The Wrestler di Darren Aronofsky – Una storia che fa male | RedCult

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the wrestler

Oggi, con The Wrestler di Darren Aronofsky, inauguriamo la nostra nuova rubrica bisettimanale, RedCult, in cui vi parleremo di film, serie tv e fumetti che noi della redazione reputiamo dei veri e propri cult. Per correttezza vi avvisiamo, non essendo recensioni, gli articoli di questa rubrica andranno a sviscerare la pellicola nel profondo, pertanto in alcuni casi è necessario fare riferimenti ad alcuni passaggi specifici dell’opera tratta, e dunque saranno presenti degli Spoiler.


Se nel 2008 avevate una televisione sintonizzata su un notiziario o una connessione ad internet, probabilmente avrete sentito parlare di The Wrestler di Darren AronofskyPresentato in anteprima alla 65esima edizione del festival del film di Venezia, dove ha vinto il Leone d’oro, il film é stato in seguito candidato a due Oscar e ha vinto due Golden Globe, otre che a risultare un successo sia a livello di critica di settore che di pubblico.

The Wrestler racconta la storia di Robin Ramzinsky, un tempo una vecchia gloria del mondo del wrestling sotto il nome di Randy the Ram, ora ridotto ad una vita di miseria e malinconia dove l’assunzione di antidolorifici, le visite ad un night club ed i pochi match in piccole compagnie indipendenti sono le uniche “gioie” che la vita gli presenta. Purtroppo dopo un match particolarmente violento ed impegnativo Randy subisce un infarto ed una volta risvegliatosi in ospedale gli viene comunicato che non potrà più lottare. La notizia lascia profondamente scosso Randy, che però non si abbatte e decide di provare a ricostruirsi una vita. Dopo aver trovato lavoro in un supermarket, The Ram decide di conoscere meglio la spogliarellista Cassidy, di cui presto si innamora, e tentare di riallacciare i rapporti con la figlia Stephanie. Stephanie però non é affatto predisposta a riappacificarsi con il padre, in quanto lo odia per essere stato sempre assente durante la sua crescita e scaccia il padre malamente.

Sconfortato Randy torna a far visita a Cassidy, che gli da dei consigli su come tentare di riottenere l’affetto della figlia. Quindi The Ram torna alla carica ed in modo alquanto maldestro ed impacciato riesce a convincere Stephanie ad uscire insieme per una serata padre e figlia, che si rivelerà un successo e porterà i due a riavvicinarsi, tanto che Stephanie permette al padre un altro appuntamento al giorno del suo compleanno.

Felice di come sta andando la sua vita, Randy prova a sviluppare la sua relazione con Cassidy, che però si tira indietro, la donna ha un figlio avuto da una precedente relazione e non vuole stringere altri legami, soprattutto con un ex cliente. Rifiuta quindi le proposte di the Ram ed i due hanno un’accesa discussione che culmina con l’ex wrestler cacciato dal Nightclub.

Deluso ed amareggiato Randy prima si ubriaca ed assume cocaina, poi finisce la serata con una notte di sesso con una sconosciuta. Stanco ed in preda ai postumi l’uomo se ne torna a casa e crolla sul suo letto, dormendo tanto da mancare l’appuntamento con la figlia, cosa che chiude per sempre i rapporti tra i due. Totalmente depresso ed avvilito da quanto accaduto Randy si reca al lavoro, dove viene riconosciuto da un fan. Sentendosi umiliato nell’essere riconosciuto come The Ram, Randy esplode e tira un pugno all’affettatrice, ferendosi gravemente, per poi dimettersi insultando capo, colleghi e clienti. Sentendo di non avere oramai nulla per cui continuare a vivere, Randy decide di tornare all’unico mondo in cui si sente di appartenere: quello che inizia da una rampa e finisce su un ring. Dopo aver contattato quindi un promoter ed essersi fatto bookare nel main event di un grosso show indipendente, Randy The Ram si prepara di nuovo a calcare il ring. A nulla valgono i tentativi di una pentita Cassidy di dissuadere l’uomo, che alla domanda sul perché faccia tutto ciò risponde con una frase tanto ironica quanto emblematica: “Questo é l’unico posto dove non mi faccio del male”. La musica d’entrata di Randy risuona e lui entra in scena lasciando Cassidy ad osservarlo. Dopo aver pronunciato un discorso molto sentito ai fan, Randy comincia il match, ma man mano che la contesa va avanti l’uomo ha dei sintomi sempre più marcati di un attacco di cuore. Giunto alle fasi finali dell’incontro, The Ram sale sul paletto, preparandosi ad eseguire la sua mossa finale. Dopo aver notato che Cassidy oramai se ne é andata, l’uomo, visibilmente provato e dolorante si prepara per la sua ultima mossa, quindi salta, ma la camera non lo segue, continuando a rimanere fissa sul soffitto fino a che ogni rumore ed immagine scompare, lasciando incerto lo spettatore sul destino di Randy.

