Narcos: Narcotraffico, Politica e Vite Umane

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Premessa: Questo è solo un parere personale sulla Seconda Stagione di Narcos e più in generale di questo primo arco, incentrato su Pablo Escobar. Ricordo anche che nel momento in cui sto scrivendo la recensione ho appena terminato il binge watching quindi è un parere a caldo.

Buona Lettura!

Narcos

Cos’è Narcos?

Narcos è una serie TV prodotta e distribuita da Netflix, ideata da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro, e scritta e diretta da José Padilha. Narra del boom del narcotraffico a cavallo degli anni ’90, le prime due stagioni si sono concentrate sulla figura di Pablo Escobar.

La serie segue sia le vicende dei narcotrafficanti e quindi di Pablo e soci, ma anche degli agenti che indagano su di loro, in specie degli agenti DEA, Steve Murphy e Javier Peña.

Non è assolutamente un prodotto da prendere sotto gamba, sopratutto per i temi trattati, per il modo in cui vengono trattati e anche per come è stata realizzata questa serie, perché buona parte dei dialoghi sono in Spagnolo con sottotitoli (potete immaginare il binge watching quanto sia stato duro).

Narcotraffico, Politica e Vite Umane Spezzate

Cosa vuol dire Narcotraffico, Politica e Vite Umane Spezzate? Ve lo spiego brevemente. Narcos non è una serie che va tanto per il sottile su certi elementi, si permette anche di sparare a zero su certe situazioni politiche secondarie che servono anche a qualificare il periodo di tempo in cui è ambientata la serie. Il Narcotraffico era in piena diffusione e Pablo Escobar era diventato il più grande criminale di tutti i tempi, ma sotto a questo c’erano altri interessi, sopratutto economici, delle altre nazioni come gli Stati Uniti – che si fanno sentire molto meno nella stagione uno che nella Stagione due – dove oltre alla ricerca del Pàtron vedremo delle sottotrame politiche diramarsi e condurci passo passo fino al finale della stagione, che come al solito non è così semplice.

Un’altro elemento che ha reso grande Narcos è l’imparzialità dell’azione, non ci si concentra solo sui criminali facendoteli sembrare simpatici o sui poliziotti, anzi abbiamo dei personaggi sfaccettati che nell’arco di due stagioni hanno un loro percorso completo e che mostrano allo spettatore cosa significa camminare su un filo sottile lastricato di droga, soldi e cadaveri.

Le vite umane spezzate sono quelle che vengono distrutte dalla droga di Pablo, ma sono anche quelle che Pablo ha distrutto portandole nel suo mondo come la sua famiglia. E anche gli agenti coinvolti nel caso che ad un certo punto stentano a trovare una loro via “giusta” dopo quello che hanno visto.

Narcos

Non siamo di fronte ad una serie che ha solo Buoni contro Cattivi, siamo di fronte ad un prodotto che ha altre mire, che racconta si la storia di Pablo Escobar ma anche degli uomini che per la sua cattura hanno perso tutto e dimostra come la vera potenza del mezzo sia anche quella di non prendere parti. No, così sarebbe troppo facile. Che sia lo spettatore a decidere cosa è giusto, semmai ci riuscirà.

Netflix ha prodotto la serie in collaborazione con Gaumont International Television per riuscire a potersi permettere di girare in territorio straniero, senza l’utilizzo se non sporadico di set costruiti.

Il ritmo della serie è serrato e gli episodi possono essere tranquillamente gli atti di un film, quindi è lo spettatore a decidere in che modo e in quanto tempo vedere il prodotto.

Le Musiche evocative e a tema con l’ambientazione sudamericana accompagnano la serie con grazia, non immettendosi in momenti cruciali o in scene dove il silenzio regna sovrano.

Un’altro particolare ben curato è la fotografia. Non utilizza speciali trucchi, non ci sono strani artefatti visivi per rendere vintage oppure far percepire a forza al lettore la storia e il periodo, anzi, bastano abili trucchi di sceneggiatura e scenografie ben realizzate per dare allo spettatore quel senso di leggenda non troppo distante nel tempo, che siano televisori d’epoca spesso inquadrati, macchine, giornali o anche telefoni.

Il Pablo Escobar di Wagner Moura è umano, è un uomo destinato a grandi cose, ma che prima di tutto vuole sentire la sua appartenenza a qualcosa, vuole poter dire di aver raggiunto tutti i suoi obbiettivi, e quando non ce la farà questo lo manderà in bestia. Il Patròn non è solo un uomo però è anche un diavolo, perché dentro di sé cova una rabbia e una gelosia che lo portano spesso a fare decisioni scellerate e violente, tanto che gli è valso il titolo di Narcoterrorista. L’orgoglio che tanti uomini potenti ha fatto cadere farà di Pablo il suo giocattolo preferito e questo allo spettatore sarà chiaro sin dalle prime puntate.

Steve Murphy e Javier Peña sono gli uomini che devono catturarlo. Faranno per un certo periodo da occhi interni alla storia per lo spettatore fino a quando anche le loro vite non diventeranno legate a quella di Pablo nonostante per il momento non si siano mai conosciuti. Sarà la loro ossessione più che una missione della DEA, saranno tra quelle vite spezzate e levigate dallo schifo che il sanguinario capo del cartello di Mèdellin riversa sulle strade. Nonostante tutto sono due agenti ben caratterizzati e molto diversi tra loro.

Il personaggio di Horatio Carrillo potrei dire che è uno tra i miei preferiti della serie (insieme a Javier Peña), quello che usa metodi non convenzionali per raggiungere la soluzione ai problemi. Ma effettivamente è anche l’uomo più indicato per il lavoro, da quello che vediamo capiamo il suo dramma e non possiamo far altro che pensare a come era quando ha iniziato, una domanda legittima d’altronde, ma di poca rilevanza ai fini della trama e che quindi non troverà mai risposta.

Conclusioni:

Non è una serie perfetta, ha dei difetti, certe scelte le ho trovate telefonate, specie nella seconda stagione che a mio parere soffre più della prima dei tempi dilatati tra la puntata 8 e 9. L’utilizzo troppo massiccio della voce fuori campo mi ha spesso distratto e sopratutto, a mio parere si poteva benissimo evitare nella maggior parte delle scene in cui è presente, quasi irrompe a forza.

Io mi ritengo soddisfatto perché è una di quelle serie tv che ammiri da lontano per poi avvicinarti con passo felpato e da non riuscire più a farne a meno.

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