Piove vince il ricorso a Tar, il film di Paolo Strippoli non è più vietato ai minori di 18 anni

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Piove, il nuovo film horror di Paolo Strippoli, regista di The Nest – Il Nido e A Classic Horror Story, ha vinto il ricorso al Tar del Lazio contro la classificazione del film come Vietato ai Minori di 18 anni.

La pellicola, distribuita da Fandango lo scorso 10 novembre, era stata classificata VM 18 dopo che due commissioni ministeriali per la classificazione delle opere audiovisive avevano respinto l’autoclassificazione – prevista dalle nuove norme della Legge Franceschini – del film come VM 14 da parte di Propaganda Film, casa produttrice della pellicola. La restrizione imposta a Piove ha massicciamente penalizzato la distribuzione e la promozione della pellicola di Strippoli, infatti con una classificazione VM 18, oltre a ridurre la fascia di pubblico che può fruire l’opera, non è possibile promuovere il film con trailer da mandare nelle sale cinematografiche, in televisione e in radio.

Come riportato da Cinecittà News, il Tar del Lazio ha annullato la decisione delle due commissioni ministeriali riportando la classificazione della pellicola a VM 14 e vietata ai minori di 12 anni non accompagnati. Inoltre il Tar ha condannato il MiC a pagare tutte le spese processuali.

Nella sentenza, riportata dal sito che ha potuto leggerla in anteprima, leggiamo “disposto l’annullamento dei provvedimenti gravati, con i quali è stato espresso e comunicato parere contrario alla proposta del richiedente di classificazione della pellicola come ‘opera vietata ai minori di anni 14 con le relative icone violenza – Sesso – Uso di armi – Uso di sostanze stupefacenti o alcol – Discriminazione e incitamento all’odio – Linguaggio e turpiloquio”. La sentenza prosegue dicendo: “seppur il film Piove presenta indubbiamente delle scene di violenza (che del resto è un contenuto tipico o ‘strutturale’ del genere cinematografico ‘horror’ cui la pellicola è ascrivibile), questa non assume intensità e forza tali da renderlo inidoneo alla visione da parte, genericamente, di tutti i minori di 18 anni, non condividendosi, sul punto, la valutazione estrinsecata dalla Commissione. Questo perché le scene di violenza non ‘punteggiano’ la trama in maniera significativa (come paventa il parere reso in prima istanza), né ‘persistente’ (come si legge nel parere reso in sede di riesame), ma si tratta di alcuni gesti e atti (in qualche caso, non lo si nega, anche brutali) che tuttavia vengono rappresentati esplicitamente solo ad uno stato piuttosto avanzato della storia, mentre in precedenza erano stati semplicemente raccontati’ (tramite notiziari televisivi, radiofonici o notizie di stampa che narrano di una incomprensibile escalation di violenza omicida registrata negli ultimi tempi)”.

I giudici del Tar del Lazio hanno poi concluso: “l’obiettivo del film (quale del resto tipico della cinematografia di riferimento) è quello di creare nello spettatore un momentaneo senso di paura e terrore, giocando sul soprannaturale, e dunque su situazioni niente affatto reali né verosimili, ma del tutto irrazionali, immaginifiche, impossibili a verificarsi nella realtà quotidiana. E di ciò lo spettatore ne è perfettamente consapevole: in particolare, si ritiene che, per giungere a tale comprensione, sia sufficiente un grado di maturazione psicofisica che implica non necessariamente un pieno, completo ed esaustivo sviluppo delle facoltà intellettive e cognitive dell’individuo (che l’ordinamento presume raggiunto una volta compiuta la maggiore età. Questo perché un ragazzo più giovane (sicuramente già dai 14 anni in su) può comprendere appieno il significato delle scene proiettate”.

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