Per poter abbordare l’aspetto tecnico del film prima bisogna parlare del tipo di storia che esso presenta e che legame abbia con la realtà e con il mondo del wrestling, poiché questi aspetti sono legati a doppio filo al tipo di regia ed equipaggiamento usati.

Chi ha studiato lingue probabilmente avrà sentito parlare di quello che é il Naturalismo, una corrente artistica sviluppata nella Francia del 1800 che si proponeva di raccontare una storia come se fosse un esperimento scientifico, senza romanticismi o voli pindarici di sorta di cui la letteratura era piena, esponendo solo i fatti nel modo più reale possibile.

Con The Wrestler Aronofsky trasmette questa pensiero al mondo del cinema ed alla sua pellicola: il film infatti é strutturato come se fosse un biopic (film biografico su un personaggio realmente esistente) e raccontasse davvero la storia di un wrestler realmente esistito, arrivando ad una attenzione ai dettagli più consona ad un documentario piuttosto che ad un film. Ogni scena del film, dalla prima alla ultima trasuda realtà, ogni cosa che si vede nel film é reale: sì il wrestling ha creato delle glorie che non hanno saputo tenere il passo col tempo e sono cadute in disgrazia; sì il wrestling é predeterminato ed anche se sembra che i lottatori si odiano nel ring, spesso e volentieri sono amici; sì i wrestler si tagliano davvero la fronte con una lametta di rasoio per sanguinare; si moltissimi wrestler hanno storie di famiglia disastrose e ricorrono a prostitute nelle varie città in cui vivono per divertirsi; si la maggior parte finiva preda di alcool, droghe e antidolorifici. Le varie compagnie di wrestling che compaiono nel film sono tutte realmente esistenti ed i tipi di match che vediamo nel film sono tipici di quella determinata compagnia, inoltre il pubblico che sentiamo nel film é estremamente verosimile ad un vero pubblico di un evento di wrestling, cosa che dimostra una grande conoscenza e rispetto di questo mondo da parte del regista, che più e più volte si é incontrato con wrestler ed é andato a vari show apposta per mostrare una rappresentazione genuina e veritiera di quel mondo.

La storia di Randy The Ram sembra vera perché lo è: anche se il personaggio in se non é mai esistito, il film racconta la storia di una intera generazione di wrestler con i loro alti e i loro (ahimè molto più frequenti) bassi. Guardando questo film si ha lo stesso gusto che si ha leggendo famose autobiografie sull’argomento, quali “ To Be the Man” di Ric Flair, “ A Lion’s Tale” di Chris Jericho o “Have A Nice Day: a tale of Blood and Sweatsocks” di Mick Foley, oppure guardando dei bei documentari, come la caduta e rinascita di Jake “the Snake” Roberts in “ The Resurrection of Jake the Snake”.

