Una delle produzioni verso la quale c’era più interesse a riguardo era incredibilmente una produzione della sezione correlata della settimana della critica, di cui questo The Book of Vision ne è il film d’apertura. Il grande interesse che c’era dietro era più che altro relativo al produttore esecutivo del film ovvero Terrence Malick, un autore amatissimo dai cinefili di tutto il mondo (e molto anche dal sottoscritto): il trailer inoltre regalava aspettative molto buone e il cast composto da Charles Dance (Game of Thrones), Sverrir Gudnason (Borg McEnroe, Millennium – Quello che non uccide) e Lotte Verbeek (Outlander, Colpa delle Stelle) e l’italiano Filippo Nigro davano buone vibes. Per non parlare del bellissimo poster realizzato dall’illustratore italiano LRNZ.
L’ultimo fatto era anche che il regista, Carlo S. Hintermann è italiano e non tutti riescono ad avere tutta questa fortuna alla loro vera opera prima di finzione. Il regista scrive e dirige un prodotto mediocre che ha come problema principalmente la sua forza, ovvero la grande aspettativa che c’era dietro al nome del produttore e alle immagini che si erano viste, che avevano spinto molti ad aspettarsi di trovare un nuovo Malick. Quello che si è visto invece è un progetto molto problematico con immagini a volte visivamente molto interessanti, ma che nella maggior parte del tempo presenta evidentissimi problemi legati ad una scrittura che non arriva da nessuna parte.
La storia parla di una giovane dottoressa che scopre una connessione spirituale con il Libro delle visioni, lo scritto di un medico prussiano vissuto secoli prima contenente i sogni, le speranze e le paure di migliaia di pazienti. La trama vissuta tra passato e presente poteva essere interessante, invece risulta difficile da capire e da vedere, visto che è molto confusa nelle tempistiche non riuscendo a infondere nulla di quello che pensava di poter dare all’ inizio.
Gli attori inoltre non riescono a infondere il giusto spirito ai personaggi: Charles Dance è poco convinto nell’interpretare questo dottore, e l’unica che sembrerebbe più a suo agio con il ruolo è Lotte Verbeek che è la vera protagonista della pellicola, unica in grado di dare minimamente un po’ di forma al personaggio. Quello che invece convince molto di più sono la scenografia, i costumi, l’ambientazione e il reparto tecnico, in particolare la fotografia realizzata magnificamente, che rende l’opera a livello di impatto superiore alla media anche di grandi produzioni.
In sostanza The Book of Vision è un prodotto di poco conto, realizzato con cura sull’ambiente tecnico e stilistico ma che pecca moltissimo nella parte di sceneggiatura e di storia, anche gli attori non aiutano il film trovandosi a dover dire battute al di sopra di loro. Un occasione mancata purtroppo, quando si vuole avere troppo a volte si va a finire con il non dire niente.
Di seguito potete visionare il trailer ufficiale di The Book of Vision: