Finalmente, è arrivato. Dopo circa due anni e mezzo, una campagna marketing decisamente insolita e particolare, tanti rumor e teorie e un numero infinito di discorsi a riguardo, Spider-Man: No Way Home è arrivato in sala e il pubblico italiano e di tutto il mondo potrà sperimentare la nuova avventura dell’Uomo Ragno del Marvel Cinematic Universe. In cabina di regia, per questo terzo capitolo, c’è di nuovo Jon Watts, che dirige un cast formato dai soliti Tom Holland, Zendaya, Jacob Batalon e Marisa Tomei, ma anche dalle novità Benedict Cumberbatch e, soprattutto, Alfred Molina, Willem Dafoe e tutti gli altri villain che gli spettatori avevano già potuto re-incontrare nuovamente nei trailer del film. Insomma, dopo due anni e mezzo, Spider-Man fa il suo ritorno nell’MCU e lo fa con una storia che promette di sconvolgere su più livelli il personaggio, che dovrà affrontare minacce senza pari. In molti, al prender forma di No Way Home, si chiedevano se sarebbe stato questo l’ennesimo film in cui Spidey si faceva aiutare dall’alleato di turno, dopo gli esempi precedenti di Tony Stark e Nick Fury o se in questo caso il protagonista avrebbe dimostrato di saper camminare con le proprie gambe e di compiere quello step di maturità in più che avrebbe permesso al personaggio di diventare, ancor di più e ancor più iconicamente, il supereroe che tra le pagine a fumetti ha saputo conquistare gli occhi e i cuori dei fan con il suo essere sì solitario, ma portavoce di uno status quo in cui in molti riescono a ritrovarsi, in un modo o nell’altro. Un supereroe adolescente con super problemi. I Marvel Studios e Sony Pictures saranno riusciti a confezionare una pellicola all’altezza delle gargantuesche aspettative dei fan?

L’identità dell’amichevole Spider-Man di quartiere, dopo la sua ultima avventura in giro per il mondo, è stata rivelata: Mysterio ha ingannato Peter Parker (Tom Holland) e manipolato tutta l’opinione pubblica, mettendo in pericolo il ragazzo e soprattutto tutti quelli che ama. La vita di Peter, di zia May (Marisa Tomei) e quelle di MJ (Zendaya) e Ned (Jacob Batalon) – che i media hanno disegnato come i complici del nemico pubblico #1 – sono completamente rovinate, al punto che le università rifiutano le candidature dei ragazzi. Nella speranza di riuscire a risolvere le cose, Peter si rivolge al dottor Strange (Benedict Cumberbatch), che dal canto suo porta il peso di aver preso la scelta che ha portato il mentore di Peter a sacrificarsi per tutto l’universo.

Il mago, dunque, decide di aiutare Peter lanciando un incantesimo per far dimenticare al mondo intero che Spider-Man è Peter Parker, ma le interferenze di quest’ultimo durante la magia portano a conseguenze disastrose: il risultato della formula magica e degli errori è l’arrivo a New York di tutte quelle persone che nel Multiverso conoscono l’identità dell’eroe. Adesso, Peter dovrà affrontare questi nuovi nemici, che sono tutte nemesi di Spider-Man in altri universi, e nel farlo dovrà continuare a proteggere le persone che ama.

Spider-ManSì, Spider-Man: No Way Home è all’altezza delle enormi aspettative che tutto il mondo aveva su questo film. Non era cosa semplice, perché in casi simili il pubblico viaggia così tanto con la mente da immaginare una pellicola ben più grande di quello che sarebbe stato lecito aspettarsi. La storia del cinema – specialmente dei blockbuster – è piena zeppa di questi esempi ed era giusto anche solo temere che per questo nuovo capitolo di Spider-Man potesse verificarsi la stessa cosa. Fortunatamente, al lavoro veramente confusionario fatto durante la campagna marketing corrisponde un lavoro diametralmente opposto per la realizzazione del film per quello che è. L’effetto Spider-Man 3 era dietro l’angolo, perché la carne al fuoco era tantissima e riuscire a risolvere tutto quanto nel migliore dei modi sembrava impossibile, ma Chris McKenna ed Erik Sommers sono riusciti a firmare una sceneggiatura che danza abilmente (o quasi, visto che la sceneggiatura non è esente da buchi di trama) sul confine tra il lineare e l’intricato, portando in sala una storia forse complessa dal punto di vista concettuale, ma assolutamente semplice nel suo dipanarsi tra gli eventi, facendo capire anche al meno affezionato del pubblico, cosa sta succedendo su schermo e perché i personaggi stanno vivendo una situazione così estrema e pericolosa.