Questo naturalismo viene anche trasposto al piano tecnico, in primo luogo dalla regia, estremamente minimalista e apparentemente priva dello stile distintivo del regista, infatti non vediamo i rapidi cambi di scena tipici dei primi lavori di Aronofsky (nel solo Requiem for a dream ci sono più di 2000 scene, più del doppio di un film “normale”). Altro elemento distintivo che in questo film manca sono le scene oniriche, allucinatorie o che interpretano le fantasie dei personaggi. Da sempre Aronofsky si é definito come un espressionista, una corrente artistica di stampo pittorico che si basa sul mostrare il contrasto tra l’apparenza (mostrata con con colori vivaci e solari) e la psiche nascosta e tormentata della persona o della società (raffigurata in genere in un modo più tetro) e questo elemento è sempre stato trasposto nei suoi film attraverso il contrasto tra la realtà e quanto avviene nella mente del protagonista: in “Pi” il protagonista ha diverse allucinazioni dovute alla sua paura di impazzire contrapposta alla sua professione che pone la logica sopra ogni cosa; in “Requiem for a dream” i sogni dei vari protagonisti servono come motori e  modi per fuggire la orribile realtà di dipendenti da droghe; in “The fountain” la moglie del protagonista racconta delle storie che si é inventata sulla ricerca della fontana della giovinezza come unico modo per dare forza a lei ed il marito in attesa della sua inevitabile morte per un cancro; nel cigno nero la protagonista man mano che la pressione aumenta ha allucinazioni sempre più forti ed incisive su come lei percepisce la realtà, fino a che tale realtà non si fonde totalmente al sogno, uccidendola; in Noah tutta la faccenda si sviluppa dopo un sogno rivelatore del protagonista che porterà alla salvezza della sua specie ma alla perdita della sua umanità; in Mother invece è la percezione del tempo e della realtà stessa che sfuggono completamente al controllo della protagonista, che finisce in una spirale di eventi di cui rimane prigioniera.

Con “The Wrestler” tutto ciò, che è una grandissima parte della poetica del regista, non avviene. Aronofsky voleva fare un film realistico che rendesse onore a questa disciplina, ma questo non vuol dire che scene oniriche, allucinatorie o sogni non possano essere mostrati, in fondo sono parte stessa della nostra identità, sognare é umano. Non si può neanche utilizzare come scusa il fatto che questo sia l’unico film di Aronofsky non scritto da lui, perché in ogni caso aveva il pieno controllo creativo e avrebbe potuto in ogni momento inserire una tale scena, quindi perché cambiare il proprio stile? E perché proprio per questo film?
La risposta avviene con il primo match di wrestling: il wrestling stesso é una illusione accuratamente elaborata per creare emozioni nello spettatore attraverso i personaggi che i wrestlers interpretano, le cosiddette Gimmick, sempre in lotta tra loro per un motivo differente da match a match, da serata a serata.  Aronofsky non ha bisogno di ricalcare il concetto, esso si sposa perfettamente nella sua poetica e nell’economia narrativa del film. Nell’elenco scritto sopra quindi si può mettere benissimo tra quanto detto di “The Fountain” ed “Il Cigno Nero”: In the Wrestler il protagonista vive e fa vivere ad altri l’illusione che tutti i problemi si possano risolvere in un ring, fuggendo evento dopo evento dalla sua miserabile vita reale.

Da qui gli elementi della poetica di Aronofsky vi sono tutti:

