Il secondo episodio della quinta stagione di Black Mirror, dal titolo Smithereens, è sicuramente quello più “british”, per come ricorda molto l’impianto narrativo delle prime stagioni, pur avendo similitudini anche con il più recente Shut Up and Dance, ed è quello in assoluto più “classico”, più in “stile Black Mirror”. Smithereens parla di social network, e muove una pesante critica all’ossessione che ormai chiunque ha per le applicazioni che utilizziamo quotidianamente sui nostri smartphone.
Come già detto per Striking Vipers, ci viene presentato un futuro molto prossimo, simile più alla nostra contemporaneità, poiché vengono presi in considerazione aspetti più contemporanei della tecnologia, tanto che l’episodio è ambientato nel 2018. L’episodio diretto da James Hawes, già regista di un altro episodio uscito negli scorsi anni su Netflix, ovvero Hated in the Nation, episodio 6 della terza stagione, in cui si parlava di terrorismo e controllo di massa, ed è scritto, come tutta questa stagione, da Charlie Brooker, creatore di Black Mirror.
Prima di proseguire ci teniamo a precisare che, per permetterci un’analisi più dettagliata di ogni episodio, saranno presenti massicci spoiler sull’episodio. Dunque, qualora non lo aveste ancora visto, vi consigliamo di tornare qui dopo la visione (o di saltare la parte relativa alla trama)
Il protagonista è Chris, interpretato da Andrew Scott, il Moriarty della serie TV Sherlock, un taxista che ci viene presentato come un personaggio che nasconde qualcosa. L’uomo sembra essere ossessionato da Smithereen, un’ applicazione del tutto simile a Facebook, tanto da arrivare a chiedere ad una ragazza, uscita da una delle sedi dell’azienda, se lavori per la compagnia responsabile dell’app. La ragazza afferma di essere in sede per un’intervista, e Chris prosegue per la propria strada. Il taxista si reca poi ad una seduta per persone che parlano dei propri traumi: qui una donna parla della propria figlia, che ha lasciato un messaggio sui social e si è suicidata. La donna sta cercando di accedere al profilo della figlia su Persona, un altro social, per capire se la figlia si sia davvero suicidata ed è convinta di trovar le risposte nell’account del social network. Successivamente, Chris si reca nuovamente presso la sede di Smithereen, e sale sul taxi Jayden, un ragazzo di colore interpretato dall’attore britannico Damson Idris. Chris chiede anche al nuovo cliente se lavori per l’azienda, e quest’ultimo afferma di essere uno stagista di Smithereen. Chris, con l’inganno, conduce il ragazzo sotto ad un ponte e lo minaccia, pistola in mano, affermando di voler parlare ad ogni costo con Billy Bauer, capo e fondatore di Smithereen: Jayden non sa come contattare il dirigente, ed i due riprendono il viaggio, ora inseguiti dalla polizia. Il taxista, preso dalla foga, sbanda e si ritrova, insieme al ragazzo rapito, in un campo, dove si svolgeranno i restanti 45 minuti dell’episodio.
La situazione che si crea è la seguente: Chris e Jayden in macchina, con la polizia che tenta di far ragionare l’uomo per evitare tragedie, e Jayden che riesce in qualche modo a contattare la segretaria di Bauer. In tutto questo, Chris mostra di non essere un uomo malvagio, mostrando gentilezza al ragazzo. Quello che traspare è senza dubbio un uomo tormentato e con dei problemi. Billy Bauer, nel frattempo, sta meditando in un luogo sperduto, totalmente lontano da ogni forma di tecnologia, quando viene contattato dal suo staff: decide di parlare con Chris, ignorando le direttive dei suoi collaboratori, preoccupati dalla richiesta di un riscatto.Quando i due parlano al telefono, Chris rivela, non senza difficoltà, il suo reale obiettivo, ovvero raccontare la propria storia a Bauer: scopriamo che tre anni prima, di ritorno in auto con la fidanzata Tamsin, Chris, distratto da una notifica di Smithereen sul telefono, non ha rispettato uno stop, venendo travolto da una Jeep, guidata da un uomo ubriaco. Il conducente della Jeep è morto sul colpo, mentre Tamsin è spirata dopo due mesi di coma.
