Pochi giorni fa è stata annunciata l’attrice che interpreterà Ariel nella trasposizione live-action del classico Disney La Sirenetta, e la scelta è ricaduta sulla giovane cantante R&B, Halle Bailey. Questo annuncio ha destato grande scalpore scatenando le reazioni iraconde da parte dei fan e dei puristi della sirena adolescente più famosa del mondo. Il principale problema, se non l’unico davvero esternato, è la carnagione della giovane cantante, a detta di molti, non idonea per interpretare Ariel.
Dopo aver letto molti commenti sul web e averne discusso, abbiamo deciso di dire la nostra con un breve articolo dove spiegheremo perché secondo noi la scelta di scegliere questa giovane attrice come trasposizione di Ariel nel film Live-Action, non sia per nulla una scelta sbagliata.
Gli aspetti che sono venuti fuori dalle principali discussioni su questa nuova versione de La Sirenetta sono molteplici, e le motivazioni che spingono i fan a criticare, a volte davvero in modi eccessivi, la scelta di dare la parte di Ariel ad una attrice afroamericana, spaziano da ragionevoli discorsi di coerenza estetica a veri e propri tentativi di mascherare un razzismo incondizionato con paragoni esecrabili e appelli ad una logica fallace. Non è nostro interesse criticare le opinioni altrui ma crediamo che dando una spiegazioni del nostro pensiero in un articolo ponderato e lontano dell’ira dei primi giorni, sia un modo per creare una conversazione, con voi gentili lettori, per trattare un argomento spinoso e non cadere nelle banalità che può riservare un breve commento su Facebook.
Comprendiamo benissimo chi critica la scelta intrapresa da Disney poiché va a modificare l’aspetto di un personaggio iconografico della propria infanzia. Ariel negli anni si è ampiamente consolidata come un personaggio iconico e come tale l’aspetto fisico ne risulta una parte fondamentale della sua iconizzazione, quindi la sua pelle chiara e i suoi capelli rossi sono due tratti fondamentali per identificarla. A fronte di questa realtà, la scelta può apparentemente risultare completamente non conforme e non idonea, però questo live-action della Disney non è una trasposizione fedele della pellicola animata del 1989, ma è una nuova versione della stessa fiaba e come tale deve essere, per forza di cose, adattata e subire un’opera di modernizzazione. Come ormai si può evincere, queste continue trasposizioni dei classici animati della casa di topolino sono sempre più chiaramente dei rinnovamenti delle opere stesse, e come tali il target di pubblico non è più quello di trent’anni fa; quindi l’obbiettivo è quello di rendere nuovamente iconico il personaggio e dargli la stessa importanza e lo stesso peso che ha avuto per i milioni di giovani della nostra generazione. Con alcune delle recenti trasposizioni, e con altre in programma, non è semplice cercare e trovare delle soluzioni idonee allo scopo, fattori ambientali ed etnici dei personaggi ne vincolano sempre più le scelte. Un lampante esempio di questa modernizzazione è presente anche in Mulan, la scelta di non trasportare il piccolo e divertente compagno della giovane donna cinese Mushu è il tentativo di dare nuova forma alla storia e di modificarne alcune caratteristiche che probabilmente non rientrano più nei canoni di gradimento del pubblico più giovane. Il vantaggio che si ha con la storia de La Sirenetta, è quello di avere un personaggio non fortemente caratterizzato da una ben precisa etnia ne da una condizione geograficamente vincolante (è impensabile trasporre Mulan in un’altra zona geografica o in altra epoca, ed è ancora più impensabile modificarne l’etnia), inoltre, essendo un personaggio totalmente di finzione e non storico, sceglierne una nuova versione (o meglio dargli un nuovo aspetto) non risulta affatto un problema ma anzi un’opera, sicuramente audace, di rinnovamento e di adattamento storico-sociale.
Da sempre le fiabe e le storie mutano e si adattano poiché sono influenzate dal periodo storico in cui si traspongono, è chiaro che nemmeno le favole Disney sono esenti da questa evoluzione. Quello che rimane davvero immutabile di queste opere, però, è l’unica cosa che davvero conta, cioè la morale che l’autore ci vuole trasmettere. Se analizziamo per bene la fiaba, partendo dall’originale, si può facilmente arrivare ad una conclusione estremamente importante: la stessa opera Disney del 1989 non è altro che una rivisitazione e una modernizzazione di quella vecchia fiaba danese scritta da Andersen nel 1837. La fiaba originale danese diverge in modo abbastanza netto con il prodotto che conosciamo, e queste differenze sono sostanziali per il messaggio che l’autore voleva trasmettere. I principali aspetti che vanno a differenziarsi, e che prenderemo in analisi, sono grossomodo rilegati nel finale e nella esternazione della morale de La Sirenetta di Andersen. Ci sono diverse differenze anche in altri punti, una su tutte la durezza dell’opera e in parte la sua cruenza. La conclusione dell’opera però è il vero fulcro delle divergenze, non c’è il lieto fine e Ariel che non riuscendo ad uccidere il principe, unico modo che ha per salvarsi, viene trasformata da alcune “figlie dell’aria” in una di loro. A questo punto Ariel non dovrà fare altro che compiere buone azioni per 300 anni, così finalmente potrà ottenere l’anima; già, nella favola dello scrittore danese le sirene non hanno l’anima e la nostra principessa poteva ottenerla facendo innamorare il principe di lei, cosa che non riesce a fare. Chi inneggia all’originale fiaba di Andersen e alla sua purezza lo fa solo in riferimento all’aspetto estetico di Ariel, ignorando, volutamente o meno non ha rilevanza, tutti gli aspetti che sono stati modificati dalla Disney per la sua trasposizione cinematografica. Chi cita la fiaba originale per mascherare il proprio fastidio nel vedere la Sirenetta nera, probabilmente non ha mai letto l’opera dello scrittore danese o non l’ha ben capita: Ariel non riesce a farsi amare dal principe per via dell’assenza della sua voce e quindi dell’impossibilità di lasciar trasparire il suo intelletto. Quello che Andersen voleva veicolare al lettore era che l’aspetto esteriore non è un mezzo sufficiente per farsi amare, e che serve il mezzo fondamentale che è tramite del pensiero (la parola) per arrivare a questo scopo. Mi sembra chiaro che criticare il nuovo aspetto di Ariel utilizzando la fiaba originale sia un po’ un controsenso, soprattutto se l’autore dell’opera originale cerca di insegnarci che l’aspetto fisico è una caratteristica superficiale e non quello che rende una persona quello che è. Ma non è solo la morale che ci voleva lasciar trasparire Andersen a rendere un po’ controverso questo ragionamento, anche altri elementi come la contestualizzazione con il periodo storico in cui è stata scritta l’opera e soprattutto il fatto che lo stesso Andersen ha rivisitato la figura della sirena contestualizzandola con la sua cultura che rendono il ragionamento ancora di più complicato da digerire. Se vogliamo proprio ben vedere la stessa Disney ha preso un personaggio iconico di un’opera per modellarlo come creda fosso più opportuno e ora sta semplicemente facendo lo stesso procedimento.
