Ray Donovan Stagione 6 – New York chiama Ray | Recensione

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Ray Donovan

E’ terminata anche la sesta stagione di Ray Donovan, popolare serie con protagonista Liev Schreiber nei panni del magnetico “fixer” Raymond Donovan.

Ray (Liev Schreiber) dopo un tentato suicidio si ritrova nella grande mela con come unico alleato il poliziotto che l’ha salvato, Sean “Mac” McGrath (Domenick Lombardozzi) mentre tenta di riprendere in mano la sua vita, si ritroverà coinvolto nella campagna elettorale di Anita Novak (Lola Glaudini) per il posto di sindaco di New York e cercherà anche di ricucire i rapporti con la figlia, Bridget (Kerris Dorsey). Nel frattempo Bunchy (Dash Mihok) e Mickey Donovan (Jon Voight) sono in fuga dall’FBI.

Con la sua sesta stagione e la necessità di rinnovarsi, gli showrunner della serie decidono di portare l’azione della serie da Los Angeles a New York City, non più scandali di attori con dipendenze, produttori infedeli e mafia, ma un vero e proprio gioco politico.

David Hollander, Ann Biderman e Karl Taro Greenfeld sono stati molto abili nel trasportare il setting della serie dalla città delle star al melting pot d’America, riuscendo ad utilizzare il personaggio di Bridget come catalizzatore dei motivi che hanno portato tutta la famiglia Donovan a NY, ogni personaggio continua a mostrare i segni dello scombussolamento che la loro vita ha avuto in seguito alla morte di Abby Donovan dimostrando che quel punto di svolta è ancora un peso enorme nella vita dei personaggi.

Gli sceneggiatori ci regalano un classico archetipo della narrazione thriller, quello del sistema corrotto e dell’antieroe (Ray) che per ricostruire la sua vita accetta il giusto lavoro per i motivi sbagliati e finisce a scoprire che nessuna delle due parti è meglio dell’altra. Il personaggio riparte dal nulla si reinventa in un mondo non molto diverso da quello che conosceva mentre tutti i suoi conoscenti cercano di non avere a che fare con lui. Appunto, proprio loro, come nelle precedenti stagioni sono i personaggi e la famiglia, i catalizzatori dell’attenzione non molto la trama stagionale, che come abbiamo detto non è nemmeno molto problematica da risolvere, ma che ci fa stare sull’attenti grazie proprio alla bravura di Schreiber, che anche in questa stagione si dimostra stella dello show.

Terry sta tentando di ricostruire la sua attività nella grande mela, ma continua a sentire la mancanza di Abby, specialmente a causa della colpa che si sente addosso per gli eventi che hanno accompagnato la sua morte. Da sempre uno dei personaggi più tristi della serie, sia per la sua condizione di salute, sia per il suo passato, ora alle prese anche con un’incredibile malinconia.

Bridget si sta ricostruendo una vita con Smitty (Graham Rogers), che continua a nasconderle delle sue precedenti attività ed è anche quella che più sembra essersi lasciata dietro la morte della madre cercando anche di allontanarsi dalla vita che il padre le aveva cucito addosso e inseguendo l’indipendenza non dalla famiglia, quanto più dell’ingombrante figura di Ray. Nonostante riluttante accetterà l’aiuto del padre in alcune occasioni, lei si sta facendo da sola e vorrebbe avere a che fare il meno possibile con lui, nonostante capisca quello che sta passando.

Daryll Donovan, ormai diventato un produttore cinematografico con il suo primo e (probabilmente) ultimo film, Lucky, qui diventa il personaggio che si trova nella situazione più tranquilla ad inizio stagione, ma che inevitabilmente farà nuovamente i conti con l’eredità della famiglia che si è scelto, i Donovan. Il suo rapporto con Mickey è decisamente il più strano, lui che poteva avere una vita agiata ha scelto quella che gli avrebbe dato il suo vero padre, perché nei Donovan il sangue chiama.

Bunchy, è ormai alla deriva e con come unico riferimento (nemmeno tra i migliori) il padre, Mickey, ora fuggitivo dall’FBI. I due personaggi nell’economia della stagione sono i piantagrane, ma anche quelli che riescono a ridare una leggere vena di divertimento e comicità alle tragiche vite della famiglia Donovan. Tra audaci mosse e vendette maldestre, sono gran parte delle uscite da tipica black comedy della serie.

Ray rimane anche in questa stagione il personaggio tragico per eccellenza, la vita lo ha deluso, la sua famiglia si sta sgretolando tra le sue mani, senza più il sostegno di Abby, solo il tuffarsi nuovamente in una campagna elettorale che nasconde interessi economici e non il bene pubblico, lo potrà aiutare, forse. Il suo intero percorso in questa stagione lo ha visto partire dal punto più basso della sua intera vita e lo ha trascinato sempre più affondo fino a quando non accetterà inevitabilmente di essere bravo in quello che fa e che non gli importa chi è buono o cattivo, ci saranno sempre degli interessi dietro e lui non deve fare altro che proteggere l’opinione pubblica da scoprire queste verità non essere colui che le porta a galla. L’arco di questa stagione riguarderà proprio il personaggio di Ray che nel nuovo ambiente dovrà ricostruire la sua vita ed i suoi rapporti sia con quelli della vita personale che quelli professionali assistendo Sam Winslow (Susan Sarandon) che vuole a tutti i costi sconfiggere Ed Ferrati ed istituire nel municipio di NY, Anita Novak. Quello che da sempre ci ha attirato della serie è stato il suo essere scorretta, non raccontando la parte di Hollywood glamour, ma senza dimenticarla, ma bensì raccontando la sporca Hollywood sotto, attraverso l’enigmatico e affascinante Ray Il Fixer. In questa sesta stagione il cambio di ambiente potrebbe destabilizzare, ma in realtà porta ancora di più la posta in gioco per Ray e per gli spettatori, che non più si trovano a dover vedere Ray combattere contro i demoni dei suoi protetti ma in una grande guerra politica che coinvolge anche elementi corrotti della polizia di New York City come Mikey “Rad” Radulovic (Tony Curran). 

Più dura, più seria, ma con quel tipico piglio da commedia nera che è sempre stato presente nella serie, Ray Donovan continua ad intrattenere il pubblico con il suo magnetico personaggio e la sua famiglia, che ormai sentiamo come se in parte fosse la nostra. La città che effettivamente non dorme mai qui si percepisce e la regia della serie conferma che la qualità anche tecnica è risalita nuovamente in questa sesta stagione che ha ancora tanto da dire e che ci trascina nel mondo sporco della New York che conta e che utilizza la restante parte per i proprio comodi.

La sesta stagione ci riporta il Ray Donovan che tanto adoravamo, il risolutore di problemi duro e resiliente che forse finalmente può lasciare andare anche Bridget mentre si rende conto che ormai forse, solo il lavoro può essere la valvola di salvezza insieme all’amore della sua famiglia. Il personaggio inizierà anche ad avere un nuovo occhio verso il rapporto con il padre, che sia forse iniziata la parabola conclusiva della vita del personaggio? Perché è inevitabile, sappiamo tutti che succederà, Ray non può essere felice anche se lo speriamo tutti e questa stagione non fa che confermare che per quanto lui voglia cambiare, non potrà mai scappare, perché lui più di tutti è il figlio di suo padre.