Christoph Waltz compie 60 anni: cosa possiamo imparare dalla sua storia?

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Stamani mi sono svegliata con una consapevolezza in qualche modo strana: Christoph Waltz ha compiuto sessant’anni. Assurdo, vero? È un po’ come pensare che Transformers 4 ha guadagnato più di un miliardo di dollari o che il film Batman & Robin è stato veramente girato: non sembra in alcuno modo plausibile.
In fondo, chi penserebbe mai che sono già passati sette anni da Bastardi senza gloria? Il volto di Waltz non è mutato poi molto da allora: è sempre scavato, furbo, con quella punta di classe e spietatezza nel sorriso che lo rendono così dannatamente adatto ad interpretare ogni personaggio dalla dubbia moralità. Soltanto una leggera sfumatura argentea nei suoi capelli lascia intravedere come il tempo, alla fine, passa anche per i grandi di Hollywood.

Attenzione, però: Christoph Waltz non è sempre stato una star di Hollywood. Oh, no, al contrario. La sua è stata una lunga scalata verso il successo. E quando dico lunga, non mento: l’attore austriaco ha dovuto lavorare per ventotto anni in produzioni minori prima di poter fare il grande balzo. Ed oggi che ha raggiunto il traguardo dei suoi sessant’anni, non mi dispiacerebbe ripercorrere un po’ questo suo viaggio verso l’Olimpo delle stelle.

Waltz ha sempre desiderato recitare; la sua famiglia, d’altra parte, è sempre stata parte del mondo dello spettacolo: sua madre e suo padre erano entrambi scenografi e non hanno certo mai tarpato le ali al figlio per quanto riguardava la sua vocazione. Ma avere una vocazione non significa niente: non sempre il talento viene riconosciuto e, talvolta, basta un passo falso per rovinare tutto. Un po’ la morale di BoJack Horseman, se capite cosa intendo.
Christoph, però, ha continuato per la sua strada, all’apparenza timidamente, ma mostrando in realtà una grande decisione. E non ha mai sbandato.

Christoph WaltzCerto, i suoi lavori giovanili non sono esattamente… dei più esaltanti, diciamo.
Nei primi anni ’80, ad esempio, ha interpretato Tristano in un film tedesco che non ha neppure una pagina Wikipedia in tedesco. Il che un po’ fa pensare.
Ha anche vestito i panni di un giovane e baffuto Friedrich Nietzsche in quel periodo, il che probabilmente poteva far intuire l’attitudine di Waltz a calarsi perfettamente nei personaggi mentalmente instabili. Però guardatelo, non era assolutamente adorabile?

Un altro ruolo che ha vestito che un po’ mi fa sorridere è quello del cattivo di turno in una puntata del 1996 de Il commissario Rex, per la precisione la 3×06, che in italiano è stata intitolata Il venditore di bambole, ma il cui nome originale merita una menzione: Der Puppenmörder. Che letteralmente sarebbe: l’assassino di bambole.
Bambole e assassini. Inquietante. Siamo sicuri che non stiamo parlando di Annabelle o Saw?
No, a quanto pare si tratta proprio de Il commissario Rex. Dovrò scoprire il nome dello sceneggiatore.
Ad ogni modo, torniamo a parlare di Christoph Waltz: in questa puntata è davvero tremendamente spietato. E non lo dico per sentito dire, no: mi sono guardata la puntata su YouTube. Un po’ masochista dal punto di vista registico, ma alla fin fine, vi assicuro che vale la pena dare un’occhiata:

Frasi tipo “Sei una bambola. Sei la mia bambola” o “Le bambole non hanno alcuna volontà” non dovrebbero essere in un giallo per tutta la famiglia! Produttori di serie TV tedeschi ed austriaci, ma che fate? Non pensate ai bambini? Altro che HBO

Beh, non so se sia stata questa interpretazione -anche se personalmente ne dubito-, ma il suo primo ruolo internazionale non ha poi tardato ad arrivare: nel 2000 ha interpretato Peter, personaggio secondario di Un perfetto criminale, film in cui appaiono anche Colin Farrell e Kevin Spacey.
Sì, ma anche un film piuttosto mediocre.
Dubito fortemente che Kevin Spacey -che all’epoca aveva già due Oscar in tasca- si sarebbe mai immaginato a cosa era destinato Christoph Waltz:

Ebbene sì, la prima apparizione internazionale di Christoph è stata un complessivo fiasco, che non lo ha messo né il luce, né in ombra. Semplicemente, non è cambiato assolutamente niente.

