Il 25 dicembre debutta su Netflix, The Witcher: Blood Origin, spin-off prequel della serie tv con protagonista Geralt di Rivia. Lo spin off ci porta a millenni prima dell’attuale serie tv, quando ancora non era avvenuta la congiunzione delle sfere. Noi abbiamo potuto vedere in anteprima la miniserie e ve ne parliamo in questo articolo senza spoiler.

Ambientata più di mille anni prima delle avventure di Geralt di Rivia e segue la storia di sette figure emarginate con differenti passati e in cerca di redenzione, che diventeranno l’unica speranza degli oppressi in una missione suicida contro l’onnipotente impero Elfico. Al centro della narrazione vi sono Éile (Sophia Brown), una ex guerriera diventata musicista e Fjall (Laurence O’Fuarain), ex guardia della principessa di Xintrea e parte di un clan rivale di quello di Éile. I due nel loro viaggio faranno di necessità virtù per vendetta e per liberare gli oppressi e saranno aiutati da la maestra di spade Scian (Michelle Yeoh), la nana Meldof (Francesca Mills), il mago scomparso Syndril (Zach Wyatt), la maga Zacaré (Lizzie Annis) e il guerriero in cerca di redenzione Fratello Morte (Huw Novelli). Il gruppo darà il via alla grande leggenda dei sette guerrieri e del primo Witcher mentre la congiunzione delle sfere sta per cambiare per sempre il volto del continente.

The Witcher: Blood OriginLa miniserie realizzata da Declan de Barra e Lauren Schmidt Hissrich si pone ad un importante crocevia per la storia del Continente, prima dell’arrivo degli umani e prima che mostri ed oscure creature popolassero il mondo vi erano solo elfi, nani e maghi elici, ma nonostante ciò era comunque un posto molto pericoloso e sull’orlo del baratro e della carestia. Con tutti questi elementi ci si poteva almeno aspettare un certo world building o comunque una maggiore attenzione alle questioni politiche come la sua controparte madre, eppure, se nella serie madre la politica era al centro della storia qui ne è la parte più debole. Infatti, le prime mosse dell’impero dorato sono una storia di tradimenti e bisogni semplici oltre che hubris degli elfi, una storia già sentita mille volte. La semplicità della storia, appunto, ci permette di concentrare di più la narrazione intorno ai personaggi, tutti diversi e con numerosi punti di forza, ma anche tragiche backstory.

Se è tanto vero che Fjall e Elie sono i personaggi più importanti sia nella profezia che nella serie, non mancano altri memorabili personaggi che meriterebbero uno spin off a parte come Meldof, interpretata da una fantastica Francesca Mills o la maestra di spade Scian, interpretata dalla sempre bravissima Michelle Yeoh. Sophia Brown e Laurence O’Fuarain hanno un’incredibile chimica e senso di rivalità e irrisolti sin dalla prima inquadratura, quindi viene facile percepirli come destinati a trovarsi e la serie non cerca troppo di calcare la mano, ma viene naturale e questo è anche in parte merito degli stessi attori. Mentre gli altri personaggi, seppur tutti con una backstory differente, non riescono ad imprimersi più dei protagonisti o addirittura di Meldof e Scian, la prima con la sua backstory tragica che chiede vendetta riesce ad imprimersi subito nei ricordi dello spettatore, anche grazie ad una capacità ed una autoironia davvero impeccabile ed un’arma che lascia molto poco scampo ai suoi nemici; mentre Scian è il classico personaggi spacca culi che Michelle Yeoh interpreta sempre e funziona, proprio per la presenza ed la fama che ormai l’attrice si è riuscita a costruire in questi anni a partire da La Tigre ed il Dragone di Ang Lee ed anche più recentemente Star Trek: Discovery. I due maghi del gruppo, fratello e sorella, hanno modo di giocare un ruolo fondamentale in due precisi momenti della storia, ma oltre quello non risultano essere altro se non i classici maghi dei fantasy, potrebbero tranquillamente essere delle classi mago perfette uscite da Dungeons & Dragons, e così come loro anche Fratello Morte. Dunque, se da una parte la trama risicata permette una maggiore attenzione alla backstory dei personaggi, ma paga anche la poca possibilità di mostrare più in azione questo gruppo che si forma in fretta e tanto in fretta si scioglie.

