Cosa succede se si uniscono The Boys e Bastardi Senza Gloria, aggiungendo anche un pizzico di Schindler’s List? Con ogni probabilità, ad oggi, la risposta più calzante si condensa nelle circa dieci ore che compongono la prima stagione di Hunters, nuova serie prodotta da Amazon e disponibile a partire dallo scorso 21 febbraio su Prime Video.

New York, 1977. Jonah Heidelbaum (Logan Lerman), come i migliori supereroi dei fumetti, subisce una tragica perdita che stravolgerà completamente la sua vita, che da quel momento sarà un turbinio di emozioHuntersni ed eventi che non riesce pienamente a controllare, tanto meno comprendere. Il ragazzo, infatti, incrocerà il suo cammino con quello della Caccia, un gruppo di ebrei che si sono auto-imposti il compito di epurare gli Stati Uniti da tutti i nazisti che lì si sono rifugiati per sottrarsi alle conseguenze derivanti dalle atrocità perpetrate nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Continuando la sua crociata, il gruppo capeggiato da Meyer Offerman (Al Pacino) si renderà conto di avere a che fare con qualcosa di ben più grande di semplici ex-ufficiali tedeschi, sulle cui tracce è anche l’agente FBI Millie Morris (Jerrika Hinton). Proprio la donna scoprirà le assurdità dell’Operazione Paperclip, vero e proprio deus ex machina dietro gli eventi di Hunters.

Nel corso dei dieci episodi, la serie offre continuamente azione, tanta azione. Il gruppo messo insieme dal personaggio di Al Pacino è tanto collaudato quanto eterogeneo: presentato volutamente dallo show come un insieme di personaggi stereotipati tipici della filmografia di quegli anni, ciò che colpisce maggiormente è la profondità con cui lo show prodotto da Jordan Peele (Scappa – Get Out) riesce a dipingere i propri personaggi: ecco allora che la coppia anziana della combriccola formata da Mindy (Carol Kane) e Murray (Saul Rubinek), che a pelle può sembrare burbera e anche un po’ melensa nella loro collaudata routine coniugale, si rivela segnata da tragici eventi che hanno messo estremamente in crisi la loro tranquillità e di conseguenza la loro visione della vita; o ancora, l’attore ebreo Lonny Flash (Josh Radnor) sembra nient’altro che una spalla comica nell’economia dello show, salvo poi avere la sua importanza, il suo personale vissuto e guardando la serie ci si rende conto di quanto si possa amare un personaggio che, probabilmente, contribuirà a far allontanare un po’ dall’immaginario collettivo il volto di Radnor da quello che tutti conosciamo di Ted Mosby; oppure, per citare uno dei villain della serie, Travis Leich (Greg Austin) incarna alla perfezione ciò che ci si aspetta da un fanatico nazista che vive sulla base di quanto la propaganda di quei tempi raccontava. Si potrebbe stare ore a parlare e sciorinare su quanto possano essere affascinanti i personaggi di Hunters, ma probabilmente in poche righe non si potrebbe condensare tutto ciò che è utile a far comprendere l’amore che nutrivano gli sceneggiatori in fase di scrittura per i protagonisti.

Chiaramente, vista la natura dello show e l’argomento estremamente delicato, importantissime sono le scene ambientate ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, vere e proprie testimonianze (più o meno fedeli a quanto realmente accaduto, ma che comunque trasmettono il senso degli orrori verificatisi all’epoca) che danno voce ai sopravvissuti all’Olocausto. E tra questi si colloca il co-protagonista e mattatore dello show, ossia il Meyer Offerman di Al Pacino: il personaggio riesce a concretizzare sul suo volto contrito e attempato tutti i pensieri e le emozioni che devono aver vissuto tutte quelle persone che hanno vissuto orribili esperienze nei campi di concentramento.

