[Esclusiva] Intervista a Michele Monteleone e Marco Matrone, autori di Senzombra

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Senzombra

Durante la scorsa edizione dell’ARF, grazie a Bao Publishing, abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Michele Monteleone e Marco Matrone, autori di Senzombra.


Ciao Michele, ciao Marco! Benvenuti su RedCapes! Innanzitutto, come state e come sta andando questo ARF?

Michele:Tutto a posto, grazie, giusto un po’ accaldati. Senzombra sta andando molto bene, quindi pare che il piano abbia funzionato: abbiamo pagato abbastanza gente per fingersi clienti.

Ne siamo molto felici! E’ una storia che piacerà a molti lettori, ma soprattutto a quelli nati negli ’90 rispetto a quelli più giovani. Era il vostro intento fin dall’inizio?

Michele: Abbiamo cercato di fare un libro che piacesse in primis a noi e che ci divertisse. Volevamo che fosse una lettura che potesse raggiungere un pubblico più vasto possibile, nel senso che noi ci vediamo dei riferimenti che un ragazzino non vedrà, e viceversa lui ne vedrà degli altri che noi non avremmo mai colto. Ho scoperto proprio oggi che, ad esempio, la cavalcatura di Yaman ricorda moltissimo un npc di League of Legends che vende gli equipaggiamenti. Abbiamo dei ragazzini che ci fanno da veri e propri “beta tester” ed è stato interessante ed emozionate vedrli identificarsi con Tristan, il protagonista di Senzombra. Dopo tutto l’adolescenza è una condizione universale, che appartenga al nostro passato al presente. E comunque io non riuscivo a cogliere tutte le citazioni musicali di Breakfast Club, ad esempio, ma il fatto che fossero dei ragazzini come me, con gli stessi problemi che avevo io, mi faceva amare le loro storie.

Marco: Ci sono degli archetipi che trascendono le generazioni, e ci sono quindi delle soluzioni narrative che funzionano sempre, a prescindere dal target. Come dice sempre Michele… anzi, mi sono ripromesso di non citare più Michele Monteleone (ridono, ndr).

Michele: Allora lo dico io: i ragazzini non sono degli adulti stupidi.

Raccontateci come vi siete conosciuti e di come, dal vostro incontro, è nata questa storia di eroi, mostri, magie, ma anche di crescita e anche un po’ di amore.

Marco: Sono stato contattato da Michele, ci eravamo conosciuti un po’ di tempo fa e lui ha pensato che il mio lavoro potesse essere pertinente che l’idea che voleva realizzare. Ci siamo trovati subito d’accordo su tutto, anche perché lui mi ha sedotto con alcune parole chiave a cui io non ho saputo resistere, raccontandomi di un fumetto a metà tra Last Man, Scott Pilgrim e il Kairos di Ulysses Malassagne.

Michele: Il collante primario è stato Facebook. Lo dico spesso anche ai giovani che portano il loro portfolio, perché se sono bravi e mi piacciono è molto probabile che li abbia già visti proprio scorrendo la mia bacheca. Essere attivi sui sociale e mettere in mostra il proprio lavoro è una cosa importantissima al giorno d’oggi, uno dei modi migliori per farsi notare.

Oltre a quelle che ci avete già citato, quali sono le altre influenze che hanno contribuito alla nascita di Senzombra?

Michele: Per quanto mi riguarda, si tratta di un misto di tutto ciò che mi piace. Oltre al già citato Last Man, c’è dentro anche Peter Pan e tutta la letteratura fantasy che va dagli anni ’40 ai ’70  e che mi ha accompagnato per tutta l’infanzia. Ma c’era anche l’idea di fare un fumetto dinamico, che somigliasse tanto all’animazione francese quanto agli shonen giapponesi.

Marco: Io penso che, soprattutto nell’animazione, ci siano dei lavori di sintesi molto funzionali, insiti nella necessità di dover raccontare per immagini, in particolare nelle scene più dinamiche. I Giapponesi hanno dovuto inventare dei sistemi per rendere le scene di azione che, applicate all’animazione, dovevano funzionare per forza, ed è come se fosse una “legge”: se una cosa funziona, è quasi automaticamente bella. Tutto questo lavoro fatto dall’animazione giapponese ha poi influenzato anche quella francese contemporanea e anche parte del fumetto occidentale in maniera probabilmente inconsapevole.

Michele: Mi ritrovo molto in questo discorso, a volte “funzionale” vuole davvero dire “bella”. Spesso infatti l’estrema e continua ricerca del bello invece ti riporta a qualcosa di troppo artificiale, mentre gli errori sono delle cose bellissime.

Marco: Alla fine, se ci pensiamo, la natura è bella proprio perché funziona. Facendo come dice Michele, si rischia di cadere nella decorazione, ed è una cosa di cui io ho un po’ paura, ed è anche il motivo per cui io disegno in maniera abbastanza “brutta” da funzionare.

Insieme al fumetto di Senzombra è uscito anche un gioco per pc. Domanda a bruciapelo: quanto avete totalizzato?

Marco: Io sono arrivato a 100, ma dopo diversi sforzi.

Michele: Nella versione beta, cosa che voglio che sia messa agli atti perché era più difficile visto che c’erano meno gemme e nessun tipo di bonus, sono arrivato a 150… a ripensarci, lo voglio io il disegno che abbiamo messo in palio al detentore del record!

Siete soddisfatti del successo che sta riscuotendo?

Michele: Dato che è uscito da poco, non abbiamo ancora molto il polso. La cosa che ci inorgoglisce molto è che dei nostri colleghi, in maniera totalmente spontanea, lo hanno comprato e ne hanno parlato bene. Mi ha fatto molto piacere anche che dei ragazzini lo comprassero, perché se gli piacerà saranno dei lettori che mi porterò avanti fino alla pensione.