La durata totale della serie è di 204 minuti suddivisi in 4 episodi (insomma, qualche minuto in più della durata di Avatar: La Via dell’Acqua), ma la sensazione è che ci si trovi di fronte ad un film unico diviso in quattro parti, non una vera e propria serie. Alla fine della visione resta un po’ di amaro in bocca poiché qualche ora in più con il gruppo avrebbe decisamente giovato, sopratutto alla caratterizzazione agli antagonisti, come il Mago Baldor interpretato da Lenny Henry oppure l’Imperatrice o anche Eredin, interpretato da Jacob Collins-Levy. Si passa troppo in fretta dalla presentazione del gruppo alla loro unione, e si passa altrettanto poco tempo con loro, e i nemici fanno molto in così poco da sembrare di vedere un prodotto in cui certi punti meritavano un ampliamento e questo rientra nel discorso del poco contesto politico dato ed anzi usato solo in determinati momenti.

Visivamente la serie può comunque contare su un grande budget ed un gruppo di registi che se la cava bene anche con gli scontri, che non sono pochi e soprattutto vedono molti elementi e guerrieri tutti insieme. A corredo di questo abbiamo dei paesaggi fiabeschi ed incredibili, che però vengono disturbati soprattutto nella battaglia finale da effetti speciali non eccezionali. Le musiche invece rimangono un altro punto che The Witcher: Blood Origin non sbaglia ed anzi regala anche delle belle canzoni “stile Ranuncolo” che ci mostrano anche le doti canore di Sophia Brown.

The Witcher: Blood Origin pur nella sua breve durata riesce ad aggiungere qualcosa al mito di The Witcher su Netflix, portando a conoscenza e dando contesto alla congiunzione delle sfere e come in tutto questo marasma e cambiamento politico sono nati I Witcher. Purtroppo, data la durata della serie, quattro episodi (il cui più lungo durava un’ora scarsa) con tanta azione, non si riesce ad indagare più di tanto il contesto politico sconosciuto prima dell’inizio della miniserie ed i personaggi ad eccezione di alcuni. Quindi nonostante il cast risulti affiatato, ad uscire come i personaggi più caratterizzati sono ovviamente i due protagonisti, Fjall ed Éile, con l’aggiunta della nana guerriera Meldof, che presenta una delle backstory più tragiche dell’intero gruppo dei guerrieri. Proprio la durata breve dà sempre di più l’idea che lo show avrebbe potuto essere tranquillamente un film più breve, anche perché proprio verso la fine della serie, si nota come cali anche drasticamente il budget, consegnando una battaglia finale che purtroppo non impressiona mentre i paesaggi e le musiche rimangono uno degli elementi più interessanti visivamente della miniserie. In definitiva possiamo dire che una cura maggiore negli effetti speciali ed almeno due episodi in più avrebbero potuto giovare alla generale riuscita della miniserie, che così sembra di più un film diviso in atti.


The Witcher: Blood Origin debutta su Netflix il 25 Dicembre 2022. Di seguito il trailer ufficiale della serie:

RASSEGNA PANORAMICA
The Witcher: Blood Origin
6
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Sono Luca, fin da piccolo mi sono interessato ai fumetti e successivamente alle serie tv, quando mi è stata data la possibilità di parlare delle mie passioni mi sono ficcato in questo progetto. PS: Ryan Ottley mi ha chiamato Tyrion non ricordandosi il mio nome.
the-witcher-blood-origin-storie-di-guerrieri-e-profezie-nello-spin-off-di-the-witcher-recensioneThe Witcher: Blood Origin pur nella sua breve durata riesce ad aggiungere qualcosa al mito di The Witcher su Netflix, portando a conoscenza e dando contesto alla congiunzione delle sfere e come in tutto questo marasma e cambiamento politico sono nati I Witcher. Purtroppo, data la durata della serie che presenta anche tanta azione, non si riesce ad indagare più di tanto il contesto politico sconosciuto prima dell'inizio della miniserie ed i personaggi ad eccezione di alcuni. Il cast risulti affiatato, ma ad uscire come i personaggi più caratterizzati sono ovviamente i due protagonisti, Fjall ed Éile, con l'aggiunta della nana guerriera Meldof.. Proprio la durata breve dà sempre di più l'idea che lo show avrebbe potuto essere tranquillamente un film più breve, anche perché proprio verso la fine della serie, si nota come cali anche drasticamente il budget, consegnando una battaglia finale che purtroppo non impressiona mentre i paesaggi e le musiche rimangono uno degli elementi più interessanti visivamente della miniserie. In definitiva possiamo dire che una cura maggiore negli effetti speciali ed almeno due episodi in più avrebbero potuto giovare alla generale riuscita della miniserie, che così sembra di più un film diviso in atti. 

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