E’ terminata la scorsa settimana la prima (e forse unica) stagione di Watchmen ed ora, dopo avervi parlato della serie puntata per puntata, andremo a valutarla nella sua interezza. La serie di HBO si approccia al mondo di Watchmen in un modo diverso da quanto fatto da Zack Snyder, che ha sostanzialmente adattato l’opera Alan Moore e Dave Gibbons al grande schermo, e lo fa in un modo del tutto inaspettato, ossia ponendosi come sequel. Damon Lindelof, reduce dal successo di critica e di pubblico, The Letfovers, si porta dietro gran parte del team che ha lavorato con lui sulla serie basata sul romanzo di Tom Perrotta e consegna quello che di fatto è diventato il prodotto più significativo del 2019.

watchmen hboLa serie è ambientata nel 2019 del mondo di Watchmen, in cui 24 anni prima, un evento transdimensionale ha portato alla morte dei 3 milioni di persone e ha visto la cessazione della guerra fredda ed un profilo politico statunitense diverso da quello che chiunque avrebbe immaginato. Principalmente seguiamo le vicende di Angela Abar / Sister Night (Regina King), detective della polizia di Tulsa, che in seguito ad un tragico evento si trova a dover indagare non solo al di fuori dei limiti imposti dalla legge, ma anche al di fuori di essa con l’aiuto di misteriosi personaggi come Will Reeves (Louis Gossett Jr). Adrian Veidt (Jeremy Irons) è invece ormai un gigante del passato sperduto chissà dove, in attesa di qualcosa, perché, così come nel fumetto, anche nella serie “The end is Nigh”.

Watchmen, così come il fumetto originale, non tocca solo temi come il supereroismo, qui ridotto all’agire dei poliziotti in costume (ma ci arriveremo poi), ma anche temi sociali come il razzismo e l’accettazione del diverso o la violenza della polizia, il tutto in un mondo che, per quanto possa essere progredito tecnicamente grazie a Veidt e alla Trieu, non ha fatto altrettanto sul piano dei valori. Nella serie, infatti, a seguito di un evento chiamato la Notte Bianca, alcuni membri della milizia chiamata Settimana Cavalleria, ispirata agli ideali di Rorschach, ha attaccato tutti i membri delle forze dell’ordine di Tulsa, permettendo così al decreto sull’anonimato dei poliziotti di Joe Keene (James Walk) di passare e fare della cittadina il primo esempio di città con delle maschere come poliziotti. Proprio per questo, durante la serie, i vari detective che vediamo indagare sui casi, ad eccezione del capo della polizia, Judd Crawford (Don Johnson) vestono maschere come quella di Sister Night, Looking Glass e Red Scare, per citare i tre più memorabili. L’utilizzo delle maschere per la polizia di Tulsa diventa un ottimo modo per coprire le colpe di azioni furiose sui sospettati, la violenza spesso prende il sopravvento sull’indagine vera e propria, portando lo spettatore a chiedersi se non sia la stessa maschera a rendere un uomo crudele. Proprio in merito a questo vi è una citazione di Laurie Blake (Jean Smart) che riassume perfettamente la situazione.

“Mi dica Angela, secondo lei qual’è la differenza tra un vigilante e un poliziotto in maschera? Io non ne vedo.”

WatchmenIl razzismo, in un’America molto più inclusiva grazie al Presidente Robert Redford, è un’altra tematica centrale nella storia, rappresentata appunto dalla Settima Cavalleria, un gruppo derivativo del Ku Klux Klan che basa il suo vestiario ed il suo agire sugli ideali e sulla maschere del vigilante Rorschach, secondo cui Adrian Veidt (Jeremy Irons) avrebbe ucciso il Comico e avuto un ruolo in tante tragedie americane; la scelta di fare degli eredi di Walter Kovacs proprio dei suprematisti bianchi è una delle più interessanti e coerenti con il personaggio creato da Moore e Gibbons, un violento vigilante con degli ovvi sentimenti nazionalistici e una grande attitudine al cospirazionismo, cosa che viene confermata dal fatto che proprio il suo “primo giornale” è stato spedito ad un giornale di estrema destra Americano. La filosofia del vigilante, temuto, ma anche in parte sopportato dagli altri vigilanti, viene ulteriormente distorta e porta all’accesso: la settima cavalleria non combatte per salvare l’America dalla corruzione, ma diventa uno dei sintomi che lo stesso Rorschach voleva estirpare, un’ignoranza che si fa sfruttare dal potente per compiere i proprio disegni e che usa la scusa della protezione del popolo per fare cose indicibili a cittadini comuni. Non è d’altronde un caso quindi che la serie stessa inizi proprio con il massacro di Tulsa del 1921 e porti avanti il discorso sul razzismo fino al 2019, in un’America che ha visto dei mandati lunghissimi per Nixon e ora un periodo di pacificazione e inclusività dettato da Robert Redford.

Entrambi i discorsi sulla violenza della polizia e sul razzismo, sono centrali proprio nelle prime sei puntate della serie, con “Questo straordinario essere umano”, come conclusione del discorso ed analisi di un’altro punto molto importante, la maschera come difesa personale e dei propri cari.

