Ultimo giorno di Lucca Comics and Games, l’evento è ormai agli sgoccioli (letteralmente), e i padiglioni si svuotano poco alla volta. Lorenzo Palloni e Vittoria Macioci sono tra gli ultimi autori che stanno dedicando allo stand Saldapress Desolation Club, il loro fumetto che l’editore ha portato in anteprima proprio durante la fiera. Dietro le quinte dello stand Salda e con una birra alla mano, incontriamo prima Lorenzo, un autentico vulcano di idee e pensieri, e poi Vittoria, giovane promessa di cui sentiremo sicuramente parlare ancora in futuro.
Ciao Lorenzo, e benvenuto su RedCapes. Ultimo giorno di Lucca, bilancio della fiera?
Ciao! Tutto molto bene, ho ancora qualche impegno da Mammaiuto per Rusty Dog e poi remi in barca e torniamo a casa!
Sei fresco fresco di un altro premio Boscarato, quindi complimenti! Parlando proprio della Lupa, il fumetto che ti ha fatto vincere questo secondo premio, si tratta dio un titolo che è stato pubblicato prima in rete, poi in un’edizione fisica, e poi “ristampato” da Saldapress.
Esatto. Come per tutti i titoli Mammaiuto, è stato dapprima pubblicato gratuitamente su internet con il titolo Esatto, e ne abbiamo poi stampato 200 copie. Ho proposto il titolo a Sarbacane, il mio editore francese, che ha accettato di stamparlo, ma colori. Ho chiesto dunque ad un mio amico, Luca Lenci, di aiutarmi. A questo punto, visto che la richiesta era tanta, è arrivata la collaborazione con Saldapress, uscendo con il titolo che ha oggi, La Lupa.
Perché questo cambiamento?
Per una ragione editoriale. E’ lo stesso libro, la stessa storia. Il lavoro di Saldapress, che gli ha dato una nuova identità, è stato determinante anche per i riconoscimenti che sono arrivati. Tutte queste cose non hanno tolto nulla a quello che ho voluto raccontare con questa storia, ma allo stesso tempo la hanno cambiata. Sentivo il bisogno di raccontare una situazione che vedo sempre pèiù frequente in questo paese, vedendo persone che perdono ogni tipo di sensibilità nel momento in cui guardano al di fuori del loro giardino. L’ho fatto sotto forma di un noir, genere che mi piace molto, scegliendo il quartiere di Saione di Arezzo.
Hai già toccato un punto su cui avrei voluto soffermarmi, parlando della città, ci torniamo dopo. Leggendo il fumetto, la prima cosa che colpisce è sicuramente la struttura della tavole, con griglie 9×9. Perché questa soluzione?
Inizialmente, Esatto era un titolo destinato solo alla rete, quindi ho cercato un soluzione grafica che fosse il più funzionale possibile. Volevo che ogni singola vignetta della vita di Ginger avesse lo stesso peso, da quelle in cui abbraccia suo figlio a quelle in cui picchia un uomo per riavere indietro i suoi soldi. Doveva esprimere al meglio la sua quotidianità. Questo mi ha permesso di sfogare degli stimoli narrativi.
Mi viene subito in mente il capitolo suddiviso in tre colonne.
Esattamente. Mi annoio come pochi, quindi devo sempre trovare degli escamotage per tenere attivo. Volevo mantenere la stessa scansione, ma giocando con la scansione temporale, raccontando il prima, il durante e il dopo della situazione che si sta svolgendo.
E’ probabilmente il mio capitolo preferito, è come un puzzle, che costruisci poco alla volta. In generale, sebbene sia una storia romanzata, è molto vera, cruda. La cosa che colpisce di più è che la protagonista stessa e quello che fa.
Volevo proprio abbattere questo confine sessuale: non per forza un uomo prova sentimenti diversi da una donna, o che abbiano una forza fisica differente. Conta l’empatia che uno sviluppa, come diventa nel corso della sua vita. Non ho esempi di vita così forti a parte mia madre, molto presente e responsabile per la sua famiglia (che preciso, fa la maestra, non va in giro a picchiare la gente), e per questo ci sono anche delle piccole parti biografiche, mescolate a tutto il resto della storia.
Perché dunque raccontare una storia così forte?
Mi capita di trovare dei concetti che penso siano interessanti da poter raccontare in una storia, e poi, come se fossero dei magneti, questi attirano altre idee, ma non so nemmeno io come e perché. Scelgo poi un genere che mi diverta e che possa funzionare bene con la storia. La cosa divertente è che, inizialmente, volevo proporre ad altri disegnatori di lavorare alla Lupa, ma non ho trovato nessuno, e posso dire che è stato un bene perché mi sono divertito davvero molto. La carta è come una telecamera: più ti diverti nel disegnare, più quello che vuoi raccontare arriva ai lettori. Lo stesso Instanty, che ho fatto con Martoz, ha avuto lo stesso successo, proprio perché ci siamo divertiti davvero molto insieme.