Spider-ManAlla sceneggiatura si accompagna il veramente ottimo lavoro fatto da Jon Watts in cabina di regia. Questo No Way Home, al di là di ciò che racconta, è un film bello da guardare: esattamente come il personaggio protagonista, anche il regista dimostra di esser maturato, di aver fatto tesoro delle precedenti esperienze al fianco del Tessiragnatele e di trovarsi incredibilmente più a suo agio – proprio come il supereroe titolare del film – in un contesto urbano, con scene d’azione girate in luoghi meno esotici e che fanno della verticalità una vera e propria componente fondamentale. Ogni atto del film ha uno o più grandi scontri tra il protagonista e i villain e sono tutti girati in maniera precisa e accurata: le scene d’azione di questi combattimenti sono tutte quante diverse tra di loro, eppure Watts è riuscito a dare la chiave di lettura giusta ad ognuna di esse, permettendo al pubblico di seguire facilmente ciò che stava succedendo su schermo. Da segnalare, però, alcune sbavature, in cui probabilmente la pellicola cerca di esser meno cruda e “nasconde” alcuni momenti, uno in particolare poco prima del terzo atto, con il risultato di essere anticlimatica e poco efficace. Al di là delle scene d’azione, che chiaramente sono una parte fondante di Spider-Man: No Way Home, anche i momenti più tranquilli sono veramente ben realizzati e quelli più intimi, in cui Peter interagisce specialmente con zia May, MJ e Ned, sono toccanti e i personaggi riescono a mettere in mostra tutto il loro essere veri e il loro avere un cuore pulsante.

Pressoché perfetta la CGI, che qui è a livelli altissimi e probabilmente una delle migliori mai utilizzate per un film del Marvel Cinematic Universe: gli effetti speciali si possono tranquillamente paragonare a quelli utilizzati per Avengers: Infinity War e l’uso massiccio fatto durante questa pellicola non compromette la qualità dell’immagine, perché il tutto è ben amalgamato e il pubblico in sala non ha mai l’impressione di star guardando qualcosa di finto. Sicuramente l’aver girato il combattimento finale in una sequenza notturna aiuta a mascherare alcuni difetti, ma anche da queste situazioni si denota l’attenzione in fase di realizzazione e produzione di una pellicola. Da applausi anche la colonna sonora, nostalgica e fomentatrice nei momenti in cui tornano i temi musicali dei villain appartenenti ai film di Sam Raimi e Marc Webb e in grado di supportare la narrazione nel migliore dei modi in tutti i momenti delle due ore e mezza di screentime. Screentime, a proposito, che è sicuramente esteso e dilatato, ma che appare comunque generalmente giusto per la storia che No Way Home vuol raccontare. In alcuni momenti forse si poteva asciugare qualcosa e guadagnare qualche minuto in meno, ma in linea di massima le tempistiche del film sono giuste così.

Spider-ManLe tempistiche. Un concetto decisamente importante per Spider-Man: No Way Home perché, dopo una serie di avventure in cui ha avuto bisogno di essere aiutato per crescere e maturare, in questa pellicola è finalmente arrivato il momento di Peter Parker. Peter Parker che, in questo film, finalmente riesce a camminare con le sue gambe e nonostante gli aiuti che riceva da personaggi come dottor Strange e zia May è sempre lui ad essere saldo al comando dell’azione e, in questa occasione più che mai, tutti gli altri sono un contorno. Questa volta è lui a prendere tutte quante le decisioni importanti per il film e, in un modo o nell’altro, ne accetta e ne affronta le conseguenze. Uno dei grandi difetti attribuiti a questa nuova iterazione cinematografica del personaggio era proprio il suo essere continuamente ed eccessivamente supportato da altri personaggi. In No Way Home tutto viene meno e anzi, è manifesto in maniera decisamente spiccata il senso di eroe solitario di Spider-Man, che non vuol mettere in pericolo le persone che ama. In tal senso, anche il Peter del Marvel Cinematic Universe sembra comprendere, finalmente, il concetto secondo cui “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” e lo abbraccia totalmente, dimostrandosi un eroe decisamente maturo e pronto a mettersi in gioco totalmente per salvare tutti quelli che può salvare. E Tom Holland è veramente incredibile nel dar vita a questa nuova sfaccettatura del personaggio, dimostrando di esser cresciuto enormemente dal punto di vista attoriale. Sia chiaro, le sue prove nei panni di Spidey sono sempre state ottime, sin da Captain America: Civil War, ma questa volta ha veramente centrato l’obiettivo, regalando al pubblico un Pete che prende a piene mani dallo status quo dei fumetti, senza risultare fuori posto o eccessivamente caricaturale. Questo Peter Parker, in questo film, è un ragazzo che soffre per gli altri ancor prima che per sé stesso e Tom Holland è bravo, con i suoi sguardi soprattutto, a trasmettere al pubblico la sua preoccupazione, la sua tristezza e la sua voglia di qualcosa di migliore per i suoi cari. Sicuramente, la sua migliore prova nell’MCU dai tempi in cui condivideva la scena con Robert Downey Jr., attore col quale aveva una chimica pazzesca.

