Esiste un basket pre-Magic Johnson ed uno post-Magic Johnson: questa è una delle più grandi regole non scritte del mondo della NBA, poiché il fenomenale Earvin “Magic” Johnson non ha solo generato un caso quasi unico, per l’epoca, dal punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto perché, insieme a Larry Bird, la stella con la canotta numero 32 dei Los Angeles Lakers ha letteralmente salvato la lega professionistica che oggi conosciamo come uno dei prodotti sportivi e di entertainment più famosi del mondo, gettando le basi per quello che poi Michael Jordan renderà definitivamente un fenomeno globale. Di questo, e non solo, parla Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers, serie in dieci episodi disponibile su Sky e su NOW, prodotta da Adam McKay.

La serie è creata da Max Borenstein (The Terror) e Jim Hecht (L’era glaciale) basandosi sul libro di Jeff Pearlman Showtime: Magic, Kareem, Riley, and the Los Angeles Lakers Dynasty of the 1980s. Il drama sportivo racconta la storia professionale e personale della squadra degli anni ’80 dei Los Angeles Lakers. Una delle dinastie più dominanti e amate della pallacanestro, i Lakers hanno definito la propria epoca sia dentro che fuori dal campo, vincendo in quel periodo ben cinque campionati anche grazie a grandi personalità che hanno fatto la storia di questo sport.

McKay, in veste di produttore e di regista del primo episodio, sceglie un approccio decisamente accattivante: tutta la serie, infatti, viene raccontata con un’estetica che non cita o imita gli anni ’80, ma che è letteralmente la stessa degli anni in questione. Tra spezzoni che simulano riprese da videocamera a bassa risoluzione, segmenti di narrazione in cui i protagonisti prendono la parola e rompono la quarta parete, istanti in cui viene simulato un montaggio non perfetto e tanti altri piccoli dettagli che arricchiscono l’estetica narrativa, non documentaristica, del racconto, il lavoro svolto dalla produzione riesce a catturare in maniera unica e diretta il periodo di riferimento, il pazzo mondo di Hollywood, mescolandolo in maniera mai stonata a tematiche decisamente meno divertenti e patinate, come la droga, la povertà, il razzismo, la lotta di classe, la critica sociale. Tra un irresistibile sorriso di Magic e una ventenne disinibita a letto con Jerry Buss, Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers ci porta nei sobborghi di Lansing, Michigan, in una famiglia guidata da una donna fortemente devota, nell’arrivismo che circonda un giovane ragazzo che diventa la star di una squadra NBA, nel conflitto interiore di un uomo che, convertito all’Islam e interessato all’accrescimento della sua anima e al servire il proprio Dio, deve divertire quei bianchi che lo fischiavano e lo insultavano in quanto di colore. Il tema del razzismo è, ovviamente, uno degli elementi principali della narrazione, pur senza diventarne quello predominante: è una Lega di giocatori di colore, ma c’è ancora molto, troppo razzismo; è una Lega di giocatori di colore, ma proprietari e spettatori sono per lo più bianchi; è una Lega di giocatori di colore, ma a qualcuno questo ancora non va bene. Gli anni ’80 sono decisamente controversi e contraddittori, ed in un paese come gli States queste controversie e contraddizioni sono ingigantite dalla natura controversa dello stesso paese, in grado di regalare grandi sogni e riscatto a chiunque, ma in grado anche di mostrarci un poliziotto sparare ad un ragazzo di colore innocente o di considerare una donna su un livello inferiore rispetto ad un uomo.

In questo scenario contraddittorio e controverso, seguiamo le vicende di un uomo altrettanto contraddittorio e controverso, Jerry Buss: imprenditore di successo, amante della bella vita, l’istrionico Buss, interpretato magistralmente da un John C. Reilly calato alla perfezione nel personaggio, ci mostrerà tutte le sfaccettature di un uomo capace di essere truffaldino, traditore, arrivista, ma anche generoso, ottimista, visionario e affezionato. Sarà lui a volere a tutti i costi Magic Johnson, interpretato da Quincy Isaiah che, esattamente come Reilly e come tutto il resto del cast, sfodera una prestazione clamorosa nel ruolo di un ragazzo che, esattamente come Buss, ha luci e ombre, anche se, a differenza del proprietario dei Lakers, le luci sono molto più sfavillanti delle ombre.

