Oggi è uscito Avengers: Infinity War, l’ultimo film -per ora- del vastissimo Marvel Cinematic Universe.
Tutto è iniziato nel lontano 2008 con l’uscita nelle sale di Iron Man. Da lì, il mondo cinematografico non è stato più lo stesso.

In casa Marvel si sono iniziati a produrre film a ripetizione, legati tutti dalla stessa storia di fondo, ben ripartita tra film corali -come quelli degli Avengers– e film concentrati solo su un personaggio, e il botteghino ha iniziato a incamerare guadagni sicuri.
Molti sono inorriditi da questa nuova impostazione del cinema, diventato una fabbrica di prodotti volti alla massimizzazione del profitto. Ma il cinema è il pubblico, e il pubblico ama i cinecomic. Anche io, che -e qui faccio mea culpa– non ho mai letto un fumetto che non fosse Topolino o Zerocalcare, mi sono appassionato al genere e non perdo occasione di andare al cinema e tenermi aggiornato.
Anche perché i cinecomics sono degli ottimi prodotti d’intrattenimento. Parliamoci chiaro. Anche per uno spettatore come me, che potremmo definire laico, una volta che si entra nel mood Marvel è difficile uscirne. Anche perché spesso, se si salta un film diventa più difficile capire i successivi, o meglio diventa più difficile cogliere tutti i collegamenti che esistono in questo ormai vastissimo universo cinematografico.
Ed ecco che però in questo caso avere una visione laica degli eventi gli si può dare un’interpretazione personale. È quello che è accaduto mentre guardavo Captain America: Civil War: mentre i miei amici cercavano di capire come si evolvesse la relazione d’amicizia fraterna tra Captain America e Bucky, il Soldato d’Inverno, io mi stavo facendo delle raffinate elucubrazioni mentali sul ruolo e sulle responsabilità degli Avengers di fronte alla Comunità Internazionale.
Sono stato per questo escluso dalle chiacchiere post-film e messo in disparte in un angolino.
Resto ancora convinto, in ogni caso, che gli Avengers dovrebbero operare sotto l’egida del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Il Marvel Cinematic Universe ha influito in maniera decisamente significativa nella cultura pop di quest’ultimo decennio. Questo è innegabile, tant’è che a Baltimora hanno incentrato un corso universitario solo sull’universo della Casa delle idee. A lezione di Media Genres: Media Marvels si studia e si analizza come l’universo Marvel, fatto di film e serie televisive interconnessi, oltre ad altri media, offra un importante sguardo sulla cultura moderna, e come si riesca ad organizzare un fattibile universo di trame, personaggi e storie secondarie. Come dargli torto? Se un’idea come questa resiste per un decennio, con i dovuti aggiustamenti imposti dal passare degli anni e dal mutare della società, non può non lasciare un’impronta essa stessa.
Basti pensare a Black Panther, film che non rappresenta solamente la storia di un supereroe ma il riscatto di un intera fetta della società. Negli Stati Uniti il film è stato accolto come una pietra miliare del processo di pacificazione razziale che in alcune parti del paese fatica a giungere a termine. L’inserimento di influenze africane nella storie -giustamente inserite essendo ambientata in Africa- ha permesso ad una parte della popolazione mondiale di essere raccontata in un media dal cui solitamente sono esclusi. Un cambiamento epocale per un major cinematografica.
Il Marvel Cinematic Universe continua a regalare sogni e grandi storie: speriamo che Avengers: Infinity War non deluda le aspettative, ma a giudicare dalla recensione siamo sulla strada giusta!
Un saluto dalla minoranza laica!
PS. Prometto di farmi una cultura più approfondita.