Marvel’s Luke Cage è l’ultima fatica nata dalla collaborazione Marvel/ABC Studios/Netflix, prodotta e sceneggiata da Cheo Hodari Coker, e purtroppo per Netflix segna un passo indietro.
Ovviamente in questa recensione vedremo tutti gli aspetti che mi fanno fare questa affermazione a malincuore perché adoro i personaggi urbani Marvel e sopratutto la coppia Power Man/Iron Fist che sta avendo una testata veramente interessante attualmente in corso per l’All New All Different Marvel.
Il Problema
Luke Cage è un personaggio di per sé già difficile da gestire, se poi si vuole incentrare su di lui un’intera serie TV serve decisamente una grande idea dietro, e purtroppo è questo che è mancato in principio alla serie. Power Man è un personaggio figlio degli anni ’70 e in quanto tale le sue origini andavano in qualche modo riaggiornate. Paradossalmente funzionano benissimo nella loro nuova versione, ciò che non funziona diciamo a livello di scrittura è lo stesso Cage, sembra quasi privo di quel carisma che abbiamo visto in Marvel’s Jessica Jones dove sia Mike Colter che il suo personaggio risultavano più credibili.
La struttura di Marvel’s Luke Cage ricorda molto quello della Prima Stagione di Daredevil, e il nemico, Cornell “Cottonmouth” Stokes è anche lui un gangster seppur più vecchio stampo rispetto a Wilson Fisk. E ciò si ripercuote anche nel rapporto tra di loro, inoltre molte scelte narrative risultano prevedibili allo spettatore che seppur trascinato dall’azione (sopratutto nelle prime 6 puntate) sa esattamente cosa aspettarsi in quasi ogni momento e quindi in certi punti si annoia.
La serie rimane indecisa per le prime 6 puntate, non prende un percorso definito, non sa se è una serie su Harlem o su Luke Cage, e questo si sente molto dalla puntata 7 quando inizia sempre di più a mancare la componente del luogo e ci si ritrova con un personaggio quasi piatto e poco approfondito che sente molto del suo essere un personaggio dipendente da altri. Se Matt Murdock o Jessica Jones sono personaggi che instaurano relazioni con altri personaggi, gli altri sentono attivamente la vicinanza con Luke e agiscono, aiutandolo o andandogli contro, ma senza mai approfondire di più il rapporto, ci sarebbe potuto essere un personaggio qualsiasi al posto di Luke Cage , una tutina a caso e la serie non avrebbe subito modificazioni.
I Personaggi
Netflix ha messo su un cast di tutto rispetto che non riesce però a dare il meglio, molti personaggi risultano stereotipati e quindi rimangono nel loro ruolo, magari avendo dei punti altissimi in certe puntate per poi tornare nella norma quasi subito dopo. Un’altra brutta sensazione è relativa ai personaggi che calati nel contesto non sembrano assolutamente descrivere una Harlem Moderna ma qualcosa di scontato e già visto che sanno di poter utilizzare per far presa sul pubblico.
Cottonmouth è uno di questi personaggi, interpretato da Mahershala Ali, si rivela essere un gangster sulla linea di Wilson Fisk , un personaggio totalmente identificato dal suo club e dal suo modo di essere, è una figura storica di Harlem come l’Harlem’s Paradise, è un peccato che il suo personaggio sia stato velocemente bruciato, senza che gli fosse data una completa crescita, in favore del personaggio di Mariah Dillard.
Mariah Dillard, interpretata da Alfre Woodard , è il politico che dà sostegno e appoggio a Cottonmouth e sono legati da un passato comune. Il personaggio di Black Mariah è stato pesantemente riadattato per la Televisione portando quindi la necessità di riscrivere anche i suoi legami e i suoi obbiettivi, possiamo dire che se Cornell aveva già avuto una crescita che noi non abbiamo percepito, il cambiamento, o la rinascita c’è stata per Mariah che al termine della serie troveremo in una posizione diversa e che potrà essere sfruttata meglio nelle prossime stagioni.