Ginger è un personaggio molto affascinante. Fa delle cose orribili, tremende, e alla sera riesce comunque ad abbracciare suo figlio, fino al punto in cui però si spezza. Oltre a lei però, mi sono reso conto che non solo lei, non solo il cast di personaggi che le ruotano intorno, ma la stessa città è una figura importante della storia. Ti dico la verità, il titolo mi ha ricollegato immediatamente a Roma.
E’ tutto ambientato ad Arezzo, nel quartiere di Saione, che, sebbene ormai io viva a La Spezia, è casa mia. E’ uno dei quartieri più malfamati della città, in cui accadevano cose di ogni genere. Non ho mai avuto un’infanzia travagliata, però frequentavo ambienti particolari, in cui accadevano cose del genere. Probabilmente, è proprio per questo che amo così tanto il noir.
Sono anche dei posti che ti spingono in qualche modo ad emergere di più, cercando di farti strada da solo.
Esatto. Non è comunque il mio caso, perché benchè arrivi da una famiglia niente affatto abbiente, ho sempre avuto il sostegno dei miei genitori, e sono riuscito grazie a questo a fare il lavoro dei miei sogni. Non è tanto una questione di sopravvivenza, almeno per me, ma ho sempre vissuto avendo sotto i miei occhi delle situazioni difficili, che mi sono anche servite come esempi di vita da non prendere.
Parlando invece di Desolation Club, nuovo titolo che hai pubblicato sempre con Saldapress, sebbene si tratti di qualcosa di molto diverso da La Lupa, ho colto un messaggio molto simile. Visto che uscirà a breve, ti chiederei innanzitutto di parlarcene.
Grazie mille. E’ la storia, divisa in due atti, di un gruppo di cinque ragazzi che vivono in un mondo appunto desolato. Nel nostro presente, ad un certo punto la gravità viene a mancare. 500 anni nel futuro, in una piccola città che è stata costruita sottoterra, la società è in qualche modo rimasta uguale alla nostra, forse più estremizzata. Ho sempre raccontato storie per adulti, e ad un certo punto ho voluto invece provare a scrivere quello che provavo io da adolescente, oppresso da scuola, società, religione. Ho utilizzato come espediente proprio la mancanza della gravità, chiedendomi cosa potrebbe fare un gruppo di giovani adolescenti se venissero sciolti da questi legami, dalle leggi alla famiglia, fino alla forza di gravità. Questi ragazzi non sanno nemmeno dove stanno andando, proprio come diceva Kerouac in Sulla Strada. Questo è solo l’incipit, nel secondo capitolo, potrà essere banale, ma ognuno proverà a cercare la propria strada, anche se sarà più importante il viaggio rispetto all’obbiettivo da raggiungere. In generale, mi sono chiesto come potessero svilupparsi in un mondo del genere.
Nel primo ci avete dunque presentato i personaggi, la società opprimente in cui vivono, quasi fascista e non molto diversa dalla nostra, tra l’altro, e questo bisogno di fuggire che li spinge appunto ad evadere da essa. Cosa li aspetta dunque?
Il secondo volume avrà molta più azione. Dopo aver presentato il tutto, ci sarà una crescita per loro in seguito alla conclusione molto forte del primo atto. Si troveranno a dover attraversare un oceano senza più acqua, ad incontrare delle strane creature. Secondo me, sarà un capitolo più bello rispetto al precedente, ma estremamente legato ad esso, quindi leggetelo! (ride, ndr).
Non ti nascondo che questi protagonisti mi hanno ricordato non poco il giovane Naruto.
E io ti confesso che non ho mai letto Naruto. So solo che corre con le braccia dietro la schiena!
Fondamentalmente, è anche lui un giovane che si ritrova escluso da una società che non lo accetta, e dunque fa il buffone per farsi accettare. Uno spirito quasi punk, andando contro le regole e cercando di fottere il sistema. Sarai anche tu forse un po’ punk?
Assolutamente no. Certo, ci sono delle cose che mi infastidiscono e non lo tengo per me. Mi sta sul cazzo la chiesa, per questo metto le bestemmie, ho delle idee sulla nostra società che non sono per niente in linea con quella attuale, e credo che ad un certo punto qualcosa cambierà radicalmente, perché non so quanto potremo andare avanti così, stiamo arrivando al limite. Ci sono dei personaggi controversi, come Trump o Bolsonaro, che stanno crescendo sempre di più, e per me questo è un segnale che stia per arrivare qualcosa che ci costringerà a cambiare. Le storie, ma anche i film e i fumetti stessi, non potranno certamente salvarci, ma potrebbero darci un altro punto di vista su cui riflettere.