La figura della sirena, non Ariel ma proprio la figura generale della sirena, è una figura presente in diverse culture, che nel corso dei secoli e con il continuo evolversi della cultura e della letteratura ha subito un gran numero di diverse trasposizioni, ognuna delle quali ha la sua versione e la sua storia ovviamente adattate alla cultura locale. Proprio per questo è difficile non accettare che la Disney abbia deciso di dare una nuova versione della sua sirena. In fondo chi come me ha vissuto sulla pelle la pellicola animata non verrà in alcun modo intaccato da questa nuova versione e visione dell’opera. Come i puristi della fiaba di Andersen non sono stati intaccati dalla prima trasposizione ne verranno intaccati da questa. Se si vuole vedere la questione da un puro e semplice punto di vista cinematografico, si può improntare su una questione semplice: non è solo un remake shot-for-shot ma è una nuova versione de La Sirenetta Disney. Il cinema non è esente ai mutamenti, diverse pellicole hanno subito numerosi remake e rivisitazioni, molte subendo delle modifiche sostanziali. Un esempio è il recente A Star is Born, terza rivisitazione dell’opera omonima del 1937, ognuna di queste versione ha delle differenze sostanziali tra cui la contestualizzazione storico-sociale. In una produzione la libertà di modificare il cast è totalmente a discrezione della produzione, e infondo per la riuscita di un film come La Sirenetta non è fondamentale l’etnia degli attori ma la qualità di scrittura e di regia. Non dimentichiamoci che molti prodotti cinematografici sono stati per anni fatti da bianchi per i bianchi e che questa forma di “razzismo” è solo da poco che si sta eliminando. In diverse pellicole non si è tenuto conto dell’etnia del personaggio e in molte altre un personaggio da un’etnia marcata è stato interpretato da un bianco, questi sono davvero dei problemi di cui ci si potrebbe lamentare perché quando un personaggio ha una forte connotazione etnica e/o storica, allora non andrebbe assolutamente interpretato da un attore con un’etnia differente.
Insomma quello che sto cercando grossolanamente di dire è che l’etnia di un personaggio di finzione, se non va ad inficiare la sua caratterizzazione, non è un dettaglio rilevante. L’aspetto estetico di Ariel della versione animata non ha nessuna valenza per la caratterizzazione del personaggio, non ne indica nessun aspetto del carattere ne fa trasparire dettagli che vanno ad approfondire la sua figura. L’unica cosa che connota il suo aspetto esteriore è l’etnia, che però è irrilevante anch’essa ai fini del personaggio e della trama, non sappiamo dove è ambientano il cartone e non ha nessuna importanza saperlo. La figura di Ariel, in quanto personaggio di finzione, è libera di essere interpretata da chi sia ritenuta, sicuramente dopo delle dovute analisi di mercato, la miglior attrice per veicolare il messaggio finale (e che meglio faccia vendere il film). Non si tratta di blackwashing o whitewashing e nemmeno di definirlo con il tanto abusato politically correct, si tratta semplicemente di un rimodernamento di un prodotto vecchio trent’anni, che viene riadattato per il giovanissimo pubblico contemporaneo (target a cui è indirizzato il tipo di pellicola). La stessa Disney nei giorni scorsi ha rilasciato una dura risposta verso le critiche lanciate dai fan, potete leggerla qui.
Per noi la scelta di Halle Bailey per La Sirenetta non è una scelta sbagliata, non vediamo come il colore della pelle possa determinare a priori l’impossibilità di vedere sullo schermo un’ottima versione di Ariel, soprattutto perché l’attrice scelta ha il physique du role per fare bene nel live action de La Sirenetta e ha probabilmente la caratteristica più importante, una bellissima voce. Per determinare se sarà o meno una buona Ariel non possiamo fare altro che aspettare il film e, dopo aver fatto le dovute analisi sulla reale qualità della pellicola (scrittura, regia, fotografia), potremo esprimere un’opinione sulla nuova versione del personaggio.