Christoph WaltzLa seconda apparizione, invece, è andata un po’ meglio.
Anche perché si trattava di Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino.
E allora penserete “ma perché diamine Tarantino è andato a scegliere un attore sconosciuto per interpretare uno dei personaggi principali del suo film?”. Ottima domanda, ma la risposta è semplice: all’inizio, non la aveva affatto scelto.
La prima scelta, infatti, era Leonardo DiCaprio. Soltanto sfumata questa opzione Tarantino ha deciso di puntare su un interprete di lingua tedesca, ma senza pensare a nessuno in particolare: ha dovuto assistere a decine di audizioni, prima di trovare l’attore giusto. L’attore che riusciva a mettere poesia nelle parole di un sadico folle, che riusciva a rianimare l’ispirazione di un regista già di per sé profondamente ispirato: Christoph Waltz.

Prendete un regista coraggioso -se non incosciente- e un attore sconosciuto con niente da perdere, aggiungete uno script dissacrante e geniale. Cosa ottenete? Un Oscar come migliore attore non protagonista, più o meno. Ecco cosa Christoph ha ricevuto da anni ed anni di gavetta in produzioni minori… sembra quasi impossibile, nello show business degli ultimi anni, in cui tutto sembra preconfezionato e pronto all’uso, in cui ogni porta chiusa sembra destinata a non potersi più aprire. Ma Christoph Waltz non soltanto l’ha aperta, quella porta che credeva chiusa: a 52 anni ha deciso di spalancarla e lasciarsi ammirare dal mondo. Perché è questo che ha fatto: ha lasciato tutti a bocca aperta con la sua interpretazione di Hans Landa, spietato, crudele, ironico, capace di parlare quattro lingue nello stesso film:

Christoph WaltzE come bene sappiamo, la coalizione Waltz-Tarantino aveva ancora cartucce da spendere.
Dico una sola parola. Anzi, due.
Django Unchained.
Il dottor King Schultz ci regala in quel film venti minuti iniziali a suon di sparatorie, battute sagaci e monologhi a metà tra l’assurdo ed il geniale. King Schultz che, ovviamente, essendo un cacciatore di taglie tedesco, è interpretato da Christoph Waltz.
E l’operazione che ho detto prima non cambia: quando Quentin e Christoph si incontrano, qualcosa di magico accade… e il bis agli Oscar sarà di certo sembrato come frutto di un incantesimo, per quell’attore di mezza età che forse non credeva sarebbe mai uscito dai confini del paese natio.

Negli anni, Christoph ha collezionato tante altre interpretazioni sopraffine -tra cui ritengo importante citare quella in The Zero Theorem, in cui veste i panni di un personaggio molto diverso dal solito- ed alcune di livello inferiore, ma non mi metterò qui ad elencarle e parlarvene.
Adesso, è il momento di arrivare alla morale della storia… perché alla fine ogni storia, bella o brutta, ne ha uno, e ritengo sia proprio questo il cuore del mio articolo.

Cosa ci insegna la lunga scalata al successo di Christoph Waltz?

Semplice: a non arrendersi mai. Banale? Forse.
Ma è un concetto banale nei film, nei libri o nelle serie, non nella vita reale. Al cinema è normale che il protagonista dell’opera riesca a raggiungere il proprio sogno nonostante tutto, ma nella vita quotidiana non lo è affatto.
Christoph Waltz è la prova vivente che bisognare credere nei propri talenti e nelle proprie passioni, perché non è arrendendosi che si raggiungerà il proprio scopo.
Certo, non sarà facile fare ciò che ha fatto lui, ma ciò non significa che non si debba tentare.
E non è un pensiero maledettamente rassicurante?

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