Esattamente due anni fa il famoso scrittore Donato Carrisi ha deciso di mettersi dietro la macchina da presa per dirigere il suo primo lungometraggio, tratto da uno dei suoi libri più famosi ovvero La Ragazza nella Nebbia, che ebbe un successo inaspettato sia di critica che di pubblico, che gli ha fatto guadagnare quasi 3 milioni di euro, una cifra inaspettata per un film italiano.
Oggi nello stesso periodo dell’anno in cui era uscito l’altro esce il suo secondo lungometraggio ovvero L’uomo del labirinto, tratto anche questa volta da un suo romanzo di grande successo, che è ad oggi anche il suo ultimo romanzo rilasciato proprio due anni fa.
In questa sua seconda opera cinematografica il regista torna a lavorare con Toni Servillo, protagonista anche del suo esordio che con lui sembra aver trovato un alchimia perfetta. La trama ruota attorno ad una ragazza, Samantha Andretti, che dopo 15 anni dal suo rapimento, avvenuto quando aveva solo 13 anni, sfugge dal suo rapitore e si ritrova nell’ospedale Santa Caterina con una gamba ingessata e una flebo infilata nel braccio. Accanto a lei il dottor Green è lì per aiutarla a ricordare le memorie perse a causa di una sostanza psicoattiva iniettatale dal rapitore. “Questo è un gioco?”, ripete Samantha. E in effetti quella che ha inizio è una caccia al tesoro, in cui a cercare il colpevole non è solo il dottor Green ma anche Bruno Genko, un investigatore privato in procinto di morire tormentato dal senso di colpa per non aver saputo salvare Samantha all’epoca del suo rapimento. Riusciranno a trovare il cattivo, di cui si sa solo che va in giro travestito da coniglio?
Se il suo lungometraggio precedente presentava un idea di luoghi e filmica molto italiana e con accenti anche ben marcati, L’Uomo del Labirinto non ha la stessa idea, ha un respiro molto internazionale e un idea di base e di luogo completamente distorta. Potendo fare un esempio ricorda per molti aspetti (anche se è completamente diverso) Mandy di Panos Cosmatos, visto che in entrambi abbiamo scene annebbiate ed oscure, come se fossimo noi i protagonisti della vicenda e dovremmo essere confusi quanto in protagonista nella visione dell’insieme.
Forse il problema più grande di questo lavoro è proprio questo, è eccessivamente squilibrato a tratti e vuole a tutti i costi cercar di confondere lo spettatore con continue nuove ricerche e continui e continui colpi di scena, che però alla lunga possono anche stancare.
In compenso però la trama (anche se simile al precedente) risulta meno già vista, più originale su parecchi aspetti e la regia di Carrisi de L’Uomo del Labirinto è più decisa e con un impronta ben più marcata, si vede che in questi 2 anni di attesa si è preparato molto bene, complice anche un comparto tecnico molto migliorato (tranne ahimè gli effetti visivi parecchio altalenanti) e di un ottimo apparato scenografico, il tutto è stato ritratto dentro i teatri di posa di Cinecittà.
Oltre all’ambientazione la pellicola ha il grande pregio di avere due attori del calibro di Toni Servillo e soprattutto di Dustin Hoffman che recitano nei ruoli principali, oltre a Valentina Bellé, che compare in gran parte delle scene assieme a Hoffman, che interpreta Samantha. Servillo che lo abbiamo visto di recente anche nel film di Igort tratto dal suo omonimo fumetto 5 é il numero perfetto interpretando un poliziotto, anche qui nuovamente lo troviamo in questo ruolo, e pur essendo probabilmente l’attore di maggior talento che abbiamo in Italia, si sta rilegando un po’ troppo spesso nelle stesso tipo di parti, risultando troppo uguale e fin troppo finto a volte, conciato anche con look assurdi per farlo sembrare diverso. Hoffman invece fornisce come quasi sempre una grande interpretazione, anche se non si riesce a capire perché mai metà del film dovrebbe essere italiano mentre le parti di interrogatorio tra Hoffman e la Bellé dovrebbero essere in inglese (per chi volesse comunque, alla conferenza stampa ci é stato rivelato che una dozzina di sale in tutta Italia proietterà il film in lingua originale e non doppiata). Valentina Bellé ce la mette tutta ma confrontarsi a parole con un grande come Hoffman è dura e non riesce assolutamente a essere credibile a sufficienza, mentre nelle parti dove è sola rinchiusa riesce più nell’intento espressivo.
Un’ altra nota dolente sono le musiche fin troppo presenti e anche molto mediocri.
In sostanza si può dire che questa opera seconda di Carrisi è un passo in avanti rispetto al suo esordio, che comunque era un buon prodotto. L’uomo del Labirinto però, pur essendo molto criptico – anche fin troppo -, riesce più a coinvolgere lo spettatore anche se, probabilmente con meno colpi di scena, il tutto sarebbe stato anche più interessante. In ogni caso chapeau a Carrisi e alla Medusa, che continuano a proporre film di questo tipo, ce ne vorrebbero molti di più, pur essendo questo un bel film ci ritroviamo di fronte ad un prodotto relativamente piccolo, ma di grande impatto vista l’innovazione nel panorama cinematografico italiano, casi come questo sono ritenuti bellissimi dal pubblico e meglio di quanto in realtà hanno da offrire.