Sin da quando aprii RedCapes, mi ero prefissato l’obbiettivo di parlare, in ordine causale, di tutte quelle opere che hanno segnato maggiormente la mia esperienza da lettore, e tra queste c’era proprio il fumetto di cui vi parlerò oggi, Umbrella Academy. Avevo messo in contro di parlare delle due miniserie scritte da Gerard Way e disegnate da Gabriel Bà nel corso del 2018, ovvero a ridosso della pubblicazione Americana della terza serie, ma la nuova edizione, riveduta e corretta, da parte di Bao Publishing mi fornisce l’assist perfetto per parlarvi di questo fumetto.
Ma dunque, che cos’è Umbrella Academy? Bene, Umbrella Academy è l’opera d’esordio di Gerard Way, noto al grande pubblico per essere – all’epoca – il frontman di una delle più famose band alternative rock/emo dei primi anni 2000, i My Chemical Romance. Way, reduce dal successo di The Black Parade, decide di staccare per un po’ dalla musica e, sotto consiglio di Grant Morrison, di ritirare fuori dal cassetto una sceneggiatura per un fumetto a cui stava lavorando da diverso tempo. Da lì a poco iniziò tutto, la collaborazione con Gabriel Bà, la pubblicazione della prima miniserie da parte di Dark Horse, il successo da parte del pubblico e della critica, fino ad arrivare alla vittoria di diversi premi tra cui un Harvey Awards ed un Eisner Awards come Miglior Miniserie nel 2008.
Ma ora entriamo più nel dettaglio. Nell’esatto istante, le 9:38 di sera, in cui Tom “Zuffa“ Gurney mise al tappeto il calamaro spaziale di Rigel X-9 con una gomitata atomica volante, in giro per tutto il mondo quarantatrè donne single, che non avevamo mai manifestato al cinema sintomo di gravidanza, danno alla luce altrettanti neonati. Molti di questi bambini però non sopravvissero, mentre i restanti di loro furono abbandonati. Alcuni, sette per l’esattezza, furono adottati da Sir Reginald Hargreeves, un ricco scienziato ed inventore di fama mondiale, vincitore di un premio Nobel, medaglia d’oro olimpica, ma sopratutto alieno in incognito con la missione di “salvare il mondo” grazie a questi sette bambini davvero molto speciali. I bambini, in principio, non avranno un nome, Sir Reginald assegna loro un numero da 1 a 7 in base alla loro potenza. Il numero 1, Luther, è Spaceboy, primo bambino ad aver viaggiano nello spazio, è dotato di superforza, in seguito ad un incidente sul pianeta Marte il suo corpo verrà sostituito da quello di un gorilla molto speciale. Il numero 2, Diego, è Kraken, un vigilante che riesce a respirare sott’acqua, molto abile con i coltelli. La numero 3, Allison, è Voce, ha il potere di distorcere la realtà grazie alle sue bugie. Il numero 4, Klaus, è Medium, è un abile telepate capace di controllare con la mente ciò che vuole, anche le menti degli altri. Il numero 5 non ha un vero e proprio nome, lui è semplicemente Numero 5, scomparso all’età di 10 anni, ha la possibilità di viaggiare avanti nel tempo. Il numero 6, Ben, è Horror, all’inizio della nostra storia è morto da tempo, il suo potere è quello più bizzarro e oscuro, lui possiede dei mostri che vivono sotto la sua pelle e che può utilizzare a piacimento. Infine abbiamo numero 7, Vanya, apparentemente priva di alcun potere, il cui unico talento è l’abilità di suonare il violino.
Dopo essere stati separati per diversi anni, i bambini, ormai – quasi – tutti adulti, si ritrovano per la morte del padre adottivo, momento in cui decideranno di ricomporre il gruppo per completare l’opera di protezione del pianeta portata avanti con tanta dedizione dal genitore.
Questo è solamente l’incipit della storia, un assaggio di tutto quello che troverete in Umbrella Academy. Come avrete intuito leggendo la trama, non ci troviamo assolutamente di fronte ad un fumetto rivoluzionario, anzi, la forza di Umbrella Academy sta proprio nel suo essere così classico, così simile ad altri mille e più fumetti, ma al contempo essere così originale e particolare da non poter essere associato a nessun altra opera. Way all’epoca si rivelò sin da subito una grande sorpresa, non è cosa da tutti passare da lettore a sceneggiatore con così grande maestria, dimostrando di aver assimilato alla perfezione la poetica e gli insegnamenti di grandi autori come Alan Moore, Warren Ellis, Garth Ennis e il già citato Grant Morrison – cito questi quattro autori non a caso, ma perché ritroverete molti dei loro tratti in quest’opera.
