Dopo le prime due puntate di preparazione, arriva finalmente l’attesissima Battaglia di Grande Inverno, un momento che gli sceneggiatori di Game of Thrones hanno preparato sin dall’episodio pilota. L’ottava ed ultima stagione dello show tratto dai romanzi di George R.R. Martin entra finalmente nel vivo mettendo di fronte l’esercito del nord, guidato da Jon Snow e Daenerys, contro le orde di non-morti del Re della Notte.
Gli uomini di Jon Snow (Kit Harington) e Daenerys (Emilia Clarke) si stanno preparando in attesa della battaglia per la sopravvivenza che inizierà di lì a poco; nel mentre Tyrion (Peter Dinklage) si dirige nella cripta con gli altri inermi cittadini del nord e la gente della Regina del Drago che non può combattere. Il piano degli esseri umani è semplice, resistere fino a quando il Re della notte non si paleserà, ridurre la battaglia a draghi contro drago e, con Bran come esca, allontanarlo dalla battaglia senza i suoi Estranei. Quando però la battaglia entrerà nel vivo qualsiasi possibile piano andrà in malora e tutto si trasformerà in una disperata lotta per la sopravvivenza.
La puntata presentava una quantità spropositata di personaggi, tutti riuniti nelle aree dentro ed intorno a Grande Inverno: riuscire dunque a gestire tutte le storyline dei singoli personaggi e, sopratutto, riuscire a dare ad alcuni i send off che meritavano era assai difficile, eppure David Benioff e D.B. Weiss ce l’hanno fatta. Ogni personaggio, da Jon ad Arya (Maisie Williams), passando per Jaime (Nikolaj Coster-Waldau) e Jorah (Iain Glen) ha il proprio ruolo all’interno di una puntata piena di avvenimenti e scene spettacolari; Il lavoro degli sceneggiatori è solo parte del grande affresco che è questa puntata: grazie alla cooperazione e all’accettazione del loro status di riluttanti eroi, molti dei personaggi che vediamo combattere al fianco di Jon, Dany e degli altri fanno si che la puntata sappia effettivamente di guerra per la sopravvivenza, si sente che la posta in gioco è tremendamente alta e che i sacrifici lo saranno altrettanto.
Tutto quello che passa sullo schermo non è solo fan service come era stata invece buona parte della settima stagione, ma è quello che ci si aspettava senza mai essere scontato. Ci sono lunghissime scene che staccano dalla battaglia per concentrarsi sui personaggi e sulla disperata resistenza che stanno opponendo ai morti. Il continuo cambio di tono da fantasy epico a survival horror è decisamente inaspettato ma gradito, fa in modo di non rendere per nulla poco interessante la battaglia, ma anzi gli dà una svolta che permette non solo di stringere le briglie di un lungo assedio sfiancante sia per lo spettatore che per i personaggi, ma anche perché mostra tutto l’incredibile lavoro dietro alla costruzione dei set fatto in questa puntata. La ciliegina sulla torta viene aggiunta dalla regia di Michael Sapochnik, già regista di episodi come “Hardhome” oppure come “Battle of The Bastards”, già dimostrazione di come era capace di gestire bene elementi come il fantasy e l’horror claustrofobico in campo aperto in solo un’ora di spettacolare televisione. Sono inevitabili le citazioni della serie proprio agli eventi delle puntate sopracitate che, essendo dirette da Sapochnik, servivano anche a preparare il terreno ed affinare il suo stile per questa puntata, decisamente enorme.
Era molto difficile riuscire a rendere epica una battaglia che già nell’immaginario degli spettatori lo era ben di più di qualsiasi cosa si potesse fare in televisione, fino ad ora. Infatti, la battaglia per Grande Inverno non è solo un culmine di storie, ma è anche un’ora e mezza di televisione spettacolare, dove spade, fiamme e tensione regnano supremi e non fanno sentire allo spettatore di star guardando da almeno una buona ora una lunghissima ed estenuante battaglia. Game of Thrones con questa puntata non solo consegna un’ora e mezza di spettacolo, ma alza l’asticella per qualsiasi fantasy possa andare in televisione nel futuro: come ci si aspettava, dunque, “The Long Night” è sia un piccolo gioiello fantasy che un claustrofobico horror in spazio aperto che non fa assolutamente rimpiangere tutta l’attesa.