire che preferivo i racconti stralunati, stravolti, modificati ma sempre avvincenti di Villaggio. L’amico fraterno del cantante, in varie interviste lo ha omaggiato e allo stesso tempo diffamato e mostrato al mondo per quello che era; uno snob, ricco di famiglia, tutt’altro che anarchico e con un caratteraccio. Come del resto era Villaggio, per questo andavano tanto d’accordo. Il film di Facchini è poetico, forse troppo; abbellito e decorato in maniera un po’ esagerata, e non riesce a dare l’idea del personaggio. Cosa che invece è diversa nelle interviste cialtronesche di Villaggio che, il più delle volte finge e mente, ma racconta la vera Genova sua e di Fabrizio; quella sporca, scura e tragica.

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