Chris e Billy dialogano: da un lato il taxista critica i social, le app, la gente che sta con il capo chino e lo sguardo fisso sul telefono, dall’altro Bauer ripete che, quando ha creato Smithereen, non era questa l’idea per il suo utilizzo, e chiede a Chris perchè abbia voluto parlare proprio con lui. La risposta dell’uomo rispecchia il suo stato di disperazione, perché Chris risponde di aver voluto parlare con il creatore di Smithereen solo per dare il proprio feedback, dato che difficilmente questo avviene tutti i giorni. Raggiunto il proprio scopo, Chris decide di suicidarsi, ma Jayden cerca di fermarlo e ne nasce una colluttazione. Bauer chiede all’uomo come possa aiutarlo, e Chris chiede di contattare l’amministratore di Persona e di far arrivare la password alla donna incontrata ad inizio puntata, in modo che possa scoprire cosa ha portato la figlia al suicidio.
In un parallelo tra due scene, vediamo Chris lottare con Jayden intento ad impedire che l’uomo si spari, e la donna intenta a compilare il login su Persona, con la password che scopriamo essere, molto semplicemente, il nome dello yacht di famiglia. All’inserimento della password corrisponde il rumore di uno sparo: mentre la donna raggiunge il suo obiettivo, il poliziotto colpisce mortalmente Chris, che muore dopo aver compiuto la propria missione.
Smithereens è un episodio di Black Mirror in cui tutto si incastra alla perfezione: una scrittura solida e valida da parte di Brooker, una regia di Hawes che riesce a tenere lo spettatore incollato nonostante per 45 minuti tutto si svolga in un auto ferma su un prato, grazie ad una fotografia e ad un montaggio ottimi. Una scena finale clamorosa, con il parallelo tra la fine della missione e la fine della vita del protagonista. E, soprattutto, un Andrew Scott che si rivela ancora di più grandissimo interprete, capace di mostrare tutte le sfaccettature di un personaggio non malvagio, ma disperato, alienato, distrutto dal senso di colpa per aver causato la morte della fidanzata a causa di un’app, ed allo stesso tempo desideroso di fornire il proprio feedback, in quella che è una critica non troppo velata di Brooker all’assuefazione che tutti noi proviamo nei confronti dei social network.
Un one man show di Andrew Scott, che con il suo Chris tormentato si confronta con un Billy Bauer che cerca di tenersi lontano dalla tecnologia che lui stesso ha contribuito a creare, e che si considera ormai un “frontman del cazzo”, impossibilitato a cambiare quello che la sua creatura è diventata.
Charlie Brooker questa volta non si trattiene, lasciandosi andare ad una critica davvero feroce a questo aspetto della tecnologia: anche in questo caso, come in Striking Vipers, non è la tecnologia ad essere malvagia (tanto che il personaggio di Billy Bauer afferma come non sia questo lo scopo per il quale è nata l’app), quanto l’utilizzo che ne viene fatto da parte di tutti.
Senza alcun dubbio l’episodio migliore di questa quinta stagione di Black Mirror, più efficace dal punto di vista narrativo, che riesce a sviscerare al meglio il tema dell’abuso dei social network e delle app per mobile in generale, restituendo molta umanità alle persone e con una feroce critica ad un sistema che può sembrare normale ma che nasconde diversi lati negativi: anche in questo caso non nella tecnologia in sé ma nell’utilizzo che ne fanno le persone. L’assuefazione che la gente ha dei social è il vero lato negativo di questa tecnologia, e la colpa non è di chi l’ha creata, il problema è dell’utilizzatore che ne diventa dipendente, facendo uscire il male da una tecnologia che in principio non è malvagia.
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