Dark Horse dimostra, ancora una volta, di avere un occhio molto attento, dando coraggiosamente il suo totale appoggio ad un giovane autore che si trovava ad esordire in un nuovo media con un progetto personale e con personaggi completamente nuovi. Esordire con un progetto completamente autonomo non è cosa facile, è davvero molto semplice incappare nei tipici errori da principianti, presentando una trama poco ispirata e piena di buchi logici, con personaggi anonimi senza il minimo spessore. Invece per Umbrella Academy non è così, la trama è molto avvincente e scorrevole, non lascia alcun momento di pausa al lettore afferrandolo sin dalle prime pagine e trasportandolo in un fantastico, folle e cinico mondo. I personaggi sono finemente caratterizzati sin dalla loro prima apparizione, non solo grazie ai loro design accattivanti. Nel gruppo possiamo riconoscere sin da subito dei caratteri ben definiti, che vengono arricchiti egregiamente durante il corso della storia mediante scene e dialoghi estremamente dettagliati, finendo per farvi avere l’illusione di conoscere i membri dell’Umbrella Academy da anni.
Il lato artistico è curato da un Gabriel Bà in piena forma, che riesce a trasporre alla perfezione su carta tutte le idee di Way. Bà in quest’opera sfoggia, pur mantenendo una forte impronta personale, uno stile ancora più Mignoleggiante del solito, lavorando in alcuni casi su un concetto di sintesi davvero strabiliante. Le tavole sono molto scure ma per nulla pesanti, i neri vengono usati sapientemente per narrare e non per nascondere malamente difetti strutturali della tavola. Lo storytelling è davvero molto libero e dinamico, aspetto fondamentale per la buona riuscita di un opera così carica e frenetica come questa. I colori sono curati da uno dei più grandi coloristi di tutti i tempi, Dave Stewart, colorista di grandi disegnatori come Mike Mignola, Darwyn Cooke, Tim Sale, Geof Darrow ed il nostro Matteo Scalera. Come sempre Stewart riesce a sposarsi alla perfezione con l’opera che va a colorare, donando la giusta atmosfera ad ogni scena, enfatizzando momenti cruciali della narrazione. Sinceramente, anche sforzandomi, non riesco a trovare dei veri difetti a questa serie, tutto è ben pensato, dalla sceneggiatura ai colori, passando per i personaggi ed i disegni. Se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo, tutto è molto frenetico, a volte perfino troppo, in alcuni momenti ci sarebbero stati bene dei rallentamenti, ma sinceramente questo difetto – se così lo vogliamo chiamare – è davvero poco rilevante.
L’edizione presentata da Bao Publishing è davvero ottima, al prezzo di 20 euro abbiamo un solido cartonato in formato Americano, ricco di contenuti extra, come i primi schizzi e le prime idee sui personaggi e le due storie brevi distribuite durante il Free Comic Book Day del 2007 che troverete alla fine dell’albo. All’interno di questo volume troverete anche l’introduzione realizzata da Grant Morrison per la controparte Statunitense e la post-fazione a cura di Scott Allie, editor della Dark Horse nel periodo di pubblicazione dell’opera. Rispetto all’edizione precedente della Magic Press non cambia però solamente il formato, infatti Bao ha tradotto nuovamente l’opera da zero, donandoci una traduzione molto più fedele all’originale, curata in ogni minimo dettaglio da Leonardo Favia. La pubblicazione proseguirà nel 2018 con la distribuzione della seconda miniserie, Dallas, e con la terza serie tutt’ora inedita negli Stati Uniti che Bao porterà ai lettori Italiani in contemporanea.
In definitiva, Umbrella Academy è un fumetto che dovrebbe stare nella libreria di ogni lettore di fumetti che si rispetti. Un fumetto che abbraccia gli insegnamenti di opere rivoluzionarie come Watchmen, The Autorithy, Flex Mentallo e Doom Patrol per realizzare qualcosa di classico ma finemente personale e originale. Un opera prima che non sembra per nulla il lavoro di un autore al debutto, Way risulta sin da subito uno sceneggiatore che sa il fatto suo, che è passato sapientemente dal narrare storie con le sue canzoni al narrare mediante l’uso dell’arte sequenziale. Un grande talento quello di Way che lo ha portato da lì a pochi anni ad avere un’etichetta editoriale tutta sua in DC Comics, gli Young Animal, curando il rilancio di eclettici personaggi del passato tra cui i membri della Doom Patrol, ereditati direttamente dall’amico e mentore Grant Morrison.
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