La disegnatrice di Desolation Club è Vittoria Macioci, giovanissima fumettista, che arriva dalla scuola francese, qui alla sua prima effettiva esperienza, giusto?
Esatto. La piccola elfetta di m***a (ride, ndr). Vittoria arriva da una scuola del fumetto di Lione, ha avuto come insegnante tra l’altro Lewis Trondheim. L’ho scoperta grazie ad una amica francese che me l’ha segnalata. Dopo una serata parecchio alcolica, mi sono deciso a proporle questo soggetto allucinato che pensavo fosse perfetto illustrato da lei. L’idea le è piaciuta molto, e abbiamo chiuso un contratto sempre con Sarbacane in Francia, e con Saldapress in Italia. Sebbene il primo capitolo sia uscito prima Italia rispetto alla Francia, il secondo uscirà con l’editore francese verso Gennaio per una questione editoriale. Qui arriverà in primavera, Marzo o Aprile, magari in anteprima al Comicon o a Romics.
Preparando l’intervista, mi sono informato su tutta la tua produzione, e sono rimasto molto colpito dalla quantità e dalla varietà di genere dei tuoi lavori. Basti pensare a quanto siano diversi fra loro Mooned, La Lupa e Desolation Club. Che tipo di approccio hai quindi?
Mi piace che si percepisca sin da subito la struttura della storia, e mi rendo conto che questo può essere anche un limite. Mi rendo anche conto che alle volte i lettori percepiscono una certa freddezza, ed è per questo che ho bisogno di disegnatori come Martoz o Vittoria, artisti che riescano ad andare oltre ai miei paraocchi. Io provo un bisogno quasi viscerale di raccontare e scrivere. Al momento, ho in cantiere 20 progetti che non hanno ancora un editore. Di alcuni ho anche delle tavole di prova già pronte, e tutti di generi diversi fra loro, fantasy, horror, noir. Come ti dicevo, mi annoio davvero molto facilmente, e per questo ho davvero bisogno di essere sempre al lavoro. Cerco sempre di variare appunto genere, approccio, personaggi, collaboro sempre con artisti diversi, e l’unica eccezione è Martoz con cui ho fatto più libri. Ti posso dire in anteprima che il mio prossimo libro, Terra Nera, sarà un noir ancora più assurdo, dovrebbe uscire in tempo per il Comicon di Napoli e sarà pubblicato da Feltrinelli. Non riesco a fermarmi, insomma. Scrivere non è solo un lavoro per me, è anche il mio solo ed unico hobby. Quando lavoro, faccio fumetti, quando mi rilasso, faccio fumetti. Entro 13 mesi, dovrò preparare 500 pagine. In più, insegno sceneggiatura e storytelling in due scuole. Ho la fortuna di avere ancora molta energia, probabilmente quando avrò 40 anni mi sparerò in testa. Lavoro molto istintivamente, e penso che, quando fai una cosa come fare fumetti in maniera così naturale, non devi organizzarti, non so se mi spiego. E’ molto complesso spiegare questo mio bisogno.
Immagino! Tra l’altro, so che stai scrivendo anche dei libri. Non riesco davvero a capacitarmi di come tu ci riesca, te lo dico sinceramente.
Confermo. Parlando di fumetti, se devo lavorare con qualcuno, mi adeguo ai suoi ritimi e al suo stile in base anche alle scadenze. Ultimamente, sempre per farti capire come lavoro e cosa faccio, ho messo da parte tutto perché sto collaborando con l’Università degli Studi di Siena che ha scoperto quanto il fumetto possa essere funzionale per spiegare le ricerche, e sono letteralmente impazziti! Detto candidamente, ci sono molti più soldi nel lato della ricerca a livello europeo rispetto a quello dell’editoria, quindi mi conviene anche molto di più parlare di un fumetto di supereroi che spiegano la scienza. In generale quindi mi adagio molto sulle necessità di chi collabora con me, in primis per Mammaiuto, la mia famiglia dei fumetti.
E’ stato un grandissimo piacere questa chiacchierata, Lorenzo, e mi ha fatto molto piacere poterti conoscere. Aspettiamo dunque Terra Nera!
Grazie mille a te! Spero che piaccia, ma tanto è disegnato da Martoz, che disegna malissimo, quindi non lo comprate! (ride, ndr).
Ciao Vittoria! Abbiamo parlato prima con Lorenzo di Desolation Club. Puoi darci il tuo punto di vista?
