Durante l’ultima edizione di Lucca Comics & Games, uno degli ospiti di spicco è stato sicuramente Garth Ennis: il leggendario autore di opere come Preacher, The Boys e di Hellblazer, ospite al quale è stata dedicata la mostra “Garth Ennis: Till The End of His Word” a Palazzo Ducale, si è concesso alla stampa per un’interessante conferenza in cui sono stati trattati diversi temi legati alla produzione dell’autore, ma non solo.
Ospite della manifestazione, in collaborazione con Panini Comics e SaldaPress, ha incontato la stampa nella giornata di venerdì 3 novembre. Prima delle domande della stampa, hanno parlato i due curatori della mostra, Luca Bitonte e Alessandro Apreda, che hanno spiegato l’idea e la realizzazione dietro alla mostra dedicata a Garth Ennis.
Ha già visto la mostra che ti hanno dedicato? Come stanno andando questi primi giorni a Lucca?
Ennis: “È la mia prima volta a Lucca e me la sto godendo. Il festival mi sta piacendo tantissimo e la mostra è una bella passeggiata lungo il viale della memoria. Sto godendo tutto di questo festival, io e mia moglie giriamo, consociamo gente, mangiamo e beviamo. E’ sicuramente uno dei migliori festival del fumetto a cui abbia partecipato.”
Com’è stato lavorare per la trasposizione televisiva di The Boys e Preacher, sei contento del lavoro svolto sui suoi lavori?
Ennis: “Non ho lavorato direttamente con gli showrunner, ma sono molto soddisfatto del risultato che si è ottenuto: grazie alla trasposizione televisiva la mia opera dura più a lungo, le vendite sono aumentate nel tempo e questa è la mia priorità, non solo dal punto di vista economico ma soprattutto perché questo contribuisce a mantenere sempre attuali i miei lavori.”
Il mondo è cambiato, qual è il tuo personaggio invecchiato peggio?
Ennis: “Probabilmente Preacher, perché rappresenta un mito americano (non a caso io lo considero un western, grottesco, horror, con un personaggio idealista) che non è più così attuale dopo quello che abbiamo visto accadere negli USA negli ultimi dieci, quindici anni. D’altra parte era una storia degli Anni Novanta, un’epoca che era molto più divertente di quella attuale. Non so voi, ma io mi divertivo molto di più allora che adesso.”
Tralasciando gli adattamenti televisivi che sono un media con un linguaggio diverso, in campo fumettistico c’è qualche compromesso a cui sei dovuto scendere e che ti rode ancora?
Ennis: “Sorprendentemente ho dovuto affrontare pochi compromessi, perfino con Preacher che pure era per DC Comics che è una casa editrice particolarmente prudente, ma che ha avuto davvero poco da ridire e ha rispettato molto il mio lavoro. Le uniche interferenze riguardarono in realtà la rubrica della posta: il mio senso dell’umorismo non corrispondeva a quello dei curatori. Avrei voluto pubblicare svariate lettere esilaranti, tra lettori che mi raccontavano i loro exploit dopo aver mangiato troppi spaghetti con polpette o chi ha provato a circoncidersi con uno scalpello, o ancora le ricette su come cucinare la carne umana, ma in DC non trovavano tutto questo molto divertente. Ma ehi, effettivamente era il loro angolo della posta, non il mio. In ogni caso non posso lamentarmi, ho sempre avuto moltissima libertà in quello che scrivevo.”
In che modo cerchi di raccontare la natura umana tramite il conflitto e la violenza?
Ennis: “Cercando di essere il più onesto possibile al riguardo: la violenza c’è e bisogna accettarla e accettarne gli effetti, non solo quelli immediati. Se fossi un autore per bambini mi preoccuperei di scrivere storie edificanti, ma dal momento che scrivo per adulti non sento il bisogno di indorare la pillola, quanto di raccontare la realtà per come è.”
Quando pensi alla possibilità di una trasposizione cinematografica delle tue opere, qual è l’aspetto che ti preoccupa di più?
Ennis: “Che possano travisarne il significato che aveva per me. Prendiamo Dreaming Eagles, la storia di un gruppo di aviatori afroamericani che combattono i nazisti; la stessa storia è stata narrata nel film Red Tails, ma io credo che il film non abbia reso giustizia a questi uomini, non attribuendo alla vicenda la giusta importanza. Ecco, non avrei voluto che Red Tails fosse la trasposizione del mio Dreaming Eagles.”
La tua prima opera importante è stata Troubled Souls, ambientata nella Belfast dei Troubles. Quanto ha influenzato il tuo percorso artistico, la scelta dei tuoi temi, il fatto di crescere in quella Irlanda del Nord dilaniata dai conflitti?
Ennis: “In realtà la mia famiglia, di estrazione borghese, non era coinvolta direttamente nei Troubles, perciò io l’ho vissuta marginalmente. Mi ha influenzato però da una parte infondendomi un approccio cinico, perché osservavo che quel conflitto andava avanti con la sua conta quotidiana dei morti perché nessuno aveva davvero interesse a porvi fine. Mi ha instillato un senso di sospetto sia verso i governi, sia verso chi ha grandi ideali. Tutti abbiamo visto Star Wars e abbiamo un’idea romantica del ribelle, ma per me la rivoluzione è qualcosa di brutto e sporco ed è raro che i buoni ne vengano fuori.”
Sei stato chiamato a scrivere i fumetti di James Bond, pensi che questo sia dovuto al tuo lavoro Jimmy’s Bastards?
Ennis: “Jimmy’s Bastards è una parodia del James Bond di Roger Moore, per cui mi piacerebbe rispondere di sì. In realtà me l’avevano proposto già più di dieci anni fa, ma il progetto era rimasto sospeso. I fumetti saranno molto più aderenti alle storie di Ian Fleming, molto più realistiche rispetto a quei film.”