Ma il fulcro vero e proprio dello show, in una maniera c’è da dire alquanto inaspettata, è il valore che praticamente ogni scena attribuisce alla famiglia. La famiglia in senso lato, ossia quel senso di appartenenza, quella tendenza insita nell’uomo a circondarsi di affetti e persone care per stare bene. Quella stessa tendenza, quella stessa famiglia che il regime nazista ha più e più volte, deliberatamente e sistematicamente, spezzato, rendendo gli uomini e le donne nei campi di concentramento soli, riuscendo così a privarli più facilmente della loro dignità umana. Proprio per questo motivo, dunque, Hunters decide di mettere tutto il suo cuore sull’imprescindibilità di avere qualcuno da cui rifugiarsi, qualcuno da poter definire casa, ma anche e soprattutto qualcuno da proteggere. Ed è qui che lo show guadagna tutti i punti che ne valgono la visione, perché al netto di errori ingenui di sceneggiatura e di risvolti a volte un po’ telefonati, si scopre che dietro tutte le macchinazioni, i complotti e gli scontri a fuoco, quella raccontata nell’arco dei dieci episodi è la storia di una famiglia che, per un motivo o per un altro, si è resa conto di esistere, ed esistendo deve interfacciarsi con il mondo esterno ed i pericoli che questo ha in serbo per i protagonisti.

E come in tutte le famiglie, l’attenzione è posta sul membro più giovane, l’ultimo arrivato. Quello di Jonah non è soltanto un viaggio sulla strada della vendetta, ma un vero e proprio viaggio di formazione, un cammino dell’eroe. Un tipo di eroe che si discosta da quelli fatti di inchiostro che il personaggio di Logan Lerman è abituato a leggere e citare nei suoi discorsi. In Hunters si ha a che fare con eroi fatti di sangue, che sono consapevoli della realtà e che, a differenza dei supereroi fumettistici, non sempre possono fare la scelta giusta. Jonah dichiaratamente porta gli esempi di Bruce Wayne, Frank Castle o Peter Parker, ma sin dalle prime battute della serie è chiaro che per gli eroi della serie non sempre è possibile fare la scelta giusta, bensì quella necessaria.

Tutto ciò confluisce in una sali e scendi di emozioni, fino al season finale, in cui più di un paio di plot twist fanno capire quale sarà il futuro della Caccia ma soprattutto della serie, lasciando lo spettatore sgomento ed a bocca aperta, interrogandosi su quali potranno essere i risvolti che il futuro di QUEL 1977 ha in serbo.

Un po’ The Boys, un po’ Bastardi Senza Gloria, un po’ Schindler’s List, Hunters riesce nell’arduo compito di creare un prodotto sull’Olocausto (romanzato in maniera più evidente in alcune parti rispetto ad altre, ma comunque ispirato a fatti realmente accaduti) che porta una ventata di aria fresca nel tema a livello cinematografico, potendo contare anche su un Al Pacino come al solito maestoso e su un Logan Lerman ormai cresciuto e che riesce a rendere il suo personaggio tormentato al punto giusto nonostante la sua giovane età.

Hunters è ora disponibile su Amazon Prime Video.

RASSEGNA PANORAMICA
Hunters
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Il mio primo film visto al cinema è stato "Dinosauri" della Disney, il mio primo libro "La fabbrica di cioccolato" e il mio primo videogioco "Tip Top - Il mistero dei libri scomparsi". Nel 2002 mi sono innamorato di Spider-Man e nel 2008 del grande schermo, grazie a "Bastardi Senza Gloria". Parlerei per ore di cinema, serie tv e fumetti. Sto aspettando la quinta stagione di "Sherlock".
hunters-la-caccia-ai-nazisti-e-limprescindibilita-della-famiglia-recensioneAl netto di alcune ingenuità di sceneggiatura, probabilmente verificatesi più per scelta che per disattenzione, Hunters si dimostra una serie tv veramente valida, che riesce a condensare alla grande almeno tre tipologie di prodotti differenti: azione pulp, trama da thriller-poliziesco e scene toccanti di rilevanza storica. Il cast sembra affiatato e può contare su un incredibile Al Pacino che con la sua voce graffiante regala un'interpretazione davvero interessante. Da rivedere gli effetti in CGI, ma sono così pochi da essere veramente un voler cercare il pelo nell'uovo. La serie coinvolge fino al cliffhanger finale, lasciando lo spettatore con la voglia di vedere quanto prima una seconda probabile stagione.

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