Il 19 ottobre arriva al cinema Killers of the Flower Moon, il nuovo lungometraggio di Martin Scorsese realizzato con Apple Tv, basato su “Gli assassini della Terra Rossa” di David Grann edito in Italia da Corbaccio. Nel cast del film: Leonardo di Caprio, Lily Gladstone, Robert De Niro e Jesse Plemons. Il mastodontico film si unisce alla schiera di imponenti pellicole che da anni caratterizzano la filmografia di Scorse – dopo The Irishman prodotto da Netflix – e racconta un’altra faccia degli Stati Uniti d’America con una storia poco nota basata su fatti realmente accaduti ad inizio Novecento in Oklahoma in quella che oggi è chiamata Osage County. Abbiamo visto il film in anteprima e di seguito vi riportiamo il nostro parere.

All’inizio del XX secolo la scoperta del petrolio trasformò l’esistenza degli Osage che diventarono da un giorno all’altro immensamente ricchi. L’improvviso benessere di questi nativi americani attirò l’interesse dei bianchi che iniziarono a manipolare, estorcere e sottrarre con l’inganno i beni degli Osage fino a ricorrere all’omicidio.

Abbandonate le strade della malavita Newyorkese, Martin Scorsese si sposta nell’entroterra statunitense, nella famosa Osage County, per raccontare un’epopea western dai risvolti thriller/noir basandosi su una storia realmente accaduta. Traendo spunto dall’opera di Grann, che nel suo libro racconta anche della nascita dell’FBI in quanto nella storia reale entra in campo J Edgar Hoover che di lì a poco sarebbe diventato il primo direttore della Federal Bureau Investigation, Scorsese ricava una storia potente e commovente che mette in luce un periodo buio e poco noto della storia degli Stati Uniti. Negli anni Venti del Novecento negli Stati Uniti i cittadini più ricchi non erano i WASP bostoniani, bensì la tribù degli Osage, che viveva confinata da decenni in una riserva in Oklahoma ridotta ai margini della società e che improvvisamente si ritrova ricchissima per la scoperta di giacimenti petroliferi immensi sotto il loro suolo. Altrettanto improvvisamente però, incomincia una serie impressionante di omicidi degli indiani più ricchi… Gli Osage si rivolgono allora a un organismo appena creato, il Bureau of Investigation destinato a diventare di lì a breve l’FBI.

Potente e commovente almeno sulla carta, Killers of the Flower Moon con la sua mastodontica durata di quasi tre ore e mezza, finisce per essere una quasi continua ripetizione di concetti già assimilati dallo spettatore che piano piano perde interesse nella storia che si annulla quasi totalmente davanti ad una scrittura estremamente appesantita e poco dinamica. Messe da parte le ottime interpretazioni del trio protagonista Di Caprio, De Niro, Gladston – per quest’ultima menzione d’onore – Killers of the Flower Moon, non riesce a decollare, restando intrappolato all’interno di rigide regole formali che vorrebbero innalzarlo al kolossal che mai riuscirà ad essere.

L’intento di Scorsese è quello di prendersi il suo tempo per raccontare una storia che sulla carta sarebbe stata allo stesso tempo drammatica, dinamica e avvincente, ma il risultato è una pellicola estremamente – e inutilmente – appesantita da lungaggini e ripetizioni che fanno perdere il focus centrale sulla narrazione principale. Nonostante il manierismo recitativo di Di Caprio – qui convincente nel ruolo di un viscido personaggio – perfetto per la stagione dei premi, l’interpretazione memorabile di Robert De Niro, capace di monologhi e dialoghi di una profondità emotiva come poche, e la grazia della performance in sottrazione di Lily Gladston, fiore all’occhiello dell’intera pellicola, Killers of the Flower Moon perde il suo appeal quando si annulla davanti a innumerevoli virtuosismi formali. Con questo non significa che la messa in scena non sia d’impatto, anzi. Alcune scene, sequenze, sono memorabili e siamo sicuri faranno scuola da oggi in poi, ma quando la bilancia non pende né sul contenuto né sulla messa in scena il risultato non può essere del tutto eccellente.

Per la prima volta dopo tanto tempo ad essere protagonista (non per screen time) di un film di Scorsese è una donna. La Mollie interpretata da Gladstone è il moto centrale di tutto il film, la spinta che porta disgustosi e spregevoli uomini a compiere atti efferati che inevitabilmente si riverseranno sulla vita della nativa americana. Scorsese, evitando inutili patetismi, scrive un personaggio femminile forte che non si piega e arrende davanti alle sventure della vita e non si vergona a mostrarsi nel momento della debolezza (fisica e mentale) in un mondo governato da uomini che rincorrono il Dio denaro.

Killers of the Flower Moon

Killers of the Flower Moon è l’epopea western di Scorsese che partendo da un fatto di cronaca reale ricostruisce dando voce a personaggi memorabili e magistralmente interpretati. Il (lungo, forse troppo) lungometraggio inizia a mostrare i suoi segni di cedimento dovuti all’inutile ridondanza della storia che trasformano questa perfetta narrazione noir in un slow burn dal ritmo totalmente assente ed estremamente altalenante. Se la messa in scena è degna di una masterclass di regia è la scrittura, inutilmente diluita, ripetitiva e a tratti troppo vuota, a far perdere di enfasi al racconto, facendo in parte perdere l’importanza e il focus della storia narrata. Probabilmente senza eccessi, Killers of the Flower Moon sarebbe potuto essere il kolossal al quale tanto ambiva. A volte less is more…


Killers of the Flower Moon debutta nelle sale cinematografiche italiane il 19 ottobre distribuito da 01 Distribution. Ecco il trailer del film in italiano:

RASSEGNA PANORAMICA
Killers of the Flower Moon
7.5
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Classe 1995, laureato in critica cinematografica, trascorro il tempo tra un film, una episodio di una serie tv e le pagine di un romanzo. Datemi un playlist anni '80, una storia di Stephen King e un film di Wes Anderson e sarò felice.
killers-of-the-flower-moon-martin-scorsese-e-lepopea-western-degli-osage-recensioneKillers of the Flower Moon è l’epopea western di Scorsese che partendo da un fatto di cronaca reale ricostruisce dando voce a personaggi memorabili e magistralmente interpretati. Il (lungo, forse troppo) lungometraggio inizia a mostrare i suoi segni di cedimento dovuti all’inutile ridondanza della storia che trasformano questa perfetta narrazione noir in un slow burn dal ritmo totalmente assente ed estremamente altalenante. Se la messa in scena è degna di una masterclass di regia è la scrittura, inutilmente diluita, ripetitiva e a tratti troppo vuota, a far perdere di enfasi al racconto, facendo in parte perdere l’importanza e il focus della storia narrata. Probabilmente senza eccessi, Killers of the Flower Moon sarebbe potuto essere il kolossal al quale tanto ambiva. A volte less is more…

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