Dopo i primi cinque episodi rilasciati su Netflix il 29 giugno (qui la nostra recensione), la terza stagione di The Witcher si conclude con il Volume 2: un maxi season finale lungo tre capitoli che apre a quelli che saranno gli scenari futuri per la storia di Ciri, Yennefer e Geralt di Rivia, personaggio che dalla prossima iterazione del franchise non avrà più il volto di Henry Cavill ma – come già noto – quelli di Liam Hemsworth, già annunciato come successore dell’attore inglese. Le tre puntate avevano il compito di correre di gran carriera verso il finale di questa Stagione 3, visto anche il cliffhanger e l’ottima conclusione di un Volume 1 fatto di alti e bassi. Ma, soprattutto, le tre puntate avevano l’obiettivo di preparare il pubblico a quello che potrebbe essere una sorta di ritorno alle origini per il The Witcher televisivo.
Mentre monarchi, maghi e bestie del Continente competono per catturarla, Geralt (Henry Cavill) conduce Ciri (Freya Allan) a nascondersi, determinato a proteggere la sua famiglia appena riunita da coloro che minacciano di distruggerla. Incaricata dell’addestramento magico di Ciri, Yennefer (Anya Chalotra) li conduce alla fortezza protetta di Aretuza, dove spera di scoprire di più sui poteri non sfruttati della ragazza; invece, scoprono di essere sbarcati in un campo di battaglia di corruzione politica, magia oscura e tradimento. Devono reagire, mettere tutto in gioco o rischiare di perdersi per sempre.
Questi tre episodi finali di The Witcher confermano quanto detto nella recensione del Volume 1: la terza stagione è una di quelle fatte di alti e bassi, in cui purtroppo il ritmo non è serrato e sostenuto come dovrebbe essere, probabilmente a causa di un’eccessiva sequela di dialoghi che a conti fatti risultano poco coinvolgenti e poco taglienti, nonostante quello che i personaggi si dicono dovrebbe, anzi è molto importante per le sorti dell’universo narrativo della serie Netflix. Nello specifico di questi tre episodi, la struttura è quella che i fan dei libri probabilmente già si aspettavano: un primo capitolo denso di azione, uno dalla forte valenza narrativo e un ultimo quasi di raccordo, che fa da setup al futuro e finisce anche per anticipare qualcosa rispetto al prossimo romanzo che la serie andrà ad adattare. A tal proposito, dopo una seconda stagione che prendeva parecchia distanza dai libri e una prima parte della terza che cercava di rimettersi in carreggiata sotto questo punto di vista, il Volume 2 conferma questo trend, lasciando però spazio ad un quesito decisamente importante: che tipo di adattamento è The Witcher?
A conti fatti, purtroppo, si sta parlando in questo momento di una serie che ha guadagnato punti in termini di fedeltà alla controparte cartacea ma che ne ha persi in quelli dell’adattamento. Perché, per l’appunto, c’è una rinnovata fedeltà ai libri di Andrzej Sapkowski ma questo combacia con uno scarso lavoro di adattamento e lo si può riscontrare proprio in quei dialoghi che non riescono a coinvolgere il pubblico come dovrebbero. Libri e serie tv sono due media diversi, con linguaggi diversi e l’impressione è che la serie tv, nel lavoro della showrunner Lauren S. Hissrich non riesca più a comunicare in maniera interessante come fatto nella prima, ormai iconica, prima stagione di The Witcher. Sicuramente l’aver centralizzato l’azione – per ovvie esigenze di trama – non ha aiutato gli sceneggiatori nel fornire spunti interessanti e in tal senso il quarto capitolo della serie potrebbe in qualche modo, come detto in apertura di recensione, rappresentare una sorta di ritorno alle origini. Non si dirà altro in questa sede per evitare di incorrere in spoiler, ma i lettori dei libri avranno già capito.
Passando ad un lato invece prettamente più tecnico, la serie ritrova gli alti e bassi che caratterizzano il tessuto narrativo, passando da momenti in cui la messa in scena è molto buona e convincente ad altri in cui risulta tutto un po’ troppo pezzotto e finto, tanto negli ambienti quanto nei costumi. E a proposito dei costumi, che si assestano tutti su un livello generalmente buono, è un peccato notare che la produzione abbia deciso di abbandonare totalmente le armature per quanto riguarda il personaggio di Geralt, preferendo delle semplici camicie e accantonando l’ottimo lavoro che si era fatto negli anni scorsi, tanto nella prima quanto nella seconda stagione, anche perché quei costumi lì risaltavano veramente alla grande nelle scene di combattimento.
Scene di combattimento che anche in queste tre puntate sono il punto saliente di The Witcher: sempre ben coreografate, divertenti e mai – mai – banali. Riesce a stupire il fatto che arrivati al finale della terza stagione, la serie riesca a trovare innovazioni registiche continue per quanto riguarda queste sequenze. In tal senso, il combattimento finale dell’ultima puntata è veramente qualcosa di estremamente particolare e che introduce un determinato elemento narrativo che si sposa alla perfezione con la scelta registica per la messa in scena di questo scontro.
La terza stagione di The Witcher, dunque, per fare un discorso totale, è una serie fatta di alti e bassi che lascia un punto interrogativo inerente alla realizzazione tecnica e alle scelte narrative, ma che con ogni probabilità strizza l’occhio al passato per il futuro dello show e questo non può che far piacere a tutti i fan dello strigo di casa Netflix. L’ultimo atto di Henry Cavill come Geralt di Rivia porta l’attore a salutare il suo pubblico regalando un Geralt più determinato che mai nel raggiungere i suoi obiettivi e la sua ultima sequenza d’azione richiama l’esordio della serie: non il saluto che ci si sarebbe aspettato ma probabilmente quello che Cavill ha reputato più giusto. Questo terzo capitolo di The Witcher si presenta più fedele ai libri a discapito però del linguaggio seriale televisivo, che non è sempre sostenuto come dovrebbe, ma ci sono tante speranze per il futuro. Toccherà a Netflix non sciuparle.
La Terza Stagione completa di The Witcher è ora disponibile su Netflix. Di seguito il trailer ufficiale del Volume 2: