Intervista a Milo Manara – Seguendo le ombre di Caravaggio | Speciale

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Milo Manara

Lo scorso 26 Febbraio, nella suggestiva cornice della Pinacoteca di Brera, abbiamo avuto la possibilità di presenziare alla conferenza stampa del volume Caravaggio: La Grazia, secondo tassello dell’opera del Maestro Milo Manara riguardante la vita di Michelangelo Merisi. Dopo un’interessante conferenza stampa introdotta da James M. Bradburne, direttore della Pinacoteca, il quale più volte ha sottolineato il valore artistico e culturale del fumetto, abbiamo avuto il privilegio di intervistare il Maestro Manara in persona. Ecco cosa ci ha detto.


Un caloroso benvenuto al Maestro Milo Manara sulle pagine di RedCapes! Per noi è un gradissimo privilegio poter parlare con lei della sua arte.

Buongiorno a voi, grazie per l’ospitalità.

Dalla presentazione è palese il suo amore per Caravaggio e la sua arte: si ricorda quale è stato il suo “primo incontro” con quest’artista rivoluzionario del Rinascimento italiano e non solo?

Il primo incontro è avvenuto senza neanche sapere che si trattasse di Caravaggio: ricordo di essermi imbattuto in un illustrazione su un libro di catechismo, rappresentante la Crocefissione di San Pietro di Caravaggio. L’immagine mi impressionò per il realismo della sua rappresentazione, quasi fotografica. In seguito scoprì che si trattasse di Caravaggio e mi documentai su questo grande artista. Il caso poi ha voluto che all’esame di maturità mi chiedessero proprio Caravaggio (ride). Credo che ogni artista sia innamorato di Caravaggio per l’elemento narrativo delle sue opere.

Ritornando a ciò che ha detto durante la conferenza stampa, dietro le due opere di Caravaggio c’è stato un grande e oculato lavoro di ricerca bibliografica. Ha mai avuto delle difficoltà nel reperire il materiale? Magari trovando qualche pregiudizio in quanto, più che per la realizzazione di un libro o un saggio, lei stava realizzando un fumetto?

È successo anche questo (ride). Innanzitutto devo dire di essere stato molto fortunato perché ho potuto avvalermi di documenti molto recenti, in particolar modo quelli del professor Sciberras dell’Università di Malta riguardanti un episodio cruciale della vita di Caravaggio avvenuto a Malta. Ora proprio Sciberras, per qualche pregiudizio suo nei confronti dei fumetti, non è stato “generosissimo” (ride). L’ho contattato diverse volte, esponendogli il progetto, ma ha risposto solo alla prima delle mail da me inviate. Ovviamente io devo ringraziarlo per il tempo concessomi e, grazie ai documenti pubblicati, sono comunque riuscito nel mio intento.

Questa più che una domanda è una mia curiosità: lavorando a Caravaggio, ha notato un cambiamento del suo stile, della sua arte, influenzata appunto da quella del Caravaggio?

Assolutamente, ritengo che sia palese che ho adattato il mio stile a quello caravaggesco. Generalmente io non amo disegnare molte ombre, così nette e violente, dividendo il mondo tra bianco e nero, tendendo a privilegiare il disegno. Sappiamo invece che, purtroppo, Caravaggio non amava il disegno, andando direttamente in pittura ed era il re del chiaro scuro. Nei due volumi dedicati a Caravaggio ho adottato uno stile dove è molto più presente il contrasto luminoso che aumenta gradualmente diventando violento sul finale, ripercorrendo la sua parabola. Ho dovuto e voluto adattare il mio stile a quello di Caravaggio per poter raccontare la sua storia usando un linguaggio simile al suo.

Sempre rifacendomi alla presentazione di poco fa, il direttore della Pinacoteca ha più volte rimarcato il valore artistico e culturale del fumetto come vera e propria forma d’arte. Sappiamo però che purtroppo ancora oggi, soprattutto nel nostro Paese, il fumetto viene considerato una forma d’arte minore, il più delle volte identificato come “qualcosa per bambini”. Secondo lei perché ancora oggi dai più il fumetto è considerato una forma d’arte minore?

