Una continua rincorsa al potere. Così si può descrivere il viaggio che è stato Suburra – La Serie, prima produzione italiana di Netflix. Inizialmente paragonato ad un prodotto come Gomorra, in special modo per la sua genesi, ben presto Suburra si è distinta dalla produzione Sky. La serie è diventata un prodotto più circoscritto e che aveva in mente di raccontare una storia ben precisa e ben pensata. Una fine che altro non è che il termine di quella rincorsa al potere che ha contraddistinto i protagonisti sin dal primo episodio della prima stagione.

Il terzo capitolo di Suburra è la diretta conseguenza degli eventi del secondo season finale: la morte di Lele ha lasciato inevitabilmente il segno in Aureliano (Alessandro Borghi) e Spadino (Giacomo Ferrara), che non sono più i ragazzini visti nella prima stagione e nemmeno gli uomini alla ricerca del loro posto nel mondo della seconda: i due protagonisti, ancora accompagnati da Nadia (Federica Sabatini) e Angelica (Carlotta Antonelli), hanno capito quali sono le loro ambizioni. Adesso devono, e vogliono, fare di tutto per raggiungere gli obiettivi. In tutto questo, il politico Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro) continua a collaborare, malvolentieri, con Samurai (Francesco Acquaroli) per assicurare il controllo di Roma alle famiglie siciliane. La status quo e le gerarchie del sottomondo della città sono però destinate a cambiare quando il Vaticano annuncerà un Giubileo straordinario. Tutti quanti fiutano la possibilità di guadagno e vogliono entrare nell’affare, compreso un redivivo Manfredi (Adamo Dionisi), che è anche intenzionato a riprendere il controllo della sua famiglia.

Una continua rincorsa al potere, appunto. Dire che Suburra è una serie che racconta gli intrecci nella capitale italiana tra politica, Chiesa e crimine sarebbe giusto ma assolutamente riduttivo. Parlare di percorso di formazione dei personaggi sarebbe anche questo giusto, ma estremamente banale. Suburra, questa terza stagione ma più in generale tutta l’opera, è un’avvincente e complessa epopea: i personaggi sono il cuore pulsante della serie e vivono successi, vanno alla deriva, risalgono e poi cadono di nuovo, fino a trovare un loro equilibrio che permette di andare avanti, evento dopo evento, per tendere al raggiungimento di ciò che vogliono, la rivalsa.

“Roma non si governa con le carte, e manco con le pistole. Roma si governa con il potere, e voi non ce l’avete”. Sono forse queste le parole più azzeccate di tutta la terza stagione di Suburra, perché condensano in pochi istanti tutto ciò che Aureliano e Spadino vogliono, ma che non hanno. E proprio per questo motivo i due protagonisti si imbarcheranno in un ultimo viaggio, ricco di colpi di scena sin dal primo episodio, per riuscire a conquistare il potere per diventare “i nuovi Re di Roma”.

Dal punto di vista tecnico, la stagione finale di Suburra alza ulteriormente l’asticella della qualità che già era più alta nella seconda rispetto alla prima. Il punto forte del nuovo blocco di episodi è certamente la sceneggiatura, estremamente solida e soprattutto verosimile. Tutti gli eventi, nel contesto della serie (chiaramente) sono plausibili e coerenti. Stesso dicasi per i comportamenti dei personaggi, che portano a termine il loro processo evolutivo e di cui, però, si parlerà più avanti. Tornando alla sceneggiatura, pressoché perfetta, ha solo un piccolo difetto: un paio di archi narrativi vengono accantonate forse troppo in fretta. I personaggi in questione non avevano (forse) più nulla da dare alla trama e si è certamente preferito privilegiare la storia principale. Tuttavia, la sensazione di aver chiuso queste sotto trame troppo velocemente c’è.

La serie, in passato, era stata accusata di una rappresentazione eccessivamente negativa della capitale e del suo organismo interno fatto di complotti e corruzione. Tuttavia, il produttore Riccardo Tozzi ha voluto chiarire subito l’inquadramento della serie: “Nel nostro lavoro noi siamo chiamati a rappresentare ciò che la realtà produce. Ovviamente ci aggiungiamo la nostra componente di drammaturgia, ma in alcuni casi andiamo addirittura ad addolcire alcuni elementi”. E da queste parole si può evincere perché Roma in Suburra è più viva che mai. I luoghi della città sono i fulcri delle trame: il Vaticano, Roma Nord, Ostia, solo per citare i più importanti, sono location ricorrenti e che mandano avanti gli eventi e senza dei quali, senza quell’aura magica e mitologica che circonda la capitale, probabilmente la serie non sarebbe la stessa.

