In un’epoca dove Hollywood vive una profonda crisi di idee, il genere Horror è sicuramente uno di quelli che più ne risentono. Tanti sono i film di questo filone che negli ultimi anni sono finiti nel dimenticatoio e pochi quelli che si sono rivelati dei successi. “The Conjuring”, per dirne uno, è riuscito a convincere pubblico e critica, grazie anche alla sapiente guida di James Wan. A tal punto che la Warner ha deciso di costruire un vero e proprio “universo espanso” proprio a partire da queste pellicole, riuscendo a dare coerenza e a collegare tutte le vicende paranormali attraverso vari spin-off.
La stessa formula è stata adottata dalla saga di “Insidious”, sempre ideata e inizialmente diretta da Wan, che include due prequel maggiormente incentrati sul personaggio di Elise.
La prossima settimana uscirà infatti il quarto capitolo, “Insidious: l’ultima chiave”, che si pone come sequel del terzo capitolo e che fa da ponte tra questo e il primo film.
La trama è, in linea generale, la stessa di sempre. L’ennesima minestra riscaldata, anche se strettamente collegata ai segreti più intimi della sensitiva Elise Rainier (Lin Shaye), indiscussa protagonista di tutta la saga di cui scopriremo l’oscuro passato.
L’idea alla base non è poi così male, riservando qualche colpo di sorpresa inaspettato e gestito abbastanza bene, anche se la “morale” su cui si fonda l’intera storia, ovvero che gli uomini possono essere dei veri demoni, non è sicuramente dei più innovativi e, soprattutto, perde di valore quando viene mostrato il motivo che si cela dietro alle loro gesta.
Ma il vero problema del film sta nello svolgimento della storia, e quindi nella sceneggiatura. Questo Insidious è infatti corredato da momenti completamente inspiegabili, concretizzati attraverso incredibili coincidenze che portano a risvolti fondamentali. In particolari momenti la sceneggiatura sembra poggia completamente sulla sospensione dell’incredulità, mettendo su un teatrino che ha dell’inverosimile in tutte le sue componenti. E la cosa ancor più grave è che ciò non succede solo nei momenti dove è coinvolto il “mondo paranormale”, ma anche e soprattutto nelle vicende che riguardano le relazioni tra i protagonisti.
Ci sono inoltre questioni che sembrerebbero avere importanza ma che, inspiegabilmente, vengono lasciate in sospeso per non essere più riprese.
L’amara ciliegina su questa torta non proprio buonissima è rappresentata invece dalle (imprescindibili) parti horror. I momenti con l’unico scopo di spaventare sono davvero pochissimi, poco incisivi e basati quasi tutti su jumpscare abbastanza prevedibili. C’è l’intenzione di mettere ansia allo spettatore senza farlo saltare dalla poltrona, ma il risultato è una carrellata di scene che, a lungo andare, finiscono per annoiare anche il più paziente e preso degli spettatori.
L’atto finale è l’ultima nota dolente, una conclusione estremamente banale, poco d’effetto e rapida. E anche in questo caso il film soffre di una messa in scena tutt’altro che perfetta, resa ancora più scialba da una storia che, malgrado il potenziale, affonda lentamente in un oceano di inutilità e inconcludenza.
Probabilmente, con un minutaggio maggiore (il film dura all’incirca un’ora e mezza) si sarebbero potuti sviluppare meglio e con più calma alcuni punti, soprattutto quelli lasciati in sospeso, evitando così uno svolgimento terribilmente rapido e, in sintesi, scialbo.Ci sono inoltre questioni che sembrerebbero avere importanza ma che, inspiegabilmente, vengono lasciate in sospeso per non essere più riprese.
I personaggi, malgrado tutto, sono abbastanza caratterizzati e funzionali, anche se alcuni godono esclusivamente di una caratterizzazione superficiale, seppure ben sostenuta da discrete performance attoriali.
Elise è il personaggio meglio riuscito, il suo background, ben congegnato e discretamente coinvolgente, aggiunge dei dettagli interessanti e fondamentali ad un personaggio con una caratterizzazione già consolidata nel franchise.
La componente humor legata ai due assistenti di Elise a tratti funziona, ma stona completamente col mood della vicenda, risultando ripetitiva e fastidiosamente infantile.
Adam Robitel, il regista del film, fa il compitino: la sua regia è nello standard del genere, non regala momenti da incorniciare e dista ovviamente anni luce da quella dei capitoli diretti da Wan.
Anche la fotografia si comporta discretamente bene, ma anche in questo caso non ci troviamo di fronte a qualcosa di interessante o particolarmente ispirato.
Tutto il lato tecnico è quindi nella media, niente di più e niente di meno, e non incide pesantemente sul prodotto, che soffre soprattutto di una sceneggiatura piena di difetti.
Avevamo davvero bisogno di un nuovo Insidious? Molto probabilmente, no.
Per quanto possa essere interessante sapere di più sul personaggio migliore della serie, questo film non aggiunge qualcosa di davvero essenziale e non è neanche inquietante come il primo. Non è sicuramente da buttare completamente ed è difficile dire se questo sia il film peggiore di tutta la saga, ma sicuramente meno intrigante e incisivo rispetto ai primi due capitoli. Si sente la mancanza di James Wan, sia alla scrittura che alla regia, e che qui ricopre il solo ruolo di produttore. Insidious soffre ormai della mancanza di idee originali, che sacrifica pur di sfruttare ancora una volta un modello narrativo già consolidato e spremuto fino all’osso.
È un horror dalle scarse pretese, da vedere con gli amici o in famiglia, che rispetta (e rispecchia) lo standard qualitativo di un filone che oggi fatica a regalare prodotti memorabili, o quantomeno accattivanti, e che sembra essersi perso in un tunnel, oscuro e terribile, dove non vi è alcuna luce alla fine.
“Insidious: L’ultima chiave” uscirà nelle sale italiane il 18 gennaio e ovviamente vi consigliamo di andarlo a vedere per farvi una vostra idea.
https://www.youtube.com/watch?v=CJ7FPqAXhu4