Misty Knight, interpretata da Simone Missick è uno dei personaggi che al pubblico viene più facile amare/odiare, instaura un rapporto con Luke e porta il personaggio a diventare quasi più interessante dello stesso Cage in molti momenti cruciali.
Hernan “Shades” Alvarez, interpretato da Theo Rossi è uno dei primi messaggeri di Diamondback ed è anche un personaggio importante ai fini di molti avvenimenti, intraprendente, scaltro e soprattutto interessato al potere sopra ogni altra cosa. Punto di incontro tra Cornell e Diamondback, Cottonmouth e Shades si conoscono fin da giovani. Nota particolare? Ama portare gli occhiali da sole, anche di notte, questa scelta stilistica è un modo degli autori per citare il personaggio originale e conferire a Shades quell’aria da duro e di mistero, come se i suoi occhi fossero più importanti di lui.
Diamondback, interpretato da Erik LaRay Harvey, è il vero grande nemico, colui che definisce Luke Cage, colui che tanto viene nominato a mò di spauracchio nelle discussioni tra Cornell e Shades, purtroppo il continuo over-reacting lo mette fin troppo sopra le righe e non permette la creazione di un vero e proprio cattivo di grande spessore.
Claire Temple, interpretata da Rosario Dawson, qui gioca un ampio ruolo, riuscendo finalmente a capire qual’è il suo posto in questo mondo che sta cambiando, assume una tale importanza da essere definita quasi come il deus ex Machina della serie, sarà proprio lei a più riprese a permettere a Luke di uscire da situazioni di stallo, proprio con questo ci ricolleghiamo al punto sopra sul personaggio di Luke Cage.
La Parte Tecnica
La serie come tutti i prodotti di Netflix ha avuto una forte campagna marketing incentrata pesantemente sui punti forti della serie, quelli che riesci a dire “cavolo, questo si che è fatto bene”. Sto parlando ovviamente delle musiche, la fotografia, evocativa, e la regia che fanno molto in queste 13 puntate rendendo scorrevoli ed interessanti soluzioni narrative, per come la vedo io una sorta di “Le Ali della Libertà” in salsa Marvel.
Come appunto dicevo nel punto sopra, Cottonmouth ha anche una sua identità a livello di stile, sia di vestiario che di luci utilizzate per il suo personaggio, questo lavoro è stato applicato un pò in tutta la serie, estendendolo a più personaggi dando modo di creare loro un’identità visiva molto forte, tralasciando purtroppo una identità più caratteriale che è spesso stereotipata.
Le musiche sono un’altra componente che hanno differenziato Cage dal resto delle serie Netflix, un uso sapiente di musiche e sottofondi mischiati all’ottima regia e fotografia ha reso molto più scorrevoli puntate che altrimenti sarebbero state di una noia mortale, altra dimostrazione come un tipo di lavoro ben strutturato dietro la serie ci sia stato e quindi di come certi elementi siano stati meno curati per avere una certa resa magari richiesta dagli stessi produttori o dallo showrunner.
Parere Personale
Marvel’s Luke Cage non è assolutamente una serie brutta, ma è un passo indietro rispetto a quello che Netflix ha fatto sia con le serie Marvel, che con altri suoi prodotti come il mai troppo poco nominato e osannato The Get Down. Sicuramente se siete dei fan del fumetto apprezzerete questa serie che mantiene un sacco di citazioni e situazioni familiari ma se scaverete un attimo più a fondo noterete che c’è qualcosa che stona, come se fossimo di fronte ad un prodotto non gestito al meglio delle sue possibilità (perché così è). Non riesco a dire di più senza andare nello spoiler ma se siete anche solo stati un attimo attenti a quello che vi ho, raccontato, negli scorsi paragrafi potrete facilmente scorgere i problemi che ho riscontrato durante la visione, potrete pure decidere di ignorarli, nessuno ve lo vieta, anzi, potreste pure non trovarli dei difetti, ma tant’è.
Spero di non avervi annoiato e vi auguro buona visione.