[der Zweifel] 2001: A Space Odissey – l’Odissea di Stanley Kubrick di nuovo al cinema

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Il 4 e 5 giugno 2018 saranno due giorni epocali. Dopo 50 anni dalla sua uscita, 2001: a Space Odissey può tornare finalmente al cinema. Dopo un lungo lavoro di restaurazione promosso dai familiari del grande regista e dalla crew di Christopher Nolan, il capolavoro di Stanley Kubrick arriva in tutti i cinema d’Italia dopo aver passeggiato trionfalmente sul Red Carpet di Cannes, dove è stato proiettato.

Ma cos’è che ha reso questo film grande? Prima di tutto la storia. Intorno al 1966 Kubrick s’imbatté nel romanzo dello scrittore inglese Arthur C. Clark The Sentinel. Un’opera fantascientifica in cui venivano dettate teorie romanzate e fantasiose sulla possibilità di una vita extraterrestre al di fuori della terra. Kubrick e Clark s’incontrarono ed iniziarono un lungo lavoro di scrittura in cui le già dette ipotesi dello scrittore si mescolavano in una nuova matrice a quelle del regista. Nacque un nuovo romanzo e una sceneggiatura per un possibile film, che di lì a breve si sarebbe realizzato.
Partendo dall’alba dei tempi, Kubrick riporta in pochissime scene emblematiche la vita dei primi ominidi e il loro primo contatto con una forma aliena sconosciuta. Il nero monolite che si innalza di fronte alle scimmie detta loro l’intelligenza ed una nuova forza per evolversi. Con un salto temporale lungo miliardi di anni -che nel film viene semplificato genialmente con la scena dell’osso di tapiro- si arriva nel futuro; più precisamente all’anno 2001. Il sovrintendente della stazione spaziale americana sulla luna, Heywood Floyd, deve fare luce sul mistero e il timore che aleggia tra i suoi colleghi; timore che viene riscontrato anche fra astronauti e scienziati di altre stazioni spaziali.

Pare che un monolite sia stato ritrovato al di sotto della superficie lunare e che sia stato riportato alla luce in attesa di analisi ed esperimenti. Giunto con un gruppo di tecnici sul posto, Floyd e i suoi odono uno strano allarme provenire dalla pietra nera. Attraverso specifiche apparecchiature individuano un segnale misterioso provenire da un punto preciso situato vicino al pianeta Giove. Ha inizio così l’avventura della navicella spaziale Discovery.

Una storia che può sembrare banale a livello narrativo ma che viene completamente stravolta e allestita con effetti speciali totalmente nuovi per l’epoca; grazie all’attento lavoro di Douglas Trumbull. Kubrick ricrea lo spazio nel suo infinito silenzio senza vita e ossigeno. Nessun rumore si ode se non all’interno dell’astronave dove i due astronauti David Bowmann e Frank Poole portano avanti la missione sotto l’occhio robotico del calcolatore HAL 9000. Il tutto è una sensazionale rivisitazione dell’Odissea di Omero trasportata in un futuro sconosciuto per gli uomini degli anni sessanta; per noi ormai un’epoca lontana. Kubrick e la sua troupe seguono le leggi della fisica sconvolgendo completamente l’universo cinematografico, a quell’epoca ancora poco sviluppato nel campo della fantascienza.

Dopo 2001, il genere fantascientifico avrà nuova linfa vitale e tutto grazie a Kubrick e chi collaborò alla creazione del film.  Una storia che ha di antico e primordiale, unito alla consapevolezza di un umanità costretta ad evolversi ancora e a modernizzarsi. La credenza di forme aliene che abbiano aiutato l’umanità nella sua prima fase dell’evoluzione, è teoria riscontrata e tramandata in molte tribù e antiche civiltà del nostro pianeta. Kubrick si rifà a queste leggende, restando legato alle leggi della fisica che in quegli anni stavano venendo a galla. Include la teoria dei buchi neri e gli studi di Einstein, la ribellione delle macchine agli uomini e il passaggio da un universo all’altro.

Possiamo dire che il grande monolito che appare nel film, è un po’ come la gobba di Andreotti; una scatola nera che se si apre rischia di svelare segreti e concetti ancora inaccessibili alla razza umana. Il grande mistero della vita, della morte e della nostra intera esistenza.


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