A nove anni dall’adattamento de Il Grande Gatsby con Leonardo di Caprio, il cineasta australiano Baz Luhrman (Moulin Rouge, Romeo + Giulietta), torna all’attacco con Elvis, biopic atipico su una delle più iconiche figure della musica pop rock dello scorso secolo, Elvis Presley. Il musical delirante, psichedelico, ma anche profondo e commovente vede Austin Butler (C’era una volta a… Hollywood, I morti non muoiono) nei panni dell’eccentrico protagonista, in un ruolo già in odore di candidatura all’Oscar affiancato dall’eccezionale Tom Hanks, interprete del famoso manager Colonnello Parker. Un’impalcatura visiva e sensoriale che arriva al cinema a partire dal 22 giugno. Abbiamo visto il film in anteprima e questo è il nostro parere.

Rivisitata in chiave cinematografica, la storia di Elvis (Austin Butler) è vista attraverso il prisma della complicata relazione con l’enigmatico manager, il colonnello Tom Parker (Tom Hanks). Il film, come raccontato da Parker, approfondisce le complesse dinamiche tra i due nell’arco temporale di 20 anni dagli esordi alla fama di Presley, che raggiunse un livello di celebrità senza precedenti sullo sfondo di un panorama culturale in evoluzione che segna la perdita dell’innocenza in America. Al centro di questo viaggio, una delle persone più significative e influenti nella vita di Elvis, Priscilla Presley (Olivia DeJonge).

Delirante, eccessivo, eccentrico, caotico ma bello. Baz Luhrman torna alla regia e al tipo di film che l’hanno reso uno dei cineasti più particolari della sua generazione. Un’esplosione di camp, che dopo Romeo + Giulietta e Moulin Rouge si era affievolita e diluita con il meno riuscito Australia, tornando in parte con Il Grande Gatsby. Elvis, un biopic atipico, non incentrato sullo scorrere passivo del tempo ma sulle sensazioni, sulle emozioni che la musica e il personaggio, unico nel suo genere, hanno saputo trasmettere. Un orgasmo visivo e sensoriale che seppur imperfetto funziona in ogni sua parte. Lontano da Bohemian Rhapsody, più simile a Rocketman, Elvis è il primo biopic che mette in scena la vita del divo Presley nell’unico modo in cui poteva essere effettivamente rappresentata.

Luhrman torna alla regia che l’aveva consacrato, quella da videoclip, caratterizzata da un montaggio serrato, sequenze psichedeliche, inquadrature ribaltate e tanta, tanta personalità. Una cifra stilistica quella del regista di Moulin Rouge che non si vedeva da diverso tempo e che finalmente torna in pompa magna con questo biopic che ha molto di personale. Luhrman racconta la storia di Elvis Presley da un suo personale punto di vista, eccedendo nella messa in scena ma mai scadendo nel pettegolezzo o nel dettaglio scabroso. Rispettoso della vita privata quanto di quella pubblica, il film è una vera e propria celebrazione del mito dove non c’è spazio per inutili frivolezze.

Sono due le anime che vivono in Elvis, una visivamente più estrema, l’altra più intima e personale, anime che possono essere ricondotte sia al protagonista del film che allo stesso autore. Luhrman pur non avendo in mano una sceneggiatura particolarmente dettagliata o complessa, decide di raccontare il mito di Elvis attraverso immagini, suggestioni, suoni, creando un’esperienza visiva sospesa. Al fianco di una regia solida, riconoscibile e una messa in scena vibrante, subentrano le performance dei due protagonisti assoluti: Austin Butler e Tom Hanks. Il giovane attore americano classe 1991 che sarà presto in Dune: Parte 2 di Villeneuve, non aveva ancora mai ottenuto il ruolo consacrante che arriva senza alcun dubbio con la sua performance in Elvis, già in odore da candidatura all’Oscar. Butler balla, canta, interpreta Presley nel modo meno macchiettistico e caricaturale possibile, evitando sketch comici alla Saturday Night Live, donando al personaggio una sua personale interpretazione, rispettosa e mai prevaricante; un divo all’inizio misterioso che trova nella danza, nella musica e nella voce la sua massima espressione di libertà. Allo stesso tempo la sua controparte, il Colonnello Parker, figura austera, ombrosa, interpretata da un’irriconoscibile Tom Hanks. Un burattinaio che tenta di tenere unite le corde di un burattino che però ha una vita propria e che non ne vuole sapere di essere legato.

Elvis segna il ritorno in pompa magna di Buz Luhrman dopo nove anni dal suo ultimo lungometraggio. Un ritorno selvaggio e psichedelico che racconta la storia di uno dei divi più importanti del secolo scorso. Luhrman era probabilmente l’unico autore in grado di poter raccontare la storia di Presley nel modo più verosimile possibile seppur eccedendo. Luci, suoni, canzoni, costumi, regia, si fondono per dare origine ad una pellicola esaltante dove non c’è spazio per noia o monotonia. Una vera e propria parabola, il racconto di un mito che ancora oggi è vivo e continua a bruciare.


Elvis è diretto da Baz Luhrman e arriva al cinema a partire dal 22 giugno. Ecco il trailer italiano del film:

RASSEGNA PANORAMICA
Elvis
8
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Classe 1995, laureato in critica cinematografica, trascorro il tempo tra un film, una episodio di una serie tv e le pagine di un romanzo. Datemi un playlist anni '80, una storia di Stephen King e un film di Wes Anderson e sarò felice.
elvis-leccentrico-e-delirante-ritorno-di-baz-luhrman-recensioneElvis segna il ritorno in pompa magna di Buz Luhrman dopo nove anni dal suo ultimo lungometraggio. Un ritorno selvaggio e psichedelico che racconta la storia di uno dei divi più importanti del secolo scorso. Luhrman era probabilmente l’unico autore in gradi di poter raccontare la storia di Presley nel modo più verosimile possibile seppur eccedendo. Luci, suoni, canzoni, costumi, regia, si fondono per dare origine ad una pellicola esaltante dove non c’è spazio per noia o monotonia. Una vera e propria parabola, il racconto di un mito che ancora oggi è vivo e continua a bruciare.

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