Se Tom Holland è una piacevole conferma che alza l’asticella del suo già ottimo lavoro fatto in passato, a rubare totalmente la scena in questo film, dal punto di vista delle performance attoriali, è certamente Willem Dafoe, che torna nei panni di Norman Osborn facendo, se possibile, un lavoro migliore di quanto fanno in Spider-Man nel 2002. Visto pochissimo nei trailer, Dafoe in questo film gioca in maniera a dir poco spettacolare con la mimica facciale, riuscendo ad assumere, per quanto sia strano dirlo, “da Green Goblin“. Non a caso, infatti, il personaggio utilizza pochissimo la maschera, perché il volto malvagio di Osborn merita di esser apprezzato per ogni istante in cui viene mostrato e soprattutto perché l’attore riesce a dare al suo personaggio quelle sembianze demoniache anche senza l’elmetto, con un ghigno e uno sguardo veramente sadici e positivamente sopra le righe. Si è davanti probabilmente alla versione più malvagia del suo Goblin ed è incredibile come un personaggio arrivato da un altro franchise diventi la nemesi perfetta di questo Spider-Man. Probabilmente è questo il destino di Goblin, Willem Dafoe lo ha capito e ha dato il massimo per riportare il concetto al pubblico. Allo stesso modo ottimo è il ritorno di Alfred Molina come dottor Octopus. Da parte dell’attore, anche per via dello storytelling, c’è un lavoro meno approfondito di quello fatto da Dafoe, ma riesce comunque a trasmettere le stesse emozioni che ha regalato a tutto il mondo del 2004, in occasione di Spider-Man 2. Il suo Doc Ock è ancora un personaggio profondo, stratificato e complesso e inserirlo in un contesto in cui “ha perso la strada per tornare a casa” non ha fatto che aggiungere valore alla sua storia, donandogli un prolungamento della stessa assolutamente interessante e per certi versi non scontato. Non scontato è anche Jamie Foxx come Electro: lo si era capito dai trailer, il suo personaggio sarebbe stato diverso rispetto a quanto visto in The Amazing Spider-Man 2 ed effettivamente c’è molto meno trasformismo e molto più Jamie Foxx in questa versione di Max Dillon, con l’attore che dimostra di essersi palesemente divertito nel dare vita ad una versione più badass del personaggio e decisamente meno macchietta e con un bel po’ di CGI in meno. Il villain ha anche un ruolo abbastanza importante nell’economia della trama e questa nuova versione viene cucita decisamente su misura per Foxx – seppur con un espediente narrativo forse troppo facile – ma il grande problema di questo film è legato proprio a lui. Come spiegato nella sinossi rilasciata ufficialmente da Sony Pictures, la pellicola enuncia le regole per giustificare l’arrivo di tutti questi villain dal Multiverso e, semplicemente, secondo quelle regole, Electro non sarebbe dovuto esser qui. Non solo, la cosa viene confermata anche da una linea di dialogo, che non fa che rendere più palese il buco di trama. Un vero peccato, perché se da un lato si era sensibilmente migliorato il personaggio dopo il film di Marc Webb, dall’altro Max probabilmente verrà sempre associato al più grande difetto di un film che, escluso questo buco, ha delle sbavature veramente di poco conto. Più di contorno le presenze dell’Uomo Sabbia e di Lizard, che appaiono sostanzialmente solo come un supporto nelle scene d’azione e che sono praticamente sempre coperti dalla CGI, anche se il loro momento in “carne e ossa” ce l’hanno anche Thomas Haden Church e Rhys Ifans, che tornano appunto nei rispettivi panni di Flint Marko e Curtis Connors.

