Il Corriere – The Mule di Clint Eastwood | Recensione

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Il Corriere The Mule

In questa ultima opera (la 37esima per precisione) di un regista leggendario e uno dei più grandi autori contemporanei e non, Clint Eastwood decide nuovamente, a distanza di 10 anni, di auto-dirigersi dopo uno dei suoi film più belli, Gran Torino, e lo fa prendendo una sceneggiatura scritta da Nick Schenk, anche lui padre del film appena citato. Eastwood lavora totalmente su sé stesso e sul suo personaggio, Earl Stone, 90enne che dopo aver perso la sua attività e la casa accetta di lavorare come trasportatore, ignaro però di essere entrato nel giro di distribuzione di droga di un cartello messicano, facendo, come suggerisce il titolo, Il Corriere o, nell’accezione americana, “il mulo”.

Eastwood è presente in tutta la durata del film, e anche quando non è in scena si sente profondamente la sua presenza o si aspetta il suo ritorno (in tutto ciò pensare che questo potrà forse essere davvero il suo testamento da attore e forse anche da regista, fa scendere una lacrima sul volto). Earl é esattamente l’opposto del personaggio che aveva interpretato in Gran Torino sebbene abbiano in comune il fatto di essere un pessimo padre di famiglia, anche se in questo film, rispetto al precedente, il rapporto con essa sarà molto meglio centrato e strutturato. Molto differente anche il suo modo di esprimersi, se nel precedessore il personaggio creava ilarità perché aveva un modo burbero e acido con tutti, in questo abbiamo dei momenti leggeri e divertenti: il suo rapporto con internet ad esempio, o con i messaggi sul telefono e con i spacciatori di cui all’ inizio ha timore e con il passare delle “corse” riuscirà ad avere un rapporto più umano riuscendo ad empatizzare con tutti loro (tra cui spicca un magnifico Andy Garcia nel ruolo della vita).

Eastwood si aggiorna e offre al pubblico un film moderno che continua un ciclo iniziato da American Sniper, proseguito con Sully e Ore 15:17 Attacco al Treno, prende anche attori di richiamo come Michael Pena e Taissa Farmiga, e vecchie conoscenze che erano appunto già state viste in opere precedenti del regista come Laurence Fishburne o Bradley Cooper, ed è proprio con lui che Clint ha un rapporto davvero ben scritto, i dialoghi che si consumano sono da incorniciare. Si spera vivamente di poter rivedere nuovamente Bradley Cooper in un suo film, perché con lui esce davvero benissimo e dimostra ogni volta di essere un attore con stoffa da vendere.

E’ difficile comunque che gli attori con lui come regista recitino male, se poi la moglie del protagonista la interpreta una grande attrice come Dianne Wiest allora non possiamo che applaudire: la loro sinergia è perfetta, oltre che dolce il loro rapporto è anche ironico e delicato tutti i momenti in cui la moglie e Earl stanno insieme, fino a culminare nella più struggente delle scene – la scena nel letto –  che varrebbe la carriera di un regista qualunque.

Potremmo parlare ancora pagine e pagine di come Eastwood a 88 anni suonati interpreti questo vecchio in maniera sublime, sia da come lo fa respirare quando ha paura a quando cammina piano in modo incerto, ma voglio fargli i complimenti per aver messo in piedi un lavoro che sembra impossibile per un uomo della sua età, visto che tutto in questo film è davvero di qualità, dal montaggio alla musica fino a passare alla fotografia, stavolta non nelle mani del solito Tom Stern, con cui collabora da 17 anni, ma da Yves Bélanger, comunque davvero ben curata.

Chiudo citando 2 frasi che mi hanno molto colpito di questo stupendo film ovvero :

“Sei solo sbocciato tardi”

“Volevo comprare tutto tranne il tempo”.

A queste frasi posso solo che rispondere che no Clint, non sei affatto sbocciato tardi, e , vorrei potertelo regalare io del tempo per poterci donare film ancora così magnifici.