[Recensione] Narcos Stagione 3 – Un nuovo impero

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Questo venerdì Netflix ha reso disponibile tutta la Terza Stagione di Narcos, l’acclamata serie TV che racconta la storia del narcotraffico e delle vite degli uomini che perseguono i Narcotrafficanti.

Dopo la morte di Pablo Escobar (Wagner Moura) la droga non ha smesso di circolare dalla Colombia verso gli Stati Uniti; La guerra che l’agente Murphy (Boyd Holbrook) e Peña (Pedro Pascal) hanno condotto non è servita a nulla, anzi ora la cocaina è un affare mondiale sotto il temuto Cartello di Cali, comandato dai suoi 4 Padrini: Gilberto Rodriguez (Damián Alcázar), Miguel Rodriguez (Francisco Denis), Chepe Santacruz Londoño (Pêpê Rapazote) e Pacho Herrera (Alberto Amman), che gestiscono un vero e proprio impero della cocaina.

Questa terza stagione aveva l’arduo compito di mantenere la stessa qualità delle prime due e di lanciare la serie verso territori sempre più politici e internazionali. Anche senza il carismatico Wagner Moura e il suo sempre presente “Fijo de puta” ci è riuscita, non completamente, ma ci è riuscita. Dopotutto nessuno è perfetto no?

La prima puntata riprende esattamente da dove avevamo lasciato i nostri personaggi, tutti tranne l’agente Murphy, infatti quest’anno è Pedro Pascal che dovrà vedersela con il cartello di Cali, non da solo ma senza il suo compare e in un nuovo ruolo, quello di attaché della DEA presso Bogotà. Ogni personaggio che conoscevamo dopo la morte di Pablo è andato avanti, quindi sia Pacho che i fratelli Rodriguez, personaggi che conosciamo già da un pò, hanno acquisito nuove esperienze e nuove conoscenze nel loro mestiere di narcotrafficanti. E’ proprio questo uno dei pregi di questa terza stagione, essere riuscita fin da subito a far rimettere in gioco lo spettatore in un mondo tanto distante dal proprio quanto affascinante e pericoloso.

La narrazione è molto più serrata, non abbiamo tempi morti e non abbiamo fughe inverosimili, quest’anno Narcos è tutto un gioco di specchi e politica, di accordi e apparenze. Se in parte la Seconda Stagione aveva messo la politica in mezzo, questa Terza ha molti più elementi “reali” e politicizzati delle precedenti, portando lo spettatore a conoscenza di molte nefandezze operate dagli Stati Uniti in Colombia e nelle foreste durante la cosiddetta “guerra al Narcotraffico”.

Gli sceneggiatori sono stati abili nel gestire lo screen time di ogni personaggio e hanno anche impedito che qualcuno si imponesse sugli altri membri del cast, certamente siamo portati ad essere interessati di più a quello che succede su schermo quando ci sono Pacho o Peña, ma questo deriva sopratutto anche dal fatto che sono i personaggi in questa stagione che conosciamo da più tempo e di cui abbiamo visto una crescita rimanendo fedeli a loro stessi. Non si cade nemmeno nella facilità di dare a Pacho l’aria di uomo disprezzato dalla sua famiglia perché gay che ha avuto un riscatto a livello di posizione sociale, per quanto sarebbe stato semplice. Il tutto viene invece liquidato con solo una battuta, che passa quasi senza che te ne accorgi, perché prima di tutto lui è un Narcos. Peña invece lo si vede cambiato, ha visto morire amici, il colonnello Castillo e ha visto anche a cosa i compromessi sporchi possano portare e quindi agisce in modo più “legale” e disciplinato, non viene reso più “oscuro” ma solo più determinato e consapevole.

Il mondo di Narcos non è più quello della strada e degli assassinii, è quello dell’alta borghesia e delle multinazionali, la terza stagione è diversa anche in virtù delle ambientazioni e dei luoghi e questo si sente anche a livello tecnico.

La fotografia più sporca delle prime due stagioni cambia in favore di una fotografia chiara e limpida, più “polite”, direbbero gli Statunitensi, ma non per questo dimentica di sporcarsi, sopratutto nelle scene in prigione o quando il personaggio di Pedro Pascal si trova nella giungla, elemento costante ormai in ogni stagione dello show targato Netflix.

La regia è sempre quella a cui siamo stati abituati, chiara, mai confusionaria, se non quando siamo in un posto affollato e si inizia a sparare. C’è chi preferisce assistere al caos e chi preferirebbe una sparatoria chiara, ma non è quello l’obbiettivo della serie e non è certo questo che vuole mostrare. Dall’altro lato però gli inseguimenti che intervallano riprese dall’alto, mini piani sequenza e fughe tra i quartieri di Cali sono ben girati e sono ormai il marchio di fabbrica della serie.

Passando alle musiche, siamo di fronte a canzoni spagnoleggianti ed esotiche, non come nelle prime due stagioni dove erano forse più rudi, ma non per questo meno d’impatto. Forse insieme a Marvel’s Luke Cage (che di positivo ha solo quello) e The Get Down, Narcos ha alcune delle musiche migliori di tutta l’offerta di Netflix.

In definitiva anche questa terza stagione si rivela un ottimo prodotto, con una narrazione serrata e mai noiosa. Lo spettatore non è sicuramente portato ad allontanarsi dallo schermo e non sente la stanca neanche quando è arrivato all’episodio 5 e gliene mancano tipo altri 5 da vedere per terminare la serie, anzi si dimostra molto più facilmente vedibile in blocco delle altre due stagioni e questo per una serie tv che appunto viene rilasciata completa su una piattaforma come Netflix è positivo, perché fa si che il prodotto sia ben più simile ad un film che ad una serie vera e propria. Vi posso assicurare che una puntata chiamerà l’altra e in men che non si dica avrete divorato l’intera stagione e sarete carichi per i cartelli Messicani.