Italians do it better.
Almeno per quanto riguarda i crossover.
L’industria cinematografica hollywoodiana ci ha ben insegnato quanto sia pericoloso inserire un “vs” nel titolo di un film crossover e quanto spesso porti poi irrimediabilmente ad opere di dubbio gusto come il pessimo Alien vs Predator, lo scialbo Freddy vs Jason ed il massacratissimo Batman v Superman: Dawn of Justice. Ma questo problema non tange minimamente il primo crossover di casa Bonelli, provvedutamente privo della dicitura “vs”, tra due dei capisaldi della casa editrice, l’indagatore dell’incubo, Dylan Dog, e Harlan Draka, meglio conosciuto come il Dampyr.
La formula del crossover, novità assoluta per la Sergio Bonelli Editore, segue un’unica storia iniziata sul numero 371 di Dylan Dog, Arriva il Dampyr, dai testi di Roberto Recchioni (il cui corso editoriale su Dylan Dog sembra essere una continua fonte di innovazione) e Giulio Antonio Gualtieri, da poco Editor-in-Chief dell’Editoriale Cosmo e già visto all’opera su Battaglia e Killbook, e dalle matite dello splendido Daniele Bigliardo, per poi proseguire sul capitolo 209 di Dampyr, intitolato L’indagatore dell’incubo, con la sceneggiatura di Mauro Boselli ed i maestosi disegni di un maestro del settore come Bruno Brindisi ad accompagnare la narrazione.
Dylan e Harlan si ritrovano quasi per caso uniti da una misteriosa ragazza per combattere una minaccia proveniente da un passato remoto: il terribile Lodbrok e le sue orde di vampiri ritornano mossi da un antico rancore per distruggere la città di Londra.
La storia, nonostante la narrazione serrata, gode di ampio respiro, poiché ha la fortuna di essere distribuita su un numero doppio di pagine, evitando agli sceneggiatori brusche inversioni di rotta e rocambolesche chiusure grazie a soluzioni brillanti ed intelligenti, ma ciò che stupisce, ovviamente in positivo, è come entrambi gli stili dei personaggi si fondano perfettamente, dando vita ad un eccezionale mix stilistico dove tutto combacia senza sbavature, dalle pungenti interazioni tra i personaggi secondari agli scambi dialogici dei protagonisti, fino alla progressiva trasformazione dell’ambientazione (dalla città, culla di Dylan Dog, all’incontaminata Scozia, ricca della natura in cui ama muoversi il Dampyr), consentendo quindi alla narrazione diversi cambi di ritmo, i quali, però, non turbano affatto la lettura: da questo mix perfetto non nasce, evitando quindi uno dei rischi più grandi quando si scrive una storia del genere, un’inutile accozzaglia dal sapore confuso, bensì un action-horror frizzante e divertente, ricco, inoltre, di richiami stilistici e narrativi alla Hollywood degli anni ’80.
Per quanto riguarda, invece, i disegni, Daniele Bigliardo ci regala su Dylan Dog un’altra enorme perla delle sue, grazie al suo particolarissimo ed ineccepibile stile che fonde iperdettagliato e pittorico in un geniale mix, dove vengono curate con la massima premura anche le scene più affollate e ricche d’azione senza lasciare nulla al caso, dando così la possibilità al lettore di esplorare e di vivere decine di storie diverse, fantasticando anche sul minimo dettaglio.
Bruno Brindisi, dal canto suo, non si lascia pregare, dipanando il gomitolo della sceneggiatura di Boselli su Dampyr e mettendo al servizio del lettore la sua pluridecennale esperienza su Dylan Dog, su cui ha iniziato a lavorare dall’ormai lontano 1990: Brindisi riesce, qua in una delle sue migliori prove da disegnatore ad evolvere quello che è lo stile pulito tipico del fumetto italiano grazie a dei tratti sinuosi e delicati, portando nel 2017 uno stile più classico e rendendolo appetibile ad un vasto pubblico di lettori. Un ulteriore plauso gli va dedicato, inoltre, se pensiamo che questa è la sua prima esperienza su Dampyr, sulla cui riuscita, però, non serbavamo alcun dubbio.
L’occasione del crossover viene inoltre sfruttata dalla Bonelli per avvicinarsi allo stile del fumetto americano e prendere finalmente la palla al balzo per scrollarsi finalmente di dosso tutte le critiche che l’accusano di realizzare un prodotto “nato vecchio” e totalmente privo di innovazione, continuando quindi grazie all’opera di Roberto Recchioni, simbolo della rinascita bonelliana, il difficoltoso progetto per estendere il prodotto a qualsiasi fascia di lettori, progetto, che, in realtà, sembra già dare ottimi frutti.
Da segnalare,inoltre, l’ottima iniziativa di marketing delle cover componibili (due per ogni albo) ad opera di Gigi Cavenago ed Enea Riboldi, che rendono ancor più speciale quest’evento, dato che non siamo soliti vedere copertine componibili o addirittura “variant” per quanto riguarda gli albi Bonelli.
Ci sono albi di Dylan ed albi di Dampyr che restano impressi nella mente del lettore per la trattazione di qualche tematica particolare, per l’eccellente stesura del prodotto o, semplicemente, perché introducono particolari novità, addirittura pionieristiche per un certo settore del fumetto; questo storico crossover riesce a soddisfare appieno le tre caratteristiche sopra elencate, elevandosi quindi, non solo ad un’ottima iniziativa, leggibile anche e soprattutto come “fumettone”, bensì ad un instant classic, una neonata pietra miliare del fumetto italiano.