[Recensione] Preacher Stagione 3 – Angelville, il Grail e il male della Fede

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Preacher Stagione 3

E’ terminata da poco la terza stagione di Preacher, serie tv tratta dall’omonimo fumetto di Garth Ennis e Steve Dillon, in onda su AMC e distribuita in Italia da Amazon Prime Video.
Jesse Custer (Dominic Cooper) è costretto a tornare ad Angelville per salvare la sua donna, Tulip O’Hare (Ruth Negga) nonostante Cassidy (Joseph Gilgun) sia contrario e diffidente verso Nonna Marie (Betty Buckley) e gli altri di Angelville: TC (Colin Cunningham) e Jody (Jeremy Childs). Nel frattempo Herr Starr (Pip Torrens) ha l’allfather D’Aronique (Jonny Coyne) che lo guarda con un’occhio di riguardo sospettando che qualcosa non vada nell’Unità Sansone. All’Inferno invece Satana (Jason Douglas) arruola Il Santo degli Assassini (Graham McTavish) per riportare indietro Hitler (Noah Taylor).

Dopo una prima stagione introduttiva e una seconda stagione con molte idee e modernizzazioni al fumetto di Ennis e Dillon come il commercio delle anime che diventa un settore prolifico e redditizio nel mondo e introduce il Grail come una potenza con anche interessi economici e politici spiccati ed accordi commerciali in tutto il mondo, non solo come una classica organizzazione segreta com’era nel fumetto originale; la terza stagione alza ancora un pò l’asticella riprendendo i fili lasciati indietro dalla stagione due come l’organizzazione del Grail, che si arricchisce del suo massimo esponente, l’allfather D’Aronique e Angelville, tanto spaventosa quanto mai vista nella sua interezza quest’anno trova una rappresentazione degna e in un certo senso anche inquietante e surreale.
Angelville dalla prima puntata di questa stagione diventa un vero e proprio personaggio della serie, con i suoi cunicoli segreti, le sue catacombe, la sua decadente regalità e la sua palude piena di cadaveri; un lavoro magistrale che i set designer insieme a Sam Caitlin (showrunner della serie), Seth Rogen e Evan Goldberg hanno magistralmente giustificato all’interno della serie tra flashback e battute all’interno dei dialoghi tra i personaggi. I personaggi che popolano la vecchia casa d’infanzia di Jesse, da Nonna Marie a Jody, sono orribili fuori e dentro, dei veri e propri emarginati che hanno fatto della loro bruttezza e della loro spietatezza un business rinomato in tutta l’America e che ora si trova distrutta sotto il peso di una modernizzazione gestita da forze nuove e giovani con cui non hanno potuto rivaleggiare, gli imprenditori internazionali, il mondo Asiatico.
Il Grail diventa sempre di più una forza con cui fare i conti in questa stagione con l’introduzione di D’Aronique, volto mostruoso e grottesco dell’organizzazione che tiene sott’occhio tutto e nulla gli sfugge; Jonny Coyne fa un ottimo lavoro consegnando una rappresentazione così accurata del personaggio del fumetto di Ennis e Dillon da farlo sembrare clonato direttamente dalle pagine di Preacher. L’Allfather è spietato, ingordo e riesce ad essere una costante preoccupazione per tutti anche quando non è in scena (essendo solo ricorrente e non regolare), la conclusione dell’arco che vede protagonista questo ammasso di ciccia e schifezze è meno spettacolare che quella del fumetto glielo concediamo questo.
Cooper, Negga e Gilgun dimostrano di avere una grandissima alchimia, necessaria per far funzionare la serie, in quanto sono proprio loro il fulcro che fa funzionare tutto. E’ l’amicizia che tiene insieme questo trio il punto focale del fumetto e così lo è anche nella serie, infatti, l’intero impianto narrativo nel momento di allontanamento soffre molto in questa stagione quando Jesse e Tulip si trovano a casa l’Angelle mentre Cassidy si trova con i suoi nuovi “amici”, Les Enfants du Sang di Eccarius (Adam Croasdell). Per quanto l’interpretazione di Gilgun del vampiro più strafottente e con problemi di droga ed alcol mai concepito sia di grande livello, ci vuole troppo per interessarsi alla storia che gli hanno confezionato in questa stagione e solo nelle ultime due puntate prende una piega che tutti aspettavano da almeno l’introduzione. E’ innegabile che avere meno episodi quest’anno è stato un’altro punto a favore della terza stagione, che a differenza della seconda, che come abbiamo detto sopra aveva spunti interessati ma non abbastanza per un’arco di 13 episodi, quelle interessanti per questi 10 episodi sono state ben gestite e si sono incastrate quasi alla perfezione e i Deus Ex Machina di questa stagione, anzi, il Deus Ex Machina di questa stagione, ossia Dio Stesso è usato anche con cognizione e non toglie troppe castagne dal fuoco dei personaggi per evitare grattacapi agli sceneggiatori, seppur magari sarebbe stato apprezzato qualche virtuosismo in più nella rappresentazione dell’Onnipotente.

In definitiva la terza stagione di Preacher è un’altro buon prodotto di intrattenimento che riesce a non stancare e a non sembrare ripetitivo nella gestione delle trame dei personaggi, il carisma degli attori e l’ambiente caratteristico non riescono però totalmente a nascondere degli evidenti problemi come la mancata resa di alcune scene del fumetto oppure una compatta direzione per tutti gli attori in scena, comunque siamo di fronte ad una serie che settimana dopo settimana ha lasciato la voglia di proseguire nella visione e ha regalato ore di buon intrattenimento. Ora è tempo di giocare i pesi massimi, speriamo che con l’arrivo di Masada e dell’origine di Genesis, la serie superi agevolmente il salto dello squalo e non si incarti su se stessa.