Stanlio & Ollio di Jon S. Baird – La storia vera di un’amicizia irresistibile | Recensione

0
Stanlio & Ollio

Tutti noi sicuramente ricordiamo i corti di Stan e Ollie, o come venivano chiamati in Italia, Stanlio e Ollio, per ragioni di semplicità fonetica. Stan Laurel e Oliver Hardy sono, probabilmente ancora al giorno d’oggi, considerabili come il duo comico di più ampio successo della storia del cinema, nonché uno dei più longevi, grazie anche alla loro capacità di rinnovarsi e saper offrire una comicità sempre fresca e mai sguaiata. I loro sketch erano sempre caratterizzati da un incontro meraviglioso di goffaggine e grazia, maldestria ed eleganza, l’una causata dalle rocambolesche vicende portate in scena, l’altra dalla cortesia e a tratti dalla dolcezza con cui sapevano far ridere il pubblico.

In questo film, che molto più di un biopic è un omaggio, si muove proprio da questa considerazione. Stanlio & Ollio è un’opera garbata, che celebra molto più che raccontare; l’intera pellicola è intrisa di quella comicità tipica dei due attori, proposta anche nelle scene di vita reale, dove i due non si trovano sul palcoscenico, attraverso delle gag che, in teoria, dovrebbero appartenere solo a quest’ultima sfera. Trovata che crea un po’ di manierismo, forse, ma sicuramente di qualità. La trama, non particolarmente fedele agli effettivi fatti storici, prende piede dal brusco cessare del rapporto lavorativo tra Stan Laurel e Hal Roach, produttore della quasi interezza della cinematografia di Stanlio e Ollio; questa rottura determina anche la temporanea cessazione dei rapporti tra Laurel e Hardy, essendo quest’ultimo ancora sotto contratto con Roach. Nei successivi anni Oliver Hardy farà coppia con un altro comico, storicamente Harry Langdon, per una serie di film di scarso successo. Risoltosi anche il contratto di Oliver, il duo comico decide di riunirsi, nel tentativo di rilanciarsi prima sul palcoscenico e poi, con un ultimo grande progetto, nel mondo del cinema.

Il film è sufficientemente efficace nel comunicare la difficoltà che i due, inizialmente, incontrano nel riproporsi a distanza di tanti anni: l’era della grande comicità cinematografica, che vide il suo apice tra gli anni 20 e i 30, ormai giunge al termine; i grandi comici come Charlie Chaplin e Buster Keaton sono al tramonto, se non già tramontati e, come ancora oggi accade, il pubblico ha imparato ad apprezzare nuovi tipi di comicità, come quella proposta da Abbott & Costello, da noi noti come Gianni e Pinotto. Una difficoltà ulteriore è rappresentata dalle condizioni di salute di Oliver Hardy, ulteriormente ingrassato negli anni e gravato da problemi di cuore. Ciò nonostante, pur partendo da piccoli teatri secondari, il duo comico riesce a riaccendere la vecchia fiamma del loro successo, riguadagnando via via sempre più pubblico e riscoprendo un affetto che nessuno aveva mai davvero smesso di nutrire nei loro confronti.

E’ uno svolgimento agrodolce quello del film, apparentemente e volutamente privo di eccessiva drammaticità ma comunque melanconico nel mostrarci come due artisti di tale caratura abbiano dovuto in parte “svendersi” per rilanciarsi, partecipando spesso come comparse o ospiti durante numerosi eventi promozionali, piuttosto che come giudici a concorsi vari.

In un certo qual modo è toccante anche l’attitudine che la sceneggiatura sceglie di dare ai due nell’affrontare questa situazione, infatti ci si poteva aspettare frustrazione e aperto astio da parte dei due giganti nel vedersi affibbiare, talvolta, il ruolo di mere comparse pubblicitarie, e invece vengono presentati come due uomini estremamente umili, consapevoli dei cambiamenti in atto intorno a loro e volenterosi di rimettersi in gioco seguendo nuove regole, pur se a loro meno familiari, e senza mai tradire se stessi. Questo focus sugli ultimi anni di carriera del duo comico, svoltisi prevalentemente a teatro, è ampiamente romanzato, come dicevamo poc’anzi il film è molto più un omaggio che un racconto biografico, le vicende storiche non sono fedeli ma sono funzionali a parlarci del rapporto particolare che esisteva tra Laurel e Hardy.

Nonostante i numerosissimi anni di lavoro e attività artistica, è ben noto che i due attori svolgessero vite private distinte, non frequentandosi molto al di fuori del set. Questo particolare legame è un altro degli aspetti centrali del film, che ci mostra come Stan e Oliver avessero si un rapporto sostanzialmente amichevole, ma pur sempre legato a filo doppio alla loro attività di artisti. La mancanza di momenti di vera vicinanza umana sfocia nel primo vero litigio del duo, rappresentato nel film e probabilmente mai avvenuto, alimentato da vecchi rancori reciproci nati quando si separarono, alla fine dei rapporti di Stan con Hal Roach. In seguito a questo scontro il focus vira sulla realizzazione, da parte dei protagonisti, dell’importanza del rapporto umano instauratosi durante i molti anni, più che sul sodalizio meramente artistico. Si tratta certamente di un espediente ruffiano, cinematografico, poco o nulla attinente alla realtà dei fatti e chi più ne ha più ne metta, ma risulta tuttavia di grande dolcezza per tutti quelli che Stanlio & Ollio li hanno amati anche a più di 50 anni dalla loro dipartita.

Impossibile non menzionare le interpretazioni di Steve Coogan e John C. Reilly, in particolare il primo, nella parte di Stan Laurel, risulta eccellente, mai caricaturale e convincente sia nel riproporre il comico sia nell’interpretare l’uomo. Efficacissime anche Nina Arianda e Shirley Henderson, rispettivamente le mogli di Stan e Oliver, Ida e Lucille, che creano un duo comico di spalla ai mariti davvero efficace e divertente, senza risultare mai forzato o grossolano. La regia non è certo una regia da film autoriale, virtuosa e ricercata, ma Jon S. Baird è indubbiamente abile nel mettere in scena le gag del duo comico, talora anche ispirato in alcune inquadrature, in sede di finale di film, in cui suggerisce, riprendendo le ombre danzanti dei due sul palco, una fine della loro storia ma non del loro mito.

Stanlio & Ollio in definitiva è una pellicola piacevole, ricca di dolcezza tanto quanto povera di attinenza storica, che però passa del tutto in secondo piano in quanto non vi è chiaramente interesse nella rappresentazione biografica ma, piuttosto, nell’omaggio del cinema a due signori che hanno contribuito a farne la storia.