Come facilmente intuibile, il cast è il vero punto di forza di Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers: tutti i principali personaggi sono resi mirabilmente sia dal punto di vista estetico, con notevole somiglianza alle controparti reali (Magic e Jerry Buss su tutti), sia nell’interpretazione dei ruoli che, nonostante abbiano suscitato il malumore di alcuni dei diretti interessati, come Jerry West, Kareem Abdul-Jabbar e lo stesso Johnson, risulta credibile, divertente e sfaccettata, con quasi tutte le personalità che emergono come contraddittorie, esattamente come il periodo storico e le vicende vissute, ma proprio per questo affascinanti, quasi magnetiche. Adrien Brody è un fantastico Pat Riley, e non scopriamo certo oggi la bravura dell’attore newyorkese, così come quella di Jason Segel, il Marshall di How I Met Your Mother che porta su schermo tutte le insicurezze e lo straniamento di Paul Westhead, assistente di Jack McKinney più esperto di Shakespeare che di come si guidi una squadra NBA, che si ritroverà a gestire i Lakers insieme a Pat Riley, un nome che, per gli amanti della pallacanestro, non ha sicuramente bisogno di presentazioni. Menzione d’onore per Michael Chiklis, che sfodera un Red Auerbach impossibile da non amare (o odiare, se tifate Lakers), un personaggio che meriterebbe una serie dedicata alle sue incredibili imprese sportive e non solo.

E se il cast risulta pressoché perfetto e meriterebbe un approfondimento a parte, l’altro enorme punto di forza di Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers è la colonna sonora: la serie è ambientata tra il 1979 e il 1980, e potrebbe sembrare un compito abbastanza semplice scegliere tra l’enorme mole di produzioni adatte ad accompagnare le gesta di Johnson, Jabbar e compagni ma, proprio per la grande qualità e quantità delle produzioni dell’epoca, trovare il giusto mix tra hip hop, rock’n’roll, funk e disco non è sicuramente un compito così semplice, ma anche in questo caso la produzione ha lavorato decisamente alla grande.

In conclusione, Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers è un prodotto grandioso, che andrebbe visto da chiunque ami il basket NBA, ma anche da chi fosse alla ricerca di un serie che mescoli in maniera pressoché perfetta una narrazione molto romanzata e vicende reali, con un occhio di riguardo a tutto quello che gira intorno ad un mondo apparentemente dorato e soprattutto ad un periodo storico controverso. Un cast perfetto ci racconta, seppur con diverse licenze poetiche, l’inizio di una delle più grandi dinastie sportive del mondo a stelle e strisce, accompagnato da una colonna sonora impeccabile e da un look decisamente interessante. E se siete tifosi storici dei Los Angeles Lakers, amerete da morire il finale del settimo episodio.


Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers è ora disponibile on demand su Sky e NOW. Di seguito il trailer ufficiale della serie:

RASSEGNA PANORAMICA
Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers
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Il vecchio della redazione: un cocktail a base di supereroi, battle shonen, videogiochi, basket, fantasy e metal. Agitare, ma non troppo (che poi sta male), prima dell'uso.
winning-time-lascesa-della-dinastia-dei-lakers-recensioneWinning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers è un prodotto grandioso, che andrebbe visto da chiunque ami il basket NBA, ma anche da chi fosse alla ricerca di un serie che mescoli in maniera pressoché perfetta una narrazione molto romanzata e vicende reali, con un occhio di riguardo a tutto quello che gira intorno ad un mondo apparentemente dorato e soprattutto ad un periodo storico controverso. Un cast perfetto ci racconta, seppur con diverse licenze poetiche, l'inizio di una delle più grandi dinastie sportive del mondo a stelle e strisce, accompagnato da una colonna sonora impeccabile e da un look decisamente interessante. E se siete tifosi storici dei Los Angeles Lakers, amerete da morire il finale del settimo episodio. 

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