Maria Callas è stata una grande icona e diva ed ora è diventata l’ultima grande creazione del regista Pablo Larraín che con Maria decide di concludere la trilogia delle icone del XX secolo iniziata con Jackie, la storia di Jackie Kennedy, per passare al molto apprezzato Spencer con la storia immaginata di Lady D, concludendo con Maria. Alla produzione di questo film ritornano case non nuove per Larrain come la casa di produzione indipendente Fabula alla quale si aggiunge la casa di produzione italiana The Apartment. Il film è stato presentato durante Venezia 81 ed arriva nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 1 gennaio con 01 Distribution.

Maria è il racconto della vita tumultuosa, bella e tragica della più grande cantante d’opera del mondo, rivissuta e reimmaginata durante i suoi ultimi giorni nella Parigi anni Settanta.

Il cast è composto da talenti nazionali come: Pierfrancesco Favino che interpreta Ferruccio, maggiordomo di Maria e Alba Rohrwacher nei panni di Bruna la cuoca, uniti da una sola grande interpretazione, quella di una diva: Angelina Jolie che qui si cimenta in modo perfetto per la prima volta nel canto lirico, capace di comunicare con uno solo sguardo diverse intensità della diva che fu Maria Callas, incanalando perfettamente l’essenza di Maria. L’ interpretazione di Jolie supera tutte le altre non solo per la bravura innata della regista e attrice, ma anche per un altro aspetto, senza di lei il film non reggerebbe allo stesso modo. La sua interpretazione è talmente viscerale e viva, soprattutto nelle sessioni di canto, che si isola tutto il resto per concentrarsi solo ed esclusivamente sulla sua performance canora. Ogni scena è un frammento di memoria e di vita che colpisce senza precedenti. Jolie non solo riesce a dare spazio e forma ad una grande diva, ma nell’interpretazione dell’epilogo da tutta se stessa fino alla morte di Maria Callas – ma non della sua musica – che Maria odia riascoltare in quanto troppo perfetta.

La regia di Larraín intelligentemente sfrutta due tecniche diverse per parlare di un argomento molto importante e delicato come quello della salute mentale. Se infatti da una parte la regia è caratterizzata da carrellate e macchine da presa fissa, questa viene alternata da una regia tremolante e indubbia, con anche una fotografia diversa, quando Maria parla con l’intervistatore durante la sua ultima settimana di vita, stile registico che ricorda il modo di riprendere in fase documentaristica, alternando scene flashback in bianco e nero. La regia gioca quindi con i codici stilistici mantenendo comunque un core narrativo molto preciso.

In ogni film di questa trilogia sono presenti tre donne differenti che convivono con il senso di doppio. Se Jackie è il doppio di Jacquline e Spencer è il doppio di Diana in Maria il doppio diventa il suo nome e il suo nome sul palco “La Callas”. Un gioco di doppi che durerà per tutto il film fino a quando Maria è pronta a lasciare per sempre Callas in un epilogo in cui canta con tutto il suo cuore, lasciando a chi ha solo ascoltato l’idea di Callas e a chi le ha voluto bene l’idea di Maria. La sceneggiatura di questo film è curata da Steven Knight come fu per Spencer. Una sceneggiatura divisa in tre atti e un epilogo finale per conoscere come Callas abbia vissuto la sua ultima settimana, fatta di adulazione da parte di fan e odio da parte di giornalisti o di persone che non hanno avuto l’occasione di sentirla cantare per via della sua malattia che la porterà poi alla morte.

La fotografia del film utilizza tre tecniche diverse. Il primo è l’uso del bianco e nero che indica il passato di Maria. Viene utilizzato quando Maria ripensa alla sua vita sul palcoscenico o alla sua vita prima di questa ultima settimana. Una fotografia più meno patinata quando Maria ha dei problemi di carattere mentale, dove non sempre le luci hanno un focus preciso e sembra quasi tutto sbiadito. Quando Maria sta bene e si interfaccia con persone reali la fotografia torna corretta così come la regia. Il tutto però mantiene colori autunnali come il manto di foglie marroncine/rosse in contrasto con il nero dei vestiti della diva. I costumi sono curati da Massimo Cantini Parrini e giocano molto con i veri costumi di scena indossati da Callas durante le sue performance come “La Traviata” o altre opere liriche, usati anche per raccontare lo stato emotivo della cantante. Menzione speciale per il montaggio finale che utilizza filmati d’archivio della vera Maria Callas in tutte le sue fasi della vita che aumentando a livello sentimentale tutto quello che si è visto fino a quel momento.

Il film, come già detto, gioca molto con l’aspetto del doppio di Maria e La Callas nonostante siano due figure molto diverse incarnate dalla stessa persona. La fragilità, quando Maria si trova esclusivamente con Ferruccio e Bruna, e la voglia adulante quando invece Callas esce per strada per andare in un bar, non perché voglia realmente mangiare o bere, ma semplicemente perché vuole essere adulata come una diva. Il film è quindi un’analisi costante di come Callas, nel suo ultimo periodo di vita, voglia continuare a fare quello che amava: cantare. Come ogni film di questa trilogia, Maria si prende delle libertà storiche soprattutto mescolando finzione e realtà ma lo fa in maniera così veritiera che sembra reale, riuscendoci perfettamente.

Sfruttando la realtà, il regista e lo sceneggiatore creano una loro versione di quanto successo in quegli ultimi 7 giorni, giocando con il passato e con le relazioni di Callas specialmente con quella più importante: quella con il magnate Onassis. Se nella realtà sappiamo cosa fece Aristotle Onassis nel 1966 a Maria e di come la loro sia stata una relazione tossica e abusiva, nel film il drammatico passato viene traslato molto bene seppur in modo diverso. La figura di Aristotle diventa fin da subito viscida nei confronti di Callas. Lui, pur amandola, la considera da nascondere, una figura che si deve defilare nell’ombra e questo implica l’inizio di un rapporto tossico che sarà poi traslato nel film attraverso tutta la parte da bambina di Maria in Grecia.

La figura di Onassis torna nuovamente utile nel momento in cui nel film si accenna a Jackie Kennedy. Si ritorna quindi a parlare di donne messe in secondo piano: Jackie è stata la “non voluta” da Kennedy che al suo posto ha preferito Marilyn Monroe, Diana Spencer è la “non voluta” dal Principe Filippo ha preferito Camilla e Maria è la “non voluta” di Onassis che ha preferito Jackie. Tutte donne importanti che hanno segnato un secolo, ritenute non abbastanza.

Maria di Pablo Larraín è quindi l’ultimo film di questa folgorante trilogia dal forte carico emotivo su donne figure chiave del XX secolo. Angelina Jolie è quindi uno dei motivi, se non il motivo principale, per guardare questa pellicola al cinema dove la sua interpretazione sul grande schermo non può fare altro che brillare ancor di più.


Maria di Pablo Larraín arriva al cinema a partire dal 1 gennaio con 01 Distribution. Ecco il trailer italiano del film:

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