The Last Dance – Dream Team e gioco d’azzardo | Recensione

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The Last Dance

Continua il nostro viaggio attraverso l’ultima stagione dei Chicago Bulls di Michael Jordan, The Last Dance, la docuserie prodotta da ESPN e Netflix che ci sta accompagnando da tre settimane ogni lunedì: siamo giunti finalmente al giro di boa, e in queste due puntate, oltre a continuare la complicata ma vincente cavalcata dei Bulls del 97/98, vengono affrontati anche altri temi, uno dei quali rappresenta forse l’unico lato “oscuro” della carriera e della personalità del giocatore di basket più famoso di tutti i tempi.

C’eravamo salutati la scorsa settimana con il primo titolo dei Bulls, e con le dichiarazioni di Jerry Krause, intento a smantellare la squadra alla fine della stagione 97/98: la quinta puntata si apre con una dedica a Kobe Bryant, scomparso il 26 gennaio, e con le immagini del primo “scontro” tra Jordan e Kobe all’All Star Game NBA della stagione 97/98, con Kobe al secondo anno tra i professionisti e Jordan al centro delle polemiche per le dichiarazioni di Jerry Krause sull’imminente smantellamento della squadra.

The Last DanceL’episodio ci mostra la straripante personalità di Kobe, per nulla intimorito, anzi, dal dover affrontare il giocatore più forte di sempre, e l’inizio di quel rapporto di amicizia e rispetto di cui ha parlato lo stesso Jordan ai funerali dell’ex stella dei Lakers. Contando che, nei suoi primi anni, Bryant veniva spesso visto come troppo spavaldo e sicuro di sè, è bello vedere le reazioni di Jordan e delle altre stelle NBA nei confronti di quel ragazzino, che sarebbe diventato uno dei giocatori più famosi di sempre. Preparate i fazzoletti se siete, come chi vi scrive, dei grandi fan di Kobe.

I nuovi episodi passano poi in rassegna tutta una serie di momenti della carriera di Jordan, esattamente come i precedenti: l’alternanza presente, passato, passato remoto e nuovamente presente ci porta alle Olimpiadi del 1992, con la costruzione del Dream Team, l’esclusione del nemico Isiah Thomas, a cui MJ nega di aver preso parte, alle Finals vinte contro Portland e contro Clyde Drexler, bersaglio del furore agonistico di Jordan poiché “colpevole” di essere stato paragonato a quest’ultimo.

The Last DanceMerita poi un discorso a parte la vicenda Toni Kukoc: il cestista croato diventerà un membro fondamentale dei Bulls del secondo threepeat, ma prima di essere un compagno fidato, il buon Toni è stato avversario di Jordan e Pippen alle Olimpiadi, durante le quali i due hanno deciso di distruggerlo sportivamente. Il motivo? il giocatore era stato assiduamente corteggiato da Jerry Krause ben prima dell’approdo ai Bulls (avvenuto in ritardo a seguito degli eventi della guerra civile in Jugoslavia), con Michael e Scottie decisamente irritati dal fatto che il GM preferisse cercare di prendere un giovane europeo anziché rivedere il contratto di Pippen. Un’altra dimostrazione di quanto Krause non fosse benvoluto ben prima degli eventi che precedono The Last Dance, ed un’ulteriore conferma di come la serie abbia deciso di elevare l’ex GM a villain assoluto (insieme, tocca dirlo, ad Isiah Thomas).

Ma il fulcro di questa nuova tranche di episodi di The Last Dance sono sicuramente due degli aspetti, in realtà gli unici, davvero controversi della carriera di Jordan: le accuse di gioco d’azzardo e di contatti con personaggi legati al narcotraffico e le famigerate “Jordan Rules”.

Senza scendere nei dettagli, che scoprirete guardando gli episodi (si tratta comunque di vicende ben note a molti appassionati), Jordan, a cavallo tra il secondo ed il terzo titolo, venne sommerso da due vicende: il libro The Jordan Rules: The Inside Story of a Turbulent Season with Michael Jordan and the Chicago Bulls di Sam Smith, che svelava un lato dittatoriale e poco amorevole del Jordan compagno di squadra, la cui pubblicazione rischiò di minare la compattezza dello spogliatoio, ma finì invece solo per unirlo maggiormente; le accuse di gioco d’azzardo e di frequentazioni poco rispettabili, che Jordan ha ovviamente sempre negato, non essendo a conoscenza dei comportamenti di alcuni suoi compagni di golf e negando tassativamente di essere malato di gioco d’azzardo, ma di essere solo competitivo.

The Last DanceQuesti due argomenti meriterebbero davvero un discorso a parte: quello che The Last Dance fa è mostrarci ovviamente il punto di vista di Michael Jordan di fronte alle accuse, e le sue reazioni, e come questo genere di pressioni, insieme alla difficoltà di rimanere sempre un modello per tutti visto il suo status di icona pop mondiale, lo abbiano portato ad un certo punto della stagione 1992/93 a non parlare più con la stampa.

Tenete a mente queste vicende perché, insieme a qualcosa che (molto probabilmente) vedremo nella successiva tranche di episodi, scoprirete i motivi del primo ritiro di Michael Jordan dal basket.

The Last Dance si conferma, anche con gli episodi 5 e 6, una docuserie decisamente ben scritta, ben girata, con una narrativa tipicamente americana per quanto riguarda le vicende sportive e personali dei protagonisti, e continua ad avere il difetto di voler a tutti i costi trovare un villain della situazione, cercando in ogni modo di non intaccare troppo l’aura di sacralità che aleggia intorno al giocatore di basket più forte di tutti i tempi.

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