Mi è piaciuto sin da subito il soggetto, l’idea di sfruttare la sparizione della gravità per poter parlare del disagio giovanile. E’ un tema che abbiamo visto trattato per esempio da tantissimi film degli anni ’80, come Stand by Me, I Goonies. Il passaggio all’età adulto e tutte le responsabilità che ne conseguono. I personaggi di Lorenzo mi hanno colpito molto, erano tutti diversi dai clichè già esistenti di ragazzini che intraprendono un’avventura, ho pensato che potessero dire molto di più.
Quando mi sono approcciato alla lettura, ho molto superficialmente pensato ad una storia molto leggera, trovandomi invece davanti ad una storia che tratta delle tematiche molto attuali ed importanti. Dal punto di vista grafico, mi ha colpito molto il design di alcuni dei personaggi, che sembrano essere stati letteralmente mutati dalla scomparsa della gravità.
Ci sono tantissimi dettagli del genere, e che non vengono spiegati, perciò mi fa piacere che vengano notati. Lorenzo riesce a darti talmente tanta libertà da farti sentire davvero parte di questa storia, l’ho sentita davvero mia. Questo mi ha permesso dunque di rivisitare e rielaborare molte sue idee, potendo quindi lavorare molto su questo mondo senza doverci soffermare a spiegare troppo. Ci siamo fatti molte domande su come una società avrebbe potuto rialzarsi dopo una catastrofe del genere, finendo inevitabilmente con il diventare più chiuse ed oppressive per conservarsi. Ad esempio, vige ancora una legge del taglione che non guarda in faccia a nessuno. Mi sono anche chiesta come avrebbe potuto evolversi una società sviluppatasi sotto terra: i suoi abitanti sono dunque diventati quasi albini e dalla pelle chiarissima, non essendo più esposta alla luce del sole. In maniera molto poco scientifica, ho pensato anche che, vivendo in ambienti così umidi, le articolazioni potessero gonfiarsi, i capelli potessero diventare più crespo o afro, persino che i loro geni potessero fondersi con quelli di animali che solitamente abitano le profondità.
Come e quando hai capito che il fumetto sarebbe diventata la tua ragione di vivere?
Molto presto in realtà, ho sempre pensato che avrei voluto fare la fumettista. Addirittura, ho disegnato una trasposizione a fumetti del primo Monkey Island quando ero molto piccola.
So che hai frequentato anche una scuola francese del fumetto.
Esatto. Ho trascorso molti anni in Francia e ho frequentato prima una scuola di animazione, ma dato che non si disegnava, ho cambiato, arrivando alla Ecole Emile Cohl di Lione, dove mi sono diplomata e dove ho frequentato le lezioni di Lewis Trondheim, dei fratelli Olivier e Jerome Jouvray, e di Florence Dupre La Tour.
Come è stato passare al mercato italiano?
In realtà, essendo questo il mio primo fumetto a tutti gli effetti, non ho risentito affatto della cosa. Avevo già cominciato a lavorarci dalla Francia, quindi ci ho messo un po’ di tempo sia perché dovevo capire proprio come approcciarmi a questo lavoro, e anche perché ho traslocato nel mentre.
Cosa ti ha insegnato questo impegno per Desolation Club?
Innanzitutto, ho imparato a gestirmi su un progetto di qualcun altro, e poi anche a lavorare su un fumetto più lungo rispetto a quelli che ho sempre fatto, molto più corti. Questo ti obbliga ad una coerenza nello stile, ad avere un occhio molto ampio quindi. Mi piacerebbe molto prima o poi scrivere io stessa, quindi lavorare con Lorenzo mi ha insegnato molto.
Cosa ti ha colpito di più del suo modo di raccontare?
La sua velocità e la naturalezza con cui scrive, è qualcosa di incredibile. Spesso, lo sento dire che non gli piace come disegna, ma penso che il suo stile racconti perfettamente la sua personalità: un ragazzo che è sempre stato affascinato dal fumetto americano più classico, uno stile nervoso reso tale proprio dal suo bisogno di raccontare. E’ un iperattivo, scrive sempre ed ovunque.
Cosa puoi dirci tu del prossimo capitolo di Desolation Club?
Ci sarà da piangere, preparatevi. Dal punto di vista artistico, già disconosco il primo volume, ma devo ammettere che sono più affezionata al secondo capitolo. Ci sarà più azione, vero, ma ci sarà anche più spazio per l’evoluzione di personaggi, si creeranno nuovi legami, o forse no, mentre nel primo avevamo bisogno di dare importanza al world building.
Grazie mille Vittoria! Ci vediamo sulle pagine di Desolation Club 2!
Grazie mille!