[Recensione] Lost in Space Stagione 1 – Terranova ma fatto bene

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Lost in Space è una serie televisiva del 2018, prodotta e creata da Matt Sazama e Burk Sharpless, basata sull’omonimo classico della fantascienza degli anni 60 creato da Irwin Allen. La serie è stata resa disponibile su Netflix, con tutti gli episodi della prima stagione Venerdì 13 Aprile.

La famiglia Robinson composta da John (Toby Stephens), Maureen (Molly Parker), Will (Maxwell Jenkins), Judy (Taylor Russel) e Penny (Mina Sundwall) si ritrova dopo un incidente sulla stazione spaziale Resolute a dover effettuare una partenza improvvisa che li scaraventa su un pianeta sconosciuto. La famiglia di lì a poco farà la conoscenza di Robot, una sorta di androide organico che salva Will da un incendio nella foresta e che si rivelerà molto utile. I Robinson non sono l’unica astronave ad essere finita sul pianeta e ad essere sopravissuta, altri coloni destinati anche loro verso Alpha Centauri sono bloccati come loro e dovranno fare fronte comune per riuscire a farsi trovare dalla Resolute prima che sia troppo tardi e come se non bastasse una misteriosa donna, la dottoressa Smith (Parker Posey) ha una sua personale agenda e non sarà di aiuto nel modo che i coloni pensavano.

Il remake made in Netflix si differenzia subito dall’originale adoperando una presa più realistica rispetto all’originale del ’65 ma non si dimentica della sua origine e cita in vari modi, re immaginando situazioni già viste nella serie originale e ruoli come quello della dottoressa Smith e del Robot, il primo qui donna e il secondo di costruzione aliena e non terrestre, con un design accattivante e una peculiare modalità di comunicare. A partire dal tema della serie i rimandi all’originale sono molteplici.

Il tema ricomposto da Christopher Lennertz sulla base di quello di John Williams per la terza stagione della serie originale (NDR: Williams aveva composto anche i temi delle prime due stagioni), ritorna durante gli episodi e viene riarrangiato in vari modi per adattarlo a più situazioni e per omaggiare in parte anche quelle classiche sonorità da fantascienza anni 60, di cui la serie mantiene alcune ingenuità, soprattutto nel voler essere un prodotto per famiglie.

John in questa versione è un soldato, altamente specializzato, duro e poco presente che vede questo viaggio come opportunità per riconnettersi con la sua famiglia e salvare almeno il rapporto con i figli, Stephens, che già in Black Sails aveva dimostrato di saper reggere uno show, qui ha molta importanza e insieme a Molly Parker, regge uno show, che per vari motivi non ha un cast abbastanza affiatato o conosciuto al grande pubblico. Sarà lui l’uomo d’azione dello show e quello a cui spetterà il compito di tenere la famiglia “in riga”.

Maureen, invece è quella apprensiva, ma su cui questa situazione pesa più di tutto, voleva che la sua famiglia avesse un’altra possibilità su Alpha Centauri e voleva anche allontanarsi da John, ora sono tutti bloccati su questo pianeta, in parte ostile e dovrà fare scelte difficili e riconciliarsi con il marito per sopravvivere, chissà che questa situazione non possa riaccendere la fiamma. Molly Parker nei momenti in cui è con Stephens riesce comunque a dare una buona resa al personaggio, nonostante quest’ultimo spesso sia più centrale di lei.

Entrambi i genitori in questa nuova versione rivedono il modello arcaico di quei Robinson e consegnano momenti toccanti e scene che dimostrano come una famiglia possa crescere e solidificarsi nelle situazioni peggiori e fanno da fari per i figli.

Will, Judy e Penny sono dei tipici ragazzini della loro età ognuno con il proprio carattere ma che riescono a fare fronte comune quando serve, è interessante soprattutto il rapporto tra Will e il Robot e il modo in cui questo si ripercuote sulla famiglia e sul suo rapporto con la sorella Penny, che forse tra i tre è il personaggi più stereotipato e che è un po’ più la palla al piede della famiglia in poche situazioni, che purtroppo riescono a mettere in seria difficoltà  i coloni.

La dottoressa Smith in parte fa da catalizzatore di tutti gli eventi negativi che avvengono ai coloni e in parte risulta il villain della stagione, ma anche colei che serve ad aggiungere quell’interessante particolarità che possa anche attirare spettatori non solo ragazzini, ma anche giovani adulti e adulti.

Gli altri personaggi ad eccezione di Don West e della dottoressa Smith non hanno tutto lo spazio dei Robinson, di cui questa stagione è in parte una stagione introduttiva, infatti, nonostante il titolo, Lost in Space, la serie è solo un preludio a quello che vedremo nella stagione due, ossia loro dispersi alla ricerca del modo di tornare mentre cercano di risolvere un mistero riguardo alla loro stessa nave.

Dal punto di vista registico, i primi due episodi diretti da Neil Marshall sono quelli più interessanti ed angoscianti, soprattutto perché sono quelli dove ci vengono presentati i personaggi e dove sono a contatto con situazioni pericolose ed ostili come le temperature glaciali ed hanno un piglio decisamente horror e possiedono un alone misterioso che riguarda anche la situazione del robot. Le successive puntate invece hanno una regia di buona fattura che non lascia nulla al caso ma che risulta anche meno peculiare rispetto a quella delle prime 2 e fa solo il compitino, portando a casa comunque un buon risultato e delle scene d’azione comunque ben girate, senza troppi problemi o senza che venga difficile seguirla.

La serie si dimostra dunque un ottimo prodotto d’intrattenimento per tutti, dove la componente sci-fi passa in secondo piano quando vi è da raccontare le tribolazioni della famiglia che deve sopravvivere ad una situazione difficile e deve anche avere a che fare con i propri demoni. Lost In Space in fin dei conti è quello che poteva essere Terranova, una storia fantascientifica di sopravvivenza e di esplorazione, con il mistero come cornice.