La regia, per questa terza stagione passata nelle mani di Arnaldo Catinari, già direttore della fotografia, è molto più ispirata delle altre stagioni. Soprattutto, però, la regia è precisa. La scelta dei luoghi, per esempio, è mirata allo svolgimento della trama. Determinate inquadrature vengon fatte non tanto come esercizio di stile, ma perché il regista vuole rendere memorabile un posto e far sì che lo spettatore si ricordi immediatamente qual è l’arco narrativo che si sta svolgendo in quel luogo e può approcciarsi con la giusta attitudine. Nota di merito alla scelta piuttosto intelligente di relegare forse una storyline meno interessante in quella che probabilmente è la location più suggestiva di tutt’e tre le stagioni.

Ma la fotografia e la regia non sono le uniche cose a mettere in risalto la bellezza di questo prodotto nostrano. Anche per questa stagione, Netflix ha deciso di affidare la colonna sonora di Suburra a Piotta, rapper romano che già aveva collaborato con la produzione. In questo caso, però, si va ben oltre l’impatto di 7 Vizi Capitale nella prima stagione. I brani sono anche in questo caso estremamente mirati. Soprattutto, però, sono scritti con la consapevolezza dei momenti che il cantante avrebbe avuto il compito di far risaltare. Il risultato è semplicemente magnifico. Questo perché l’attenzione dello spettatore si focalizza sul testo e, inconsciamente, si sposterà poi sulle immagini. Sembra quasi che il brano sia una sorta di commento a ciò che chi è davanti allo schermo sta guardando. Anche in questo caso, dunque, c’è stato un ottimo lavoro.

“Infine”, si arriva all’elemento più interessante di Suburra: i personaggi. Certamente il lavoro fatto sui protagonisti è ottimo dal punto di vista della sceneggiatura, perché l’evoluzione è assolutamente palese. Basti pensare ad Aureliano. Si è passati dall’avere a che fare con un ragazzo biondo, insofferente nei confronti del padre, ad un uomo che involontariamente sta seguendo le sue orme e che non riesce a capire se sta facendo la cosa giusta o sbagliata. I dialoghi sono “veri” e non ci sono quasi mai battute che risultano forzate e sopra le righe. Forse in una sola scena si è deciso di esagerare un po’ con la teatralità, ma il tutto era funzionale al contesto.

L’ottimo lavoro della sceneggiatura ha permesso agli attori di dare il meglio di sé. Alessandro Borghi è perfetto nel trovare il giusto equilibrio tra Aureliano e Numero 8, le due facce di una stessa medaglia. Il suo personaggio è vero, dubbioso, preoccupato, determinato, arrabbiato. E tutto questo, spesso e volentieri, l’attore riesce a farlo trasparire “semplicemente” con il suo sguardo, oltre che con una modulazione della voce davvero assurda, se si pensa alla voce normale di Alessandro Borghi. Forse anche migliore è il lavoro di Giacomo Ferrara su Spadino: il sinti è tormentato, sempre e comunque. Anche nei momenti in cui cerca di divertirsi si intravede sempre il suo disturbo interiore, il suo essere sempre sul pezzo, nonostante la situazione possa suggerire altro. Dilaniato dal solito conflitto interno tra Aureliano e Angelica, Spadino deve cercare assolutamente di trarre il meglio da ogni situazione per la sua tranquillità, e Giacomo Ferrara in questo è bravissimo, grazie alle sue movenze ormai iconiche. Sublime l’immancabile scena di ballo.

Ottimo Francesco Acquaroli nel ruolo di Samurai, che questa volta dimostra ancor di più una sfumatura che già si era vista nella seconda stagione: il criminale che tira le fila di Roma ha un lato umano, che cerca costantemente di tenere nascosto, ma che in qualche modo continua a venir fuori. L’attore è costantemente freddo, ma riesce a trasmettere un senso di tiepidume quando Samurai si mostra un po’ più umano. L’evoluzione più marcata, però, è probabilmente quella di Amedeo Cinaglia, interpretato da Filippo Nigro: come un novello Walter White, il politico continua la sua discesa negli inferi. Questo sciagurato percorso lo porterà ad affrontare situazioni che mai avrebbe pensato di dover affrontare. Cosa ben più grave, lo porterà ad affrontarle in una maniera prima per lui impensabile. Il suo arco narrativo è forse quello più amaro e Nigro è davvero bravo nel far arrivare al pubblico un personaggio partito come icona della rettitudine e che arriva al traguardo più sporco di chi si è macchiato di molteplici omicidi e assolutamente avido di potere.