Per quel che riguarda invece gli alleati di Spidey, ci sono ovviamente i ritorni di Zendaya e Jacob Batalon, che interpretano nuovamente MJ e Ned, questa volta in una maniera leggermente diversa rispetto al passato. I due personaggi in Spider-Man: No Way Home, nonostante tutto il caos mediatico generato dal reveal dell’identità segreta di Peter Parker, sono fieri di essere al fianco del ragazzo e sia Zendaya che Batalon riescono a rendere concreta la voglia dei due di restare vicini a Peter per aiutarlo perché loro amico. A tutto questo, per Zendaya vanno aggiunte le scene condivise con Tom Holland: i due sono una coppia anche nella vita reale e il loro rapporto inevitabilmente si riversa anche in quello tra Peter e MJ, con il risultato di ritrovarsi davanti a momenti magnetici e di una tenerezza unica, mai vista prima in un film dedicato a Spider-Man. In parte, come al solito, anche Benedict Cumberbatch come dottor Strange: la bravura dell’attore inglese è cosa nota praticamente da tutti e pur non essendo il protagonista assoluto e pur non avendo tantissimo tempo a disposizione, Cumberbatch riesce a riportare su schermo lo stregone un po’ spocchioso e spigoloso che ha conquistato il cuore dei fan e del quale si attende con ansia il ritorno in Dottor Strange nel Multiverso della Pazzia. Toccante invece la zia May di Marisa Tomei: la donna assume, verrebbe da dire finalmente, il ruolo di faro di Peter e l’attrice è all’altezza dei momenti più intimi e delicati, che sicuramente sapranno far emozionare tutti quanti in sala. Sempre okay Jon Favreau come Happy Hogan e sempre amabilmente sopra le righe il J. Jonah Jameson di J.K. Simmons.

Nota a margine, presenti due scene dopo i titoli di coda. Senza fare spoiler, la prima potrà essere più o meno importante a seconda di come verrà sviluppata nel futuro del personaggio, anche alla luce della già annunciata nuova trilogia. Sulla seconda meglio non dir nulla, anche perché le immagini parleranno da sole.

Spider-Man: No Way Home è un film gigantesco. Un film gigantesco che si è fatto attendere in maniera quasi estenuante da tutto il mondo ma che è riuscito ad essere all’altezza delle altrettanto gigantesche aspettative che tutti quanti avevano. Sony Pictures, Marvel Studios e soprattutto Jon Watts riescono a confezionare innanzitutto una pellicola divertente, che in questi casi è la cosa più importante, che riesce poi anche ad emozionare i fan con una buona dose di nostalgia, come si era potuto vedere già dai trailer. C’è tanto fan-service, il ché non è un male, perché è stato realizzato quasi tutto bene e in maniera intelligente. Purtroppo, se dal punto di vista tecnico si è davanti ad un buon prodotto, dal punto di vista della sceneggiatura l’ottimo lavoro di scrittura viene indebolito da un errore abbastanza grossolano che denota la solita pigrizia del Marvel Cinematic Universe nel cercare di non commettere sbavature. Al di là di questo, la pellicola è ottima anche grazie alle interpretazioni di un cast nutrito ma assolutamente in parte, su più livelli, con particolare attenzione per Tom Holland, Willem Dafoe e Alfred Molina. Spidey va incontro ad un futuro diverso, questo è certo, ma altrettanto certo è che Spider-Man: No Way Home è tutto quello che sarebbe dovuto essere e anche di più.


Spider-Man: No Way Home è disponibile da oggi, solo al cinema. Di seguito, il trailer ufficiale del film:

RASSEGNA PANORAMICA
Spider-Man: No Way Home
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Il mio primo film visto al cinema è stato "Dinosauri" della Disney, il mio primo libro "La fabbrica di cioccolato" e il mio primo videogioco "Tip Top - Il mistero dei libri scomparsi". Nel 2002 mi sono innamorato di Spider-Man e nel 2008 del grande schermo, grazie a "Bastardi Senza Gloria". Parlerei per ore di cinema, serie tv e fumetti. Sto aspettando la quinta stagione di "Sherlock".
spider-man-no-way-home-di-jon-watts-ai-confini-del-multiverso-recensioneA lungo atteso, Spider-Man: No Way Home aveva fatto montare su di sé un hype come poche volte si era visto nella storia del cinema. Il rischio di un tonfo clamoroso era dietro l'angolo, ma Jon Watts, con Sony e Marvel Studios, è riuscito a realizzare un film gigantesco e, soprattutto, sicuramente all'altezza delle aspettative che c'erano sulla pellicola. Con una storia complessa ma spiegata in modo lineare - al netto di un buco di sceneggiatura molto ampio - e degli effetti speciali pazzeschi, Spider-Man: No Way Home fa affidamento soprattutto sul suo nutrito cast - su tutti Tom Holland, Willem Dafoe e Alfred Molina - per emozionare i fan, che tra momenti toccanti e scene d'azione al cardiopalma si ritroveranno davanti alla storia più frenetica e bella del Peter Parker del Marvel Cinematic Universe. Spider-Man: No Way Home è tutto quello che sarebbe dovuto essere e anche di più.

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