C’è ovviamente poi un parallelismo (in realtà non solo uno) tra la serie e il fumetto: se nel fumetto erano i Minutemen e il loro impatto sul mondo ad aver influenzato la successiva generazione di vigilanti, qui sono gli eventi di quella generazione a condizionare pesantemente la narrazione, dallo sciopero della polizia della fine degli anni 70 al contributo di Dottor Manhattan in Vietnam, allo stesso giorno del polipone. Gli effetti di questi eventi ci vengono raccontati attraverso le storie dei protagonisti, sopratutto quella di Angela e Wade/Looking Glass (Tim Blake Nelson), quest’ultimo segnato pesantemente dagli avvenimenti di New York. Tramite il personaggio di Wade veniamo a conoscenza di tutti quei piccoli “effetti collaterali” che hanno colpito le persone dopo l’11/2, come crolli emotivi e psicologici, la nascita di gruppi di supporto e anche come certe persone, in questo caso proprio il Detective Tillman, siano state portate su una strada totalmente diversa dall’evento e abbiano poi, nelle conseguenze, trovato il proprio posto, nel suo caso come “Rivelatore di bugie” e in seguito alla White Night, come detective in maschera presso il Tulsa PD.

Watchmen 1x08Damon Lindelof è un grande amante del fumetto originale di Alan Moore e Dave Gibbons, e questo traspare sopratutto da tutte le citazioni al fumetto e dai collegamenti inaspettati che tra la quinta e sesta puntata dipingono un mondo estremamente credibile e non derivativo, ma fedele all’opera di Moore, e che critica anche la produzione effettiva successiva alla miniserie sotto forma di American Hero Story: Minutemen, una caterva di bugie, che prende spunto da Under the Hood di Hollis Mason e i Before Watchmen: Minutemen, rendendoli canonici come materiale legato alla serie ma non solo, come Peteypedia rivela nel dettaglio. “Under the Hood“, che proprio raccontava dei Minutemen e dei problemi dell’essere Vigilanti negli anni ’30 e ’40, non a caso viene contestato fin dall’inizio della serie e bollato come bugie, ma viene anche utilizzato ulteriormente come collante tra Watchmen e questa serie tv sequel; il primo “avventuriero mascherato” che si trova ad ispirare eroi, ma anche businessman senza scrupoli, come Capitan Metropolis, ossia Hooded Justice, qui finalmente riceve anche un’interessante rivisitazione e viene collegato alla figura dell’Uomo D’Acciaio che di fatto ha ispirato Moore per la creazione di Manhattan e a cui l’autore è legato da due storie importantissime pre-Crisi sulle Terre Infinite. Perché di fatto questa serie continua a rappresentare la voglia di Lindelof di raccontare un mondo dove le persone vogliono fare la cosa giusta, con o senza maschere.

Lo showrunner non è nemmeno impaurito dall’utilizzo più avanti del Doc, infatti, da abile scrittore qual è, riesce a inserirlo in maniera coerente con la storia e anche a mostrarci la sua concezione del tempo in maniera simile a quanto Alan Moore aveva fatto nel fumetto. Proprio nel ruolo di Manhattan si delineano dei collegamenti con Doomsday Clock ed un certo punto della vita di Manhattan che condiziona le sue azioni.

Damon Lindelof, nell’arco di nove episodi, inizia e conclude una storia importante e gigantesca per HBO, ma che è anche molto intima. Questa intimità l’abbiamo conosciuta grazie proprio al primo atto della serie, che ci presentava i personaggi nuovi come Angela e Wade e che portava lo spettatore a sentirli vicini, per poi gradualmente inserire personaggi di Watchmen come Laurie Blake e Ozymandias e persino Manhattan, ma solo quando era utile per la storia da raccontare, un compito non semplice, considerando l’attenzione che la serie aveva addosso. I personaggi che abbiamo seguito fin dalla prima puntata, Angela, Lady Trieu, Cal, Will Reeves, Looking Glass, Ozymandias e l’agente Blake raggiungono tutti una maturazione finale derivante dagli eventi che hanno passato, coerente con i loro personaggi, e anche Adrian e Laurie stessa, che non sono personaggi propriamente inventati da Lindelof in questa serie, hanno dimostrato di essere stati compresi dallo showrunner. L’agire gigantonesco di Irons come Veidt è perfettamente coerente ad un personaggio che per salvare la razza umana stermina 3 milioni di persone con una “truffa”; Laurie ha avuto 24 anni per pensare alla scelta fata in Antartica e a cosa vuole essere e viene così anche influenzata da Angela. Il lavoro fatto sui personaggi è quasi più splendido di quello di storytelling che mostra davvero l’attenzione al dettaglio ed un budget che seppur in certi istanti vacilla, vedasi un certo flashback rende giustizia all’opera di Moore molto più che il film di Zack Snyder.

Ci sarà una seconda stagione di Watchmen? Per ora non è ancora confermata, la necessità non si sente e se sarà sicuramente dovremo aspettare e in entrambi casi questa prima stagione rimane la cosa televisiva più interessante del 2019 e anche del decennio.

RASSEGNA PANORAMICA
Watchmen Stagione 1
9
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Sono Luca, fin da piccolo mi sono interessato ai fumetti e successivamente alle serie tv, quando mi è stata data la possibilità di parlare delle mie passioni mi sono ficcato in questo progetto. PS: Ryan Ottley mi ha chiamato Tyrion non ricordandosi il mio nome.
watchmen-stagione-1-la-fine-e-vicina-recensioneDamon Lindelof nell'arco di nove episodi inizia e conclude una storia importante e gigantesca per HBO, ma che è anche molto intima. I personaggi che abbiamo seguito fin dalla prima puntata, Angela, Lady Trieu, Cal, Will Reeves, Looking Glass, Ozymandias e l’agente Blake raggiungono tutti una maturazione finale derivante dagli eventi che hanno passato, coerente con i loro personaggi, e anche Adrian e Laurie stessa. Il lavoro fatto sui personaggi è quasi più splendido di quello di storytelling che mostra davvero l'attenzione al dettaglio ed un budget che seppur in certi istanti vacilla, vedasi un certo flashback rende giustizia all'opera di Moore molto più che il film di Zack Snyder.

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