Green Book di Peter Farrelly – Una (Vera) Storia di Contrasti | Recensione

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Esce oggi nelle sale Italiane Green Book, film di Peter Farrelly con Viggo Mortensen e Mahershala Ali. Il film, presentato al Toronto International Film Festival, è stato immediatamente un successo di pubblico e critica, vincendo l’edizione 2018 del People’s Choice Award e ottenendo ben 5 candidature agli Oscar, tra cui quella a Miglior Film.

Il film si apre nel 1962 con Tony “Lip” Vallelonga, un italoamericano tanto squattrinato quanto rozzo, che si deve trovare un impiego temporaneo in attesa della ristrutturazione del locale in cui fa il buttafuori. Un giorno Tony viene convocato per un colloquio come chauffeur e bodyguard per il talentuoso Don Shirley, un facoltoso pianista di colore dai modi distinti. Inizialmente i due non legano, ma riconoscono di aver bisogno l’uno dell’altro. Tony accetta dunque il lavoro e dovrà scortare Don per un tour di varie tappe nel profondo sud degli Stati Uniti. Una delle mansioni di Tony è quella di controllare il “Green Book” (che da il titolo al film), dove sono indicati alberghi e ristoranti dove si accettano persone di colore. Infatti, nonostante ai concerti Don sia riverito come una vera e propria star, viene comunque vessato e schernito a causa del colore della sua pelle. Nonostante le differenze e gli iniziali contrasti, tra Don Shirley e Tony Lip si instaurerà una forte amicizia.

La cosa più particolare di Green Book, che lo rende da un certo punto di vista molto simile a BlackKklansman di Spike Lee, è il fatto di affrontare due generi normalmente distanti come la commedia ed il drammatico, senza che l’una tolga spazio all’altra. Il film risulta estremamente scorrevole e leggero come si conviene una commedia, ma al contempo presenta situazioni pesanti e profondamente empatiche, tipiche del genere drammatico. Questa coesione può esistere solo in misura di un’ottima scrittura situazionale che non ha paura di far scambiare i ruoli ai due valori del film: le battute fanno ridere nella dimensione che questo film sia un drammatico, come viceversa riusciamo ad empatizzare con personaggi e situazioni grazie alla componente di commedia della pellicola.

Altro elemento dannatamente forte della sceneggiatura del film è la scrittura dei due personaggi principali: durante il film si può vedere chiaramente la loro l’evoluzione e l’impatto che l’uno ha sull’altro, arrivando sempre di più a mostrare quella che sembra davvero una genuina amicizia, fatta di sano rispetto reciproco ed immortalata sapientemente sulla pellicola. Testimone di questo é la durata del film, due ore e dieci minuti che scorrono come acqua a partire dal momento in cui i due personaggi condividono la scena.

Per mostrare tutto questo è necessario un altro elemento: una ottima recitazione da parte di tutti i membri del cast, soprattutto da parte dei protagonisti, e una visione d’insieme ben mirata. Per questo motivo la regia di Peter Farrelly si è concentrata non su elaborati movimenti di camera o inquadrature particolari, bensì preferisce utilizzare una regia più intima, a tratti invisibile, che però segue tutti gli attori, in modo da esaltare maggiormente il potente senso di umanità che domina in tutta la pellicola. Quand’è che il merito di una buona recitazione è di un attore? Quando riesce a realizzare un’interpretazione di gran lunga superiore alla media, facendo suo il personaggio, rendendolo vivo. Quand’è che il merito di una buona recitazione va al regista? Quando riesce ad elevare tutti gli altri attori ad un livello simile a quello dell’attore sopraccitato. Ovviamente ora stiamo parlando dei comprimari, ma sia Viggo Mortensen che Mahershala Ali hanno portato sullo schermo non solo l’immagine di quei due personaggi, ma anche la loro essenza, la loro umanità.

La fotografia regala più volte piccole magie, come le impercettibili lacrime dentro gli occhi di Don, squarci del paesaggio e delle ambientazioni che hanno il gusto del passato misto alla bellezza di oggi, ottimi contrasti e fini giochi di luce che, come la regia, potrebbero passare inosservati, ma sono lì per lo spettatore più accorto.

Ed  infine la colonna sonora, in questo caso la ciliegina su una torta buonissima. Funziona e funziona anche molto bene, riuscendo ad adattarsi e valorizzare grandemente i due generi del film, riuscendo ad avere una personalità diegetica: Quando Don suona per i ricchi e facoltosi bianchi, la musica è stupenda ma sembra “distaccata”, mentre, senza fare spoiler, vi è un momento dove Don vuole davvero suonare qualcosa per qualcuno di importante per lui ed in quel momento la musica riesce ad investire lo spettatore con un turbinio di emozioni pazzesco.

Green Book é un film biografico che, come il fratello BlackKklansman, riesce a raccontare una storia dai forti elementi drammatici con simpatia e disinvoltura, regalando allo spettatore emozioni contrastanti ed un gran senso di calore alla fine del film, il tutto supportato da un comparto tecnico di tutto rispetto.