C’è l’intenzione di sviluppare ulteriormente questo mondo?

Michele: Certo, abbiamo diverse idee non necessariamente legate ai protagonisti di Senzombra. Ci piacerebbe allargare questo universo, ma è ancora molto presto. Vediamo se quei ragazzini a cui lo abbiamo venduto tornano indietro per il seguito.

Tra la proposta di crowdfunding e l’effettiva pubblicazione è trascorso molto tempo. Come si è evoluto Senzombra in questo lasso di tempo?

Michele: Sono passati quasi due anni e il fumetto è cambiato tantissimo. L’idea iniziale era di un albo di 80 pagine in formato francese, ma quando poi è subentrata la BAO ho pensato ad un formato più piccolo (che premia di più il dinamismo) e ho voluto espandere la storia. Volevo parlare molto di più di questo mondo, autonomo dal suo protagonista. I personaggi sono rimasti praticamente identici, ad eccezione del villain, aveva un background quasi opposto a quello che poi abbiamo scelto.

Marco: Del fumetto mi ha sempre preoccupato, il riuscire a mantenere una certa coerenza stilistica dall’inizio alla fine. Mi sento un po’ eclettico, mi piace variare, e per questo avevo paura di “sgarrare”, ma credo di avercela  fatta, anche se alla fine lo avrei voluto rifare tutto da capo.

Michele, pur essendo un autore giovanissimo, hai già un discreto curriculum, avendo lavorato con diverse case editrici e scrivendo storie molto diverse fra loro in quanto a genere. Come ti approcci quando lavori ad un progetto, che sia esso tutto tuo, una collaborazione o una riscrittura?

Michele: Intanto, grazie per il giovanissimo (ride, ndr). Se avessi sempre carta bianca, scriverei sempre storie come Senzombra, ovvero storie fantasy di ragazzini. La differenza sta nel fatto che in questo caso le influenze sono state poche e meno invasive. Quando siamo stati affiancati a Francesco Savino di BAO, il nostro editor per  Senzombra, ci ha davvero spinto a farci domande che non ci saremmo mai posti da soli. È un rischio che si corre quando si guarda la storia tropppo da vicino. Lavorando su un proprio personaggio ne senti la voce, quando lavori su storie non tue al 100% è come se lavorassi sul figlio di qualcun altro, con tutto il timore reverenziale che ne consegue.

Ora stai collaborando con Wilder per Kersos, un fumetto che ha qualcosa del fumetto americano misto alla mitologia classica. Come ti trovi a lavorare per il mercato digitale, e, in questo caso, con sempre dei disegnatori diversi fra loro?

Michele: Io ritengo che il fumetto digitale sia la perfetta evoluzione di quello che era una volta il fumetto autoprodotto, anche se quest’ultimo continui a svolgere un ruolo importante nel mercato. Quando ho cominciato a fare fumetti miei, cercavo di farli arrivare a più persone possibile, di dargli un’anima fortemente popolare, cosa che solitamente non è la tipica “anima” del fumetto autoprodotto. Noi della Villain invece volevamo arrivare alla grande produzione perché, oltre a voler fare tantissimi soldi, eravamo interessati a intercettare il grande pubblico piuttosto che blandire una piccola nicchia di appassionati. Ai tempi, si doveva passare per forza dal formato cartaceo, con tutto ciò che questo comporta. Con il digitale si sono aperte un numero infinito di possibilità per gli aspiranti autori. Per quanto riguarda il lavorare con autori diversi, basta che dai un’occhiata all’ultima stagione di Orfani e ti renderai conto che ero preparatissimo.

Domanda di rito: si parla molto di come negli ultimi anni si sia evoluta la situazione del fumetto in Italia. Come la vedete dal vostro punto di vista, da quello di appassionati e da quello di addetti ai lavori?

Marco: Marco: Ovviamente, a me fa piacere. La grossa rivoluzione è l’essersi aperti anche alle librerie, e credo che di questo passo il fumetto arriverà sempre di più anche a chi di fumetti non ne ha mai letto uno, dando la possibilità di creare prodotti che siano anche più belli dal punto di vista puramente fisico, insomma un oggetto più bello. Senza nulla togliere ovviamente al fumetto da edicola, che fa parte della nostra tradizione e mantiene il suo fascino. Guardando alla Francia, è un mercato quasi unicamente da libreria, i suoi autori sono quasi come delle celebrità, ed è bello perché il fumetto è un media con grandi potenzialità ma che viene molto sottovalutato soprattutto qui da noi.

Michele: A me dispiace un po’ che ci sia sempre meno gente che compra fumetti in edicola e che siano poche le proposte per un pubblico giovane e nuovo in edicola. Come ti dicevo prima, l’intento primo di ogni autore è proprio quello di arrivare a più persone possibili facendo quello che più gli piace e l’edicola dovrebbe continuare ad essere uno dei mezzi di distribuzione più largamente popolare in Italia, ma deve tornare a conquistarsi i lettori da piccoli (come fa già egregiamente con Topolino) e provare a tenerseli da adolescenti per poi farli approdare su testate più mature come quelle della Bonelli. Anche a me piace molto come si sta evolvendo lo status della libreria e vedere tra gli scaffali prodotti super popolari e perfetti per un pubblico nuovo come Aqualung (di Jacopo Paliaga e French Carlomagno, BAO). Ci dimentichiamo sempre, tra l’altro, che in Italia ci sono moltissime fumetterie e che queste, oltre a vendere bene, continuano ad essere dei centri di aggregazione per gli appassionati.

Grazie ragazzi per il vostro tempo, vi auguriamo che Senzombra continui a riscuotere sempre più successo!

Michele/Marco: Grazie mille a te!