  • Come in ogni suo film Aronofsky preferisce un tipo di immagine più portata sulla gutturalità delle scene e sul senso, più che la ricerca di una qualche estetica, lo si può vedere con il fatto che la camera usata sia volutamente non un tipo di macchina di primo grido, ma bensì una macchina più “sporca ed imbruttita” per dare la stessa estetica di un documentario.
  • La particolare attenzione che viene data ai suoni: tutti diegetici (ovvero che esistono nell’economia del racconto e vengono sentiti anche dai personaggi presenti in scena) tranne un violento acufene utilizzato per far capire allo spettatore le condizioni di estrema sofferenza di Randy per via dell’infarto. 
  • La presenza di specchi come modo per individuare un contrasto interno, nel caso di Randy osservare il suo corpo consacrato al wrestling, ma allo stesso tempo essere costretto a vedere la cicatrice della operazione al cuore, motivo fondamentale della sua impossibilità di continuare.
  • La presenza di rapidi giochi di luce come preludio ad un evento doloroso e/o estremamente nocivo per la psiche del protagonista: quando Randy sale sul ring della CCW per il match ultraviolento che gli scatenerà l’infarto, possiamo vedere le luci utilizzate per la sua entrata accendersi e spegnersi molto rapidamente ed infatti quella notte cambierà per sempre il destino del protagonista.
  • Una regia estremamente serrata e concentrata sugli attori, atta a fare emergere la qualità recitativa da ognuno di essi. Sono davvero pochi i registi che riescono a mettere in risalto le capacità dei propri attori come fa Aronofsky, tanto che questo é diventato un suo marchio di fabbrica. The Wrestler non fa eccezione e la recitazione dei protagonisti è tanto reale quanto viva: tu non stai guardando Mickey Rourke che sta fingendo di avere un infarto, stai guardando Randy the Ram che sta subendo un infarto… very different.
  • Un contrasto famigliare importante ai fini della storia: in ogni film di Aronofsky vediamo una situazione di tensione o dolore scaturite dal proprio nucleo famigliare (tranne in Pi, ma lì il posto della famiglia può essere comodamente preso dalla religione) ed ogni volta ha a che fare con i sogni di uno dei protagonisti. Randy per vivere il suo sogno da wrestler trascurerà la figlia “per lavoro”, quando anni dopo Cassidy metterà suo figlio al primo posto, questo causerà la caduta del personaggio di Randy, distruggendogli ogni possibilità di riavvicinarsi alla figlia.
  • Randy é ossessionato dalla sua fama e dalla sua vita passata come wrestler, cosa che lo ha portato al declino e che sarà l’ultima caduta che lo porterà a rinunciare alla propria vita, quando lascia il lavoro umiliato dal fatto che un fan abbia scoperto che il grande Randy the Ram sia costretto a lavorare in un supermarket per vivere.
  • Un’altro tema interessante é quello del dolore: in ogni pellicola di Aronofosky il protagonista ha un legame tormentato con il dolore, sia fisico che mentale. Vi sono però due tipi di pellicole in questo caso, quelle dove il personaggio fugge questo dolore e ne viene sconfitto (Requiem for a dream, Mother, Noah) o quello dove il protagonista accetta questo dolore e lo fa suo, riuscendo a raggiungere una flebile seppur esistente vittoria personale o spirituale (Pi, the Fountain, Il Cigno nero). The Wrestler ricade nella seconda categoria, Randy sceglie di morire facendo quel che ama e che sa di fare bene sul ring piuttosto che vivere una vita che lo degrada come essere, preferendo un ultimo dolorosissimo ma bellissimo canto del cigno tra la sua gente, l’unica che lo ama per quello che davvero lui si sente di essere: l’eroe di quella bellissima e grottesca illusione chiamata Wrestling.
  • Nonostante quanto detto in precedenza vi sono indizi della corrente espressionista a cui il regista fa riferimento, nello specifico esse sono presenti nel comparto fotografico della pellicola: il film è per la stragrande maggioranza del tempo desaturato, con colori freddi e tendenti al blu, che entrano in contrasto con le uniche parti in cui il film si satura, quelle all’interno del ring, dove il personaggio è felice e dove ha maggior visibilità. Esattamente come un quadro espressionista.

Il wrestling è sempre stato visto con rispetto dai fan ma non è mai stato rispettato dalla maggioranza delle persone, basti solo vedere la disinformazione ed il preconcetto che dilaga ogni volta che vi è un servizio relativo ad esso su un qualche TG. Quando questo film uscì, riuscì per un certo periodo a far guardare il mondo del wrestling con rispetto, cosa che sta facendo al giorno d’oggi l’ottimo “Glow“ su Netflix (seppure in un modo totalmente differente). Al giorno d’oggi il wrestling a livello mainstream è al suo minimo storico negli stati uniti ma al contrario il livello del lottato in compagnie indipendenti non é in continuo aumento e  record su record vengono infranti.

Fa quindi piacere che questo film abbia contributo in un qualche modo a tutto questo, dando rispetto al mondo del wrestling e ottenendo indietro un rispetto ancor maggiore da fan, wrestler e publico generale.

The Wrestler è un film che raggiunge un livello artistico impressionante anche ignorando questi concetti, e riuscendo comunque a differenziarsi grazie alla sua unica capacità di mescolare in un solo prodotto omogeneo, naturalismo, espressionismo, romanticismo (il canto del cigno ne é il simbolo) ed il linguaggio drammatico proprio al cinema. Il mondo del wrestling può essere guardato con disdegno da gli altri sport più importanti, però ha una battuta con cui ripiegare, quella che un film come The Wrestler, nessuno altro sport lo avrà mai.