Menzione a parte meritano le interpretazioni di Carlotta Antonelli e di Federica Sabatini, rispettivamente Angelica e Nadia. Le ragazze compiono un loro personale viaggio di autodeterminazione, parallelo a quello degli uomini che affiancano, ma ben più duro e importante. Angelica e Nadia devono cercare il loro posto, esattamente come Aureliano e Spadino, ma la loro condizione è nettamente sfavorita, perché si trovano in un contesto che vede le donne come soprammobili. E quand’anche non fosse così, di certo non vengono riconosciute come persone adatte al potere. Ecco perché la sete di potere delle due ragazze è un tipo di sete differente da quella dei personaggi di Borghi e Ferrara. Angelica e Nadia hanno bisogno di raggiungere il potere per dimostrare di essere più delle donne che accompagnano i loro uomini. La Antonelli e la Sabatini in questo sono superlative. Infatti, i loro personaggi non hanno mai paura e affrontano sempre tutto a testa alta, anche i momenti più difficili. Lo spettatore è messo di fronte a due personalità forti, in alcune occasioni più forti di Aureliano e Spadino. E la fermezza e la convinzione delle performance attoriali renderà palese questa cosa agli occhi del pubblico.

La terza stagione di Suburra, dunque, è la conclusione di un percorso iniziato tre anni fa, denso di eventi, racconti, intrecci, evoluzioni e risvolti inaspettati. Il finale è di assoluta qualità e lascerà certamente il pubblico triste e con un senso di vuoto perché saprà che sarà l’ultima volta che sta avendo a che fare con i protagonisti. La scelta di ridurre il numero di episodi da 10 a 6 premia una sceneggiatura che non ha mai momenti eccessivamente lenti. Anzi, tutta la trama di questa terza stagione è costantemente frenetica, indice proprio di quella rincorsa al potere che i protagonisti cercano di vincere. Perché se “Roma si governa con il potere”, allora gli anti-eroi della serie Netflix sono più convinti che mai di voler dimostrare a tutti gli altri di meritare di poter sedere sul trono della capitale. Ciò che non viene mai dimenticato, però, è il cuore: nel bene o nel male, tutti i personaggi mostrano un lato umano. Proprio questo lato umano è la forza di Suburra, una lunga epopea sull’ascesa e la discesa dei contendenti al potere.


La terza e ultima stagione di Suburra sarà disponibile su Netflix da domani 30 ottobre. Di seguito, il trailer ufficiale della serie:

RASSEGNA PANORAMICA
Suburra Stagione 3
8.5
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Il mio primo film visto al cinema è stato "Dinosauri" della Disney, il mio primo libro "La fabbrica di cioccolato" e il mio primo videogioco "Tip Top - Il mistero dei libri scomparsi". Nel 2002 mi sono innamorato di Spider-Man e nel 2008 del grande schermo, grazie a "Bastardi Senza Gloria". Parlerei per ore di cinema, serie tv e fumetti. Sto aspettando la quinta stagione di "Sherlock".
suburra-stagione-3-roma-si-governa-con-il-potere-recensioneOtto e mezzo è un voto molto alto, vero. Ma la terza e ultima stagione di Suburra è un prodotto semplicemente esplosivo. Sin dalla prima puntata viene messo in chiaro quale sarà la tendenza di questa stagione e lo spettatore verrà catturato dalle splendide inquadrature e dalle musiche perfettamente azzeccate. Le interpretazioni dei personaggi sono, come per i due precedenti capitoli, magistrali e mettono in risalto l'umanità ma anche la malvagità dei protagonisti. Se si dovesse cercare un termine per descrivere quest'ultima stagione di Suburra, questo sarebbe certamente "mirata". Alcune sottotrame vengono forse chiuse in maniera eccessivamente frettolosa, ma ciò che è certo è che la prima produzione italiana di Netflix, alla fine del suo percorso, non può che essere promossa a pieni voti.

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