[Recensione] Cargo – L’ultimo viaggio di un padre e di una figlia

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Cargo

Ieri è stato rilasciato su Netflix un nuovo film horror originale con protagonista Martin Freeman, Cargo. Il film è diretto da Yolanda Ramke e Ben Howling: la Ramke si è anche occupata della sceneggiatura.

Siamo in Australia, una violenta pandemia ha colpito il paese e tutti gli infetti si trasformano in una sorta di zombie. Andy (Martin Freeman) e Kay (Susie Porter), insieme alla loro bambina, cercano di sfuggire all’apocalisse tramite una barca che a stento resta intera; quando però Kay verrà morsa e Andy, nel tentativo di portare via lei e Rosie, sarà morso dalla moglie, avrà solo 48 ore per trovare un rifugio per Rosie prima di diventare uno degli “scavatori”.

La trama del film non è nulla di mai visto, certamente può avere dell’originalità nella scelta del luogo, ma non nel modo in cui è raccontata: non siamo di certo di fronte ad una sceneggiatura pregiata o di inestimabile ed intrinseca qualità, bensì ad una buona sceneggiatura sfruttata al meglio delle proprie possibilità. Il film si divide sostanzialmente in tre distinte parti: l’incipit, che comprende anche la tragedia e la presentazione dei vari personaggi; l’incontro del protagonista con gli altri personaggi che svela piano piano tutto quello che sta avvenendo intorno a lui ed alla bambina; infine la conclusione,dove l’ineluttabilità degli avvenimenti prende il sopravvento sulle speranza dei personaggi e degli spettatori.

La sceneggiatura dimostra di essere di buona fattura soprattutto dalla seconda parte in avanti, quando finalmente i pezzi del puzzle, che inizialmente sembravano slegati, cominciano a convergere e si delineano i rapporti tra i vari personaggi: da qui in avanti tutta la narrazione viene permeata da un’aura di disfacimento, lento ma inesorabile, della società.

La regia della Ramke e di Howling non è ricca di virtuosismi, quanto più di bei momenti ben inquadrati in camera. Il film, infatti, per quanto semplice e lineare, vive di momenti e di attimi che il duo di registi riesce a catturare alla perfezione all’interno della pellicola. Le situazioni felici, i brevi attimi di realizzazione, i momenti di smarrimento dei personaggi, ogni genere di situazione viene catturato alla perfezione, anche grazie ad un ottimo comparto attoriale ed una scarna scenografia. La regia fa spesso uso di campi lunghi per mostrare la vastità dei luoghi dove è ambientata la vicenda, luoghi selvaggi e primitivi, dove non vi è quasi più la vita, ma solo un desertico cimitero a cielo aperto.

L’ambiente dove Andy, Thoomi e gli altri personaggi si muovono è vastissimo, ma anche incredibilmente privo di vita. L’idea di società decaduta, della fine dell’umanità, è sempre radicata in questo genere di film, ma nel caso di Cargo, proprio per la vastità degli ambienti e per il numero così esiguo di personaggi “vivi”, il tutto sembra ancora più decadente e prossimo alla fine.

Le immagini sono accompagnate da musiche tribali, che trovano un posto importante all’interno della simbologia stessa della pellicola, diventando lo specchio di una nuova società, che si è venuta a creare dalle ceneri (letterali) di quella precedente che ancora purtroppo è legata al retaggio di un mondo che viveva sulle spalle degli altri, come sta ancora tentando di fare Vic, l’antagonista della parte centrale del film.

Parlando del comparto attoriale, le interpretazioni nella pellicola sono poche, ma convincenti: Martin Freeman dimostra ulteriormente la sua bravura, grazie alla capacità di portare alla vita anche un personaggio che la sta perdendo, ma che non sta perdendo la forza di combattere, che va avanti nonostante tutto e che è disposto alla più atroce delle morti per amore, l’amore di un padre per la propria figlia.

Cargo è un film distopico, è un film horror, è un film on the road (per quanto la strada percorsa sia poca) ma anche una storia di perdita e accettazione della perdita. Tramite l’immagine di una pandemia, la Ramke e Howling richiamano uno dei topoi più vecchi del cinema, la storia dell’accettazione dell’inevitabile, della morte e dell’abbraccio della vita. Nella pellicola si verranno a creare proprio queste due immagini contrapposte, un’accettazione finale e terribile della morte e l’inizio di una nuova vita in mezzo alla morte.

 

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Cargo: a spasso per l’Australia con gli zombie