Possiamo dire che il fumetto sta percorrendo un cammino che, con il tempo, riesce a farsi scoprire, apprezzare tanto da riconoscergli il valore culturale da cui prima era stato escluso a priori. Inoltre è da sottolineare come nelle ultime edizioni del premio Strega tra i finalisti vi sono stati Gipi e Zerocalcare, evento che solo 10 anni fa sarebbe stato impensabile. Ripeto, è un cammino intrapreso dal fumetto ancora lungo ma già molti autori hanno capito la valenza e la portata di questo mezzo espressivo. Ovviamente mi preme sottolineare che non tutti i fumetti sono arte, così come non tutta la letteratura, cinema o come qualsiasi altra disciplina espressiva: bisogna giudicare il fumetto secondo occhio critico, contestualizzarlo e giudicarlo nel suo insieme come arte sequenziale.

Cambiando argomento, lei ha lavorato non solo per il mercato italiano ma anche per quello americano, realizzando diverse cover per la Marvel nonché diverse graphic novel, penso a quella con Chris Claremont. Come ricorda questa esperienza? Si è sentito più vincolato rispetto al mercato italiano dove è “più conosciuto”?

Innanzitutto ho la fortuna di avere un ottimo editore americano [Dark Horse] che pubblica da diverso tempo i miei lavori in una linea dedicata chiamata “Manara Library”, tra cui anche Caravaggio. Per quanto riguarda l’esperienza in Marvel con Chris Claremont e in DC con Gaiman su Sandman, entrambe sono state molto divertenti e stimolanti pur con qualche difficoltà. In più credo che un fumettaro non possa davvero definirsi tale se almeno una volta non abbia disegnato una storia di supereroi (ride). Inoltre ho si riscontrato qualche difficoltà ma più a livello tecnico: sia Marvel che DC pretendono che si disegni sulla loro carta che, oltre ad essere di un formato diverso rispetto a quella da me usata abitualmente, è di qualità nettamente inferiore; specialmente per la storia con Gaiman mi fu chiesto anche di colorare e ricordo ancora le molte difficoltà riscontrate nell’uso degli acquarelli su quella carta. In più, come ultima difficoltà, i baloon venivano aggiunti in un secondo momento, quindi ricordo il disegnare sempre con l’ansia e il dubbio se il disegno sarebbe stato coperto o meno dalle nuvolette.

Concludendo, negli ultimi anni è stato protagonista di diverse e interessanti chiacchierate con Frank Miller, con il quale sembra essere nato un rapporto di stima reciproca. Avete in mente una possibile collaborazione futura?

Il rapporto con Frank nasce dalla sua prefazione al primo dei volumi della “Manara Library” per Dark Horse; in seguito ci siamo incontrati per la prima volta al San Diego Comic-Con di diversi anni fa e da quel momento, ogni volta che capita l’occasione cerchiamo di incontrarci e discutere. Siamo entrambi estimatori dei reciproci lavori e sono stato davvero felice di incontrarlo prima a Lucca, poi a Napoli e recentemente ad Angoulême. Proprio dal nostro incontro a Lucca, parlando con Frank gli ho esposto un progetto che vorrei realizzare: vorrei raccontare a fumetti il meraviglioso romanzo kafkiano “America”. Originariamente il romanzo si intitolava “Il disperso” poiché tratta di un ragazzo che parte per l’America dopo aver messo nei guai una cameriera, così scrive proprio Kafka; il ragazzo si trova sperduto in questo nuovo mondo e in balia degli avvenimenti. Proprio per la tipologia del racconto, mi venne in mente di ambientare la storia a Sin City e durante l’incontro lucchese con Frank, gli chiesi il permesso di usare il suo setting per la mia storia davanti al teatro ghermito di gente. Fortunatamente fu entusiasta dell’idea e ottenni il suo permesso e benedizione (ride), il tutto sancito da una stretta di mano. Sono molto fiducioso in questo progetto e spero vivamente di realizzarlo nel minor tempo possibile.

E anche noi non vediamo l’ora che accada! Maestro Manara è stato un grande privilegio poter parlare con lei. A nome mio e di tutto lo staff di RedCapes la ringraziamo e speriamo di poter replicare in futuro. I nostri più sinceri auguri!

Grazie a voi e a presto!


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