Doomsday Clock #2 – Mr. Rorschach va a Gotham | Analisi

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Doomsday Clock” # 1 ha dimostrato che Geoff Johns e Gary Frank sono in grado di svolgere l’arduo compito di creare un sequel di “Watchmen,” la leggendaria saga nata dalla mente di Alan Moore e dalla matita di Dave Gibbons, senza in alcun modo intaccarne la perfezione. Il primo albo dell’evento, tuttavia, non offriva molte indicazioni su come l’Universo DC e i suoi eroi avrebbero contribuito allo svolgimento degli eventi narrati. Come Johns stesso annunciò al New York Comic Con: Doomsday Clock è molto più una continuazione diretta di Watchmen, è più di quanto i lettori possano aspettarsi.” Ma, anche se il secondo numero mantiene l’ottimo metodico ritmo del primo, il cammino che ci spiegherà i motivi dell’unione di due universi super-eroici diametralmente opposti, pare essere ancora piuttosto lungo.


[ALLERTA SPOILER: come per l’analisi del primo numero, anche questa, conterrà spoiler riguardanti Watchmen, un fumetto di circa trent’anni fa che, comunque, dovreste aver letto…]


[Per chi non lo sapesse “Mr. Rorschach va a Gotham” è una citazione al film “Mr. Smith va a Washington” di Frank Capra, altra cosa che dovreste conoscere]

Doomsday Clock

In questo albo, ancor più che nel precedente, capiamo quanto Johns e Frank siano in grado di padroneggiare il linguaggio visivo e l’iconografia di Watchmen. L’iconica griglia a nove riquadri, utilizzata per garantire ritmo e coordinazione alla narrazione, lascia comunque spazio a Frank per dare risalto ai momenti cruciali e catturare il patos di ogni scena nella sua completezza. L’attenzione all’interazione tra parole e immagini è qui curata da Johns e Frank, allo stesso modo in cui Moore e Gibbons fecero con la storia originale, tanto che, sono ben evidenti le frequenti giustapposizioni ironiche tra ciò che è scritto da Johns in una didascalia e a ciò che Frank rende nella vignetta di riferimento. Watchmen resiste alla prova del tempo (anche) perché è una storia che fa pieno uso del particolare taglio narrativo precedentemente descritto, senza mai cambiare, per evitare di “perdere qualcosa nella traduzione.” Doomsday Clock è una storia che riconosce e celebra questa peculiarità.

La storia inizia mostrandoci il perché dell’incarcerazione di “Marionette“e “Mime,” il che ci spiega anche la ragione per cui Ozymandias li ha reclutati…
Dopo una rocambolesca fuga, a bordo della navetta “Archimede,” i tre, accompagnati da Rorschach, si ritrovano in una Gotham City dove i cittadini sembrano amare Batman tanto quanto la folla inferocita amava i vigilanti mascherati dell’universo di provenienza degli esuli protagonisti di questo albo.
Oltre al revival di “Who Watches The Watchmen?” con protagonista il suo alter ego incappucciato, Bruce Wayne deve preoccuparsi anche della possibile acquisizione delle Wayne Enterprises da parte di Lex Luthor.

Tuttavia, la preoccupazione principale del villain più intelligente della terra sta per allontanarsi parecchio dagli interessi aziendali, dato che, qualcuno da un altro universo, sta per offrirgli un confronto intellettuale di tutto rispetto…

So cosa state pensando tutti: “Che fine ha fatto Rorschach?” Non è ovvio?

Ha pensato di fare una capatina nella tana del vigilante mascherato locale, così, tanto per farselo amico.

… già…

A parte lo stesso Gibbons, è difficile immaginare qualcuno che non sia Frank alle redini del comparto grafico di questo evento, con la sua particolare sensibilità narrativa, egli si allinea perfettamente con lo spirito del progetto. Frank è tra i disegnatori più precisi e dettagliati che lavorano nel settore, il che è ben visibile su ogni singola pagina di Doomsday Clock, che risultano pulite, ordinate e dal taglio cinematografico. Anche il suo lavoro sul viso e la gamma emotiva impressionano, in particolare in ogni scena che coinvolge gli amanti psicopatici Marionette e Mime.

Doomsday ClockLa caratterizzazione e il dialogo rimangono l’attenzione principale di Johns, egli dipinge un convincente ritratto di Ozymandias: un disperato, ma ben intenzionato, eroe che, cautamente, cerca di strappare una vittoria di qualche genere dalle fauci di un armageddon nucleare. Marionette e il suo ragazzo forniscono un gradito sollievo (per nulla fuori luogo) comico, riuscendo, nel contempo a dare profondità e pathos all’intera storia.

La decisione di ambientare questo racconto un anno prima dell’attuale linea temporale di “Rinascita” riporta inevitabilmente alla mente “One Year Later,” evento DC al quale lo stesso Johns aveva partecipato.
L’universo DC descritto da Johns comincia a riecheggiare del suono cinico e distruttivo proveniente da Watchmen. Per quanto l’intera saga di Rinascita sia volta a ridare speranza e meraviglia al DCU, Doomsday Clock sta tessendo una storia in cui il destino di due mondi diametralmente opposti è in bilico.

Va anche sottolineato come Johns e Frank stiano facendo buon uso del materiale  obbligatoriamente ereditato da Watchmen: I personaggi, in questo secondo numero, alludono a vari sviluppi politici e punti della trama dell’opera di riferimento, ma, piuttosto che rallentare la storia principale per riempire giustificare dettagli e minuzie di fondo, i due autori salvano tali informazioni per la fine dell’albo. Ciò permette ai lettori di scegliere d’ignorare i contenuti supplementari che, tuttavia, arricchiscono e migliorano la storia principale in modo piacevole.

In conclusione, anche in questo secondo albo, Doomsday Clock, con la sua lenta metodicità, coinvolge e tiene incollati i lettori fin all’ultima pagina. Geoff Johns e Gary Frank sono chiaramente determinati a sfruttare appieno le opportunità date da un crossover volto a incrociare l’universo DC con quello di Watchmen. Finora, Johns e Frank si sono affermati degni successori di Alan Moore e Dave Gibbons, rendendo Doomsday Clock un’opera in grado di onorare un vero classico, tracciando, nel contempo, il proprio percorso verso il futuro.

PS Preparatevi allo sconvolgente e inaspettato ritorno di un personaggio molto, molto importante…

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