Scappa – Get Out è un film su cui avrebbero scommesso in pochi. Un thriller grottesco diretto e scritto dall’esordiente Jordan Peele, fino a quel momento noto per la sua carriera di comico, e realizzato con un basso budget e un cast privo di nomi altisonanti. Eppure, specie in America, “Scappa – Get Out” è diventato un successo, e ha persino strappato l’ambito premio per la “Migliore sceneggiatura originale” agli Oscar. Merito, appunto, di una scrittura pienamente consapevole, in costante bilico tra ironia e tensione e valorizzata da una sferzante satira sociale. Merito di una regia attenta, lenta e misurata, capace di tendere lo spettatore come una corda di violino per poi spiazzarlo con brusche virate di tono. Merito, in sostanza, dell’insospettabile Jordan Peele. Un nome che sta diventando garanzia di successo, anche in veste di produttore. Ecco dunque giustificata la grande attesa per il suo secondo lungometraggio, Noi, che in patria è stato accolto da incassi superiori rispetto alle previsioni degli analisti.
Il soggetto è, fin da subito, intrigante: i componenti di una tranquilla famigliola, alle prese con una vacanza al mare, si ritrovano improvvisamente minacciati da un gruppo di sconosciuti. Sconosciuti che, caso strano, sono identici a loro in tutto e per tutto. Stesso aspetto, stessa corporatura, stessi legami parentali. Dei veri e propri “doppelganger” che terrorizzeranno i protagonisti nel corso di una nottata interminabile. Questo è solo l’incipit di una trama che omaggia grandi classici dell’horror, anche in modo inaspettato, creando un “pastiche” di sottogeneri molto gradevole, un rimescolamento del “già visto” che diventa materia inedita. Il tutto valorizzato da una regia, quella di Jordan Peele, pienamente matura e quasi stupefacente nella sua consapevolezza. E’ ravvisabile qualche imprecisione durante le scene più concitate, ma sono peccati veniali che si lasciano perdonare facilmente, oscurati dalla precisione con cui viene collocata la macchina da presa nel corso dei momenti più carichi di tensione. Le inquadrature si concentrano spesso su piccoli dettagli che diventeranno rilevanti di lì a poco, mettendo sempre lo spettatore sull’attenti e rendendolo desideroso di risolvere la situazione prima di quanto possano fare i protagonisti. Protagonisti a cui viene dato corpo da un cast attoriale superbo, a dir poco eccellente nell’interpretare sia i personaggi di base, ché le controparti “oscure”.
Winston Duke e Lupita Nyong’o si ritrovano sul set dopo “Black Panther”, e se il primo è perfetto nei panni di un comedy relief molto umano e per nulla fastidioso, la seconda sforna una performance degna di una nomination agli Oscar. Tutti gli attori, anche i più giovani, si trovano a loro agio nel mettere in scena scambi di battute veloci e sagaci, fuoriusciti dalla penna di un Jordan Peele a tratti decisamente ispirato. A tratti, appunto.
E’ nella sceneggiatura, grande punto di forza del precedente “Scappa – Get Out”, che risiedono i punti più negativi di “Noi”. L’equilibrio tra umorismo e tensione non è sempre ben calibrato, e in molti casi l’ago della bilancia tende a pendere fin troppo verso la risata. Nelle fasi iniziali, le gag sono generate esclusivamente dall’indole del padre di famiglia, ma lentamente tutti i personaggi vengono colti dal desiderio di sdrammatizzare la situazione in cui si trovano. Ecco allora che la nottata di terrore si tramuta quasi in un’avventura trasgressiva, in un momento ricreativo. Azioni terribili e cariche di ripercussioni psicologiche vengono depotenziate dalla voglia smaccata di sovvertire il canone, di stupire lo spettatore con momenti leggeri imprevedibili. La cosa non costituisce un problema a prescindere, specie nei riguardi di una commedia horror che non si prende mai sul serio. Ma “Noi”, anche se ne assume spesso i toni, non è una commedia. E si prende sul serio. Eccome.
Recentemente Jordan Peele è stato paragonato, in modo prematuro, a Steven Spielberg. Eppure, sono molto più evidenti le similitudini con un altro cineasta: M. Night Shyamalan. Peele sembra, già da ora, vittima della stessa maledizione del regista de “Il Sesto Senso”: la strenua ricerca del colpo di scena finale, del twist che getta nuova luce sugli eventi mostrati fino a quel punto. Proprio in questo frangente, “Noi” cade miseramente, gettando una macchia di inchiostro indelebile su un compito potenzialmente perfetto. Quella che vorrebbe essere una conclusione scioccante è invece, per uno spettatore accorto, prevedibile fin dai primi minuti di visione della pellicola.
Come se non bastasse, Jordan Peele, forse allettato dalle sirene mainstream che pretendono lo spiegone a tutti i costi, cerca di rendere razionale l’irrazionale, complicando inutilmente una trama che sarebbe risultata molto più incisiva se lasciata alla libera interpretazione dello spettatore. Libera interpretazione che invece si infrange contro un muro di rivelazioni fragili, senza fondamenta solide, e che scoprono il fianco a numerosissime forzature di trama. “Noi”, nonostante una confezione impeccabile, rovina tutto al fotofinish. Un gran peccato.
Jordan Peele si conferma come regista capace di citare i maestri, rielaborandone le influenze fino ad elaborare prodotti freschi e originali. Grande tecnica al servizio della narrazione, e di attori in stato di grazia. Tanti i momenti avvincenti, che vengono però sviliti da una ricerca insistita della gag sagace. In ultimo, la sceneggiatura crolla come un castello di carte, vittima della sindrome dello spiegone e della prevedibilità. Una pellicola